Gianluca Vialli è stato tra i migliori centravanti degli ultimi vent’anni del secolo precedente, tanto che
Gianni Brera, ai tempi della Samp, lo soprannominò “Stradivialli”. Erano anni non sfolgoranti per la Juventus, che andavo a vedere a Genova, risparmiando un bel po’ di chilometri per il Comunale e il Delle Alpi, pur sapendo in partenza che “mi sarei dovuto divertire” a vedere i ragazzi di Boskov, Vialli, Cerezo e Mancini in testa, che ci strapazzavano.
Boniperti riesce a portare Vialli alla Juventus per la stagione 1992/93: troppo tardi, se si pensa a come se lo lasciò sfuggire, quando dalla Cremonese passò ai doriani. I primi due anni, col Trap, non sono memorabili, causa infortuni, indicazioni a rientrare del Trap e scarsa intesa con Baggio: è sull’orlo della cessione quando Lippi lo rigenera facendolo il leader dell’attacco e della squadra bianconera, di cui, dopo la partenza di Baggio, diventa anche capitano. In bianconero, con centoquarantacinque gare e cinquantatré reti, in quattro stagioni contribuisce alla vittoria di cinque trofei: Scudetto, Coppa Italia, Supercoppa di Lega, Coppa UEFA e Champions League. Segue, complice la “Sentenza Bosman”, una troppo precoce cessione al Chelsea, dove ottiene altre vittorie e di cui diviene allenatore-giocatore. Dopo il ritiro fa l’opinionista, il commentatore, il pubblicista ed è attivo anche nel sociale, con un’ONLUS per la raccolta fondi a favore della SLA, il morbo di Lou Goerig.
Ho amato il Vialli calciatore come pochi altri che hanno vestito la nostra maglia, tanto da andarlo a vedere allo Stamford Bridge, l’anno che la pattuglia degli “italians”, Vialli, Zola e Di Matteo, tornava a far sognare i tifosi del Chelsea. L’ho adorato per il suo modo di vestire i panni dell’indiscusso leader bianconero in campo, vero uomo-simbolo di una squadra fisicamente potente ma non per questo meno ricca tecnicamente, determinata e "cattiva" come, negli ultimi venti anni, è stata solo quando in panchina ci sono stati Zoff e Lippi. Grande anche nel rispettare le vessazioni tattiche che ne mortificavano la classe e il raggio d'azione nel biennio trapattoniano: non ricordo nessun attaccante disposto come lui a sacrificarsi per la squadra in ogni parte del campo. La sua capacità realizzativa, assieme al suo aspetto minaccioso, determinato dalla massa muscolare possente, la mimica facciale truculenta ingigantita dal taglio di capelli alla Kojak, ne fanno l'ideale vertice dell'attacco bianconero. Vialli in azione sprigiona quella determinazione agonistica che va spesso a braccetto con il colpo di classe sopraffina: i portieri di Cremonese e Reggiana ben si ricordano delle sue rovesciate nel torneo 1994/95, quello del primo scudetto di Lippi. Di quella stagione tutti ricorderanno anche la rete di Del Piero, quella del tre a due in Fiorentina - Juventus. Però, ancor più di quel gesto d’alta classe, di quella partita
amo ricordare la furia indomabile di Gianluca che, appena segnato il gol del due pari, col pallone sotto il braccio trascinava i compagni festanti verso il cerchio di centrocampo, quasi infastidito per quelle manifestazioni di gioia che toglievano tempo prezioso per la ricerca del gol della vittoria. Trascinatore dell'intera squadra nel gioco e nel morale, mai pago e mai domo, a lui va attribuito gran parte dei meriti sportivi della rinata Juventus lippiana. E' vero che in carriera ha vinto meno di quanto meritasse e che Sacchi, probabilmente per motivi che esulano dal calcio, non gli ha offerto gli spazi che avrebbe dovuto avere, ma è anche vero che Vialli, negli anni sarà ricordato come un grande, molto più spesso e con molta più stima di altri che più di lui hanno vinto o più di lui sono stati convocati in Nazionale.
Più di un anno fa gli è successa una disavventura grave, che lui, superati i primi momenti di disperazione, ha affrontato da quel campione che è, ed ha raccontato nel suo celebre “98 storie + 1”, un libro che potrebbe aiutare altri, nella deprecabile possibilità che si trovassero nei suoi panni. Gli è diagnosticato il carcinoma del pancreas, una delle neoplasie più maligne in senso letterale, specie se la diagnosi è tardiva: intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia e da allora, la trafila dei controlli periodici. Per non mettere in imbarazzo gli amici, “
Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano”. Per ora il vincitore è lui: pare guarito, col fisico che sembra essere tornato quello di sempre “
Ma non ho ancora la certezza di come finirà la partita”.
Gianluca Vialli è nato a Cremona il 9 luglio 1964 e oggi compie cinquantacinque anni. Noi speriamo di poter continuare a leggere molti altri libri scritti da lui, con la grazia, la simpatia e la voglia di dire le cose come stanno come ha fatto in “98 storie + 1”. Auguri Gianluca! Doppi, se mi è consentito.
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