E così lo scorrere lento, ma inesorabile, del tempo ha fatto ammainare un'altra bandiera. Andrea Barzagli, 38 anni, di cui gli ultimi otto e mezzo trascorsi in maglia bianconera, lascia il calcio.
Andrea arrivò a Torino un gelido Gennaio del 2011, fortemente voluto da Gigi Delneri, allora allenatore della prima Juventus dell'era Andrea Agnelli.
Il tecnico di Aquileia lo aveva già avuto ai suoi ordini al Chievo nella stagione 2003/'04, la prima di Barzagli in serie A, poi nella stagione 2005/'06 a Palermo e quindi, conoscendolo e stimandolo, lo rivolle con sé per puntellare una difesa più simile a un colabrodo che non alla ormai leggendaria B-BBC contiana e allegriana.
Perché pare incredibile, oggi, ma il celeberrimo acronimo che sta per "Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini" ebbe la sua nascita in una delle stagioni più disgraziate della storia del club. Barzagli fu acquistato dal Wolfsburg per soli cinquecentomila euro, dopo che in Germania contribuì a scrivere l'incredibile storia dell'unico campionato vinto dalla squadra sassone alla cui corte giunse dopo quattro ottime stagioni a Palermo, coronate con la convocazione e con la partecipazione al vittorioso mondiale del 2006. Stagione disgraziata, dicevo, che a metà del suo cammino vedeva la Juve veleggiare, fra una prestazione straordinaria e un'altra decisamente meno scintillante, nelle zone alte della classifica, fino a che Quagliarella, letteralmente in stato di grazia, non si ruppe i legamenti del ginocchio. Da allora fu una lenta agonia, una discesa agli inferi del secondo settimo posto consecutivo in campionato che in quella stagione non garantì neppure il preliminare di Europa League.
Di quella squadra Barzagli fu uno dei pochissimi a non naufragare malamente. Nessuna prestazione straordinaria, ma neppure una mediocre. E infatti Barzagli fu da subito il pilastro difensivo sul quale Antonio Conte l'anno successivo ricostruì la storia della Juve; prima nella difesa a quattro, poi nella versione a tre, varata per far convivere i tre fantastici difensori centrali che il tecnico salentino aveva plasmato a mò di fuoriclasse. Nasceva così ufficialmente la BBC. Di quei tre Barzagli non aveva la tecnica da centrocampista e il lancio preciso di Bonucci, né la ferocia rissaiola da calcio argentino degli anni '70 di Chiellini nelle marcature, ma aveva una capacità di leggere l'azione avversaria, di tenere la posizione, di essere tanto marcatore insuperabile quanto intelligente iniziatore della manovra, che lo rendeva il più completo ed affidabile fra i tre.
Passò quindi dalle buone prestazioni durante il breve regno di Delneri a partite eccezionali, da spellarsi le mani, nel triennio con Conte e nei primi tre anni con Allegri. Mai un errore, mai una sbavatura, mai una partita che non fosse al di sotto del 6,5 in pagella e tantissime dall'8 in sù. Un giocatore solido nella testa quanto nel fisico con quel pettone da culturista che lo rende tanto imponente. Un giocatore tatticamente duttile, capace persino di cavarsela nell'insolito e poco comprensibile ruolo che Allegri gli aveva di tanto in tanto imposto, nelle ultime tre stagioni, di terzino destro nella difesa a quattro, un ruolo che lo rendeva adatto a far cambiare in un amen l'assetto tattico difensivo passando dalla linea a quattro a quella a tre.
Ma le doti di Barzagli non si possono limitare a quelle ben visibili sul campo, ma anche a quelle di uomo retto e di leader silenzioso dello spogliatoio. Mai una polemica, mai un atteggiamento fuori dalle righe, professionale ad un livello altissimo, persino nelle ultime due stagioni che la carta d'identità gli ha imposto di affrontare praticamente da riserva, ma sempre da grande uomo di spogliatoio.
Ci mancherà Barzagli. Ci mancherà tutto di un uomo e di un calciatore straordinario che si è scoperto tale oltre i trent'anni. Un patrimonio del club che andrà preservato non solo nelle stanze eleganti del J-Museum, come ha detto il Presidente Agnelli, ma anche e soprattutto in società nella quale, sembra persino inutile dirlo, gli si dovrà trovare il giusto ruolo manageriale, perché l'identità del club si deve tramandare con l'esempio e con la presenza costante di chi quell'esempio ha saputo darlo a tutti quanti abbiano lavorato e vissuto con lui.
Grazie Andrea. E arrivederci a presto.
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