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Eventi di S. BIANCHI del 01/02/2019 09:27:51
Auguri, Barone!

 

Sei Scudetti, una Coppa Italia, una Coppa UEFA e i Mondiali 1982 vinti da bianconero, anche se in Spagna era il … bianconero dell’Udinese. Il titolare di questo palmares di prestigio assoluto è Franco Causio. Auguri perché oggi compie settanta anni, essendo nato il primo febbraio 1949 a Lecce.

Com’era bello vederlo giocare, che privilegio poter dire: «Io c’ero». Con lui in campo (ma vi assicuro che era una gran bella compagnia) non si rimpiangeva né il prezzo del biglietto, né il viaggio in pullman. Ala di grande qualità e imprevedibilità, con un controllo del pallone e una capacità di dribbling che lo facevano, al pari del romanista Bruno Conti, che però raccolse molti meno successi, una delle migliori ali mai espresse dal calcio italiano. Franco Causio era uno spettacolo nello spettacolo: un’intesa sontuosa col “grande vecchio” Helmut Haller, non si limitava solo a pennellare perfetti cross per la testa di Bettega, ma era capace anche di segnare in proprio. Eccome, se lo faceva! Spesso “esagerando”, come quel 23 aprile 1972, con la tripletta rifilata all’Inter per il tre a zero finale e la soddisfazione di aver schiaffeggiato a dovere quell’Inter che già allora non ci stava particolarmente simpatica. Mai banale nelle sue giocate, in campo faceva sempre la cosa giusta: se noi dall’alto, favoriti alla grande dalla prospettiva, pensavamo «Passa a…», non trascorreva un attimo che lui l’aveva già fatto. Mai banale, nemmeno nel libro che ha scritto nel 2015. Oddio, il titolo non è molto originale, giacché parte di un celebre aforisma di Boniperti (“Vincere è… “), ma è piacevole leggere la storia di quest’uomo, che tanto ha contribuito a farci gioire negli anni settanta. Juventino inossidabile, nonostante ben due allontanamenti forzati dalla casa madre, la seconda volta da parte di Giraudo e Bettega, quando alla Juve faceva l’osservatore. La prima volta, mandarlo via fu certamente un errore di valutazione, poiché Boniperti e Trapattoni gli preferirono Fanna e Marocchino, due calciatori giovani, sì, ma ben lontani dal rendimento costante e molto qualitativo di Causio, che, infatti, regalò a Udine tre annate di gran calcio, e a se stesso e tutti noi, con quella maglia, la gioia del Mundial spagnolo.

Caminiti lo soprannominò “Brazil” per il suo gioco fantasioso e spesso funambolico, l’altro soprannome era “Barone”, per il baffo aristocratico e per l’eleganza, nel gioco e nel vestire. Nel libro appena citato, Causio non racconta solo imprese calcistiche, ma si sottolinea la maggior importanza della squadra rispetto al singolo, si stigmatizza l’errore di trascurare i settori giovanili per campioni stranieri ondivaghi, si parla del mitico scopone giocato sull’aereo presidenziale reduce dalla vittoria ai mondiali di Spagna, si ringrazia di quel minuto finale disputato in Italia-Germania, che ha consacrato una carriera maiuscola col titolo di Campione del Mondo.
Ci sono due cose di cui non ero a conoscenza. A pagina quarantaquattro si racconta del nostro Mondiale in Germania, anno 1974. Dopo il tre a uno su Haiti e l’uno a uno con l’Argentina, la nostra qualificazione era a rischio. Furono offerti regali alla Polonia perché accettasse il pareggio che ci avrebbe qualificato: il segnale della combine sarebbe stato l’assenza di Anastasi nella formazione italiana. Franchi, il presidente della FIGC (ce ne sono stati anche onesti), venne a sapere della porcheria e la proibì: Anastasi giocò, l’Italia perse due a uno e fu eliminata.

L’altra informazione riguarda l’improvvisa giubilazione di Italo Allodi dall’organigramma bianconero. Non era mai piaciuto a Boniperti, e questo era noto, ma la ragione ultima della sua defenestrazione non mi era nota. Eccola qua: in concomitanza con la doppia sfida tra Derby County e Juventus in Coppa Campioni, aprile 1973, un’indagine giornalistica di Brian Glanville denunciò casi di corruzione arbitrale in cui Italo Allodi sarebbe stato coinvolto come general manager dell’Inter. Giampiero aprì la porta e disse: «Prego, esca».

Dopo la fine dell’attività agonistica (i tre anni di Udinese non sono stati gli ultimi), ha scelto di tornare a vivere qui dove l’hanno amato per lo spettacolo e la classe che ha continuato a elargire a piene mani. Ha un negozio di articoli sportivi, gestisce i suoi affari e commenta per una televisione di Udine. Sono certo che le sue osservazioni sono all’altezza di quel campione che è sempre stato, e se si deve valutare chi fa informazione locale dal comportamento dei tifosi di quell’area, c’è da giurare che le sue osservazioni sono quanto di più lontano ci sia da quelle di pseudo mestieranti.

Facciamo tanti auguri a questo grande del calcio e della vita, questo FC7 della fascia destra, questo re della finta. Come quella che fece a Zoff e Pertini, in aereo, tornando da Madrid. Ve la voglio proprio raccontare: sono sicuro che molti sappiano di quello scopone, un po’ meno conoscono il risultato, pochissimi come finì davvero. Uso le sue parole: «Io ero in coppia con Bearzot, il Presidente con Zoff. Io feci una furbata: calai il sette, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello: così abbiamo vinto la partita».

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