Tra le squadre calcistiche di rango, solo la Juventus ha un connubio così duraturo con la stessa proprietà: fondata dai famosi studenti del D’Azeglio il primo novembre del 1897,
è divenuta proprietà degli Agnelli ventisei anni dopo, il 24 luglio 1923. Novantasei anni di amore, storia sportiva, industriale e politica, con un solo periodo di disimpegno, negli anni che vanno dal 1936 al 1947.
Giovanni Francesco Luigi Edoardo Aniceto Lorenzo Agnelli nacque nella casa del nonno, proprietario terriero, a Villar Perosa. Dopo gli studi classici divenne ufficiale del Savoia Cavalleria, che presto abbandonò per interessarsi, grazie al diffondersi del positivismo, allo sviluppo tecnologico. Dal matrimonio con Clara Boselli nacquero Aniceta Caterina e Edoardo, che sposerà Donna Virginia Bourbon del Monte. Al Caffè di Madame Burello conobbe altri aristocratici appassionati di modernismo e, nel 1896 acquistò una compartecipazione delle Officine Storero, con cui iniziò l’importazione di tricicli con motore a scoppio De Dion-Bouton.
Nel frattempo, a Torino, il meccanico Giovanni Battista Ceirano iniziò a costruire un’automobile biposto, la “Welleyes”, ritrovandosi però nell’incapacità di far fronte alle numerose richieste d’acquisto, che esorbitavano le possibilità della piccola industria. Così il cavalier Agnelli, con un gruppo di possidenti, nobili e professionisti piemontesi, tra cui il marchese Alfonso Ferrero de Gubernatis Ventimiglia, i conti Emanuele Cacherano di Bricherasio e Roberto Biscaretti di Ruffia, il cavalier Giovanni Agnelli e gli avvocati Cesare Goria-Gatti e Lodovico Scarfiotti fondarono la “Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili – Torino”. L’evento si tenne l’11 luglio del 1899, nella sede del Banco di Sconto e Sete di Torino, con un capitale iniziale di 890.000 lire; Ceirano fu liquidato in cambio della struttura produttiva, delle maestranze e dei brevetti.
La Fiat ha un rapido sviluppo, anche grazie all’amicizia del cavaliere col ministro Giovanni Giolitti, tanto che, nel 1906 la prima società Fiat è liquidata è ricostituita con un capitale di molto superiore, detenuto in maggioranza da Giovanni Agnelli. Essa amplia la propria la produzione a treni, navi e aeroplani e, con la Grande Guerra, anche alle armi, divenendo il terzo gruppo industriale italiano. Qualche disavventura borsistica, risolta nel 1909, poi, negli anni ’20, Agnelli acquisisce il quotidiano “La Stampa”, mette in essere la prima catena di montaggio italiana al nuovo stabilimento del Lingotto, diviene Senatore del Regno e fonda la stazione sciistica del Sestriere.
Bruna e Zambelli furono i “colpevoli” della nascita del trinomio Agnelli, FIAT, Juventus. Antonio Bruna era, contemporaneamente, terzino nella Juventus e operaio in FIAT: il suo caporeparto non intendeva derogare, concedendogli permessi per potersi allenare, cosicché il nostro si rivolse a Zambelli, dirigente bianconero, che chiese tali permessi direttamente a Giovanni Agnelli. Egli concesse tali permessi, e comprendendo come il calcio potesse divenire un importante modo di favorire indirettamente la propria industria, prese al volo l’idea dello stesso Zambelli di acquistare la squadra. Lo fece il 24 luglio 1923, dandone la gestione al figlio Edoardo, meno impegnato in FIAT a livello dirigenziale. Il rampollo del Senatore, dando alla squadra un’impostazione aziendale moderna, svolse alla grande quella ricerca di consenso di cui aveva avuto mandato dal padre: in dodici anni, dopo che nei precedenti ventisei la Juventus aveva conquistato il solo Scudetto del 1905, ne vinse sei, di cui cinque di fila, inaugurando con il Barone Mazzonis,
due entità che da allora andranno a braccetto, la “Fidanzata d’Italia” e lo “Stile Juventus”.
Edoardo muore tragicamente il 14 luglio 1935: alla sua morte segue un periodo di appannamento sportivo e l’allontanamento degli Agnelli dalla squadra, acuito dalla guerra, finché, nel 1947, Gianni, il primo dei figli maschi di Edoardo, torna, di fatto, a capo della Juventus. L’effetto della famiglia si fa presto sentire, col ritorno allo Scudetto nel 1950. Sta nascendo la seconda grande Juventus, quella dei Parola, Boniperti, degli Hansen e di Praest. Nel 1955, Gianni, l’“Avvocato” lascia la presidenza: il misero periodo dei “puppanti”, con due noni posti consecutivi, lo convince a lasciare la Juventus, poiché la Fiat gli lascia poco tempo per occuparsi della squadra. A ventidue anni, ne diviene presidente Umberto, il futuro “Dottore”, che apre alla terza grande Juventus, quella del “Trio Magico” di Boniperti, Charles e Sivori, quella della prima Stella. Un’idea di opportunità sociale, (difficoltà produttive, i prodromi dell’“autunno caldo”) consiglia agli Agnelli di defilarsi parzialmente dalla squadra, demandando a Vittore Catella la “normalizzazione” di giocatori un po’ indisciplinati (primo tra tutti il “mio” Sivori) e tenere un basso profilo economico per la squadra. Sotto l’occhio vigile della famiglia, i successi tornano ad arriderci abbondanti con il quarto grande ciclo bianconero, quello con Boniperti presidente e Trapattoni in panchina: quindici anni di vittorie con nove scudetti, tre coppe Italia e tutti i trofei a livello europeo e mondiale. Sono gli anni di Haller, Anastasi e Salvadore, di Tardelli, Causio e Bettega, di Cabrini, Gentile e Scirea, di Zoff e Tacconi, di Rossi, Platini e Boniek. Sono gli anni che l’Avvocato torna a spendere per la squadra, pur minimizzando gli esborsi, come quando, riferendosi a Platini, pronunciò la famosa frase “L’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras”.
Una certa inadeguatezza di Boniperti al confronto con un nuovo mercato dei calciatori, in cui più del prestigio dell’indossare i colori bianconeri valgono i miliardi di un tycoon dalle arrembanti strategie di calciomercato (metodi a cui la storia di questi anni sta presentando il conto...), fa sì che il grande Giampiero lasci, sostituito da Vittorio Caissotti di Chiusano, “uomo Agnelli” per antonomasia, oltre che “avvocato dell’Avvocato”. Gianni Agnelli, mal consigliato da un qualcuno che nel tempo si rivelerà particolarmente nocivo per i colori bianconeri, accetta, con Maifredi, la costruzione di una squadra senza capo né coda. Il risultato di questo modernismo non suffragato da conoscenze calcistiche porta, dopo ben ventotto anni consecutivi, all’esclusione dalle coppe europee per la stagione seguente. Rapido ritorno all’usato sicuro firmato Trapattoni,
fin quando Umberto Agnelli, il “Dottore”, stanco di una squadra che non domina più come un tempo, pur restando dietro le quinte, opera la rivoluzione della “Triade”. Rinasce un'altra grande Juventus, quella di Moggi, Giraudo e Bettega, con “Yanez” Lippi in panchina, a ripetere i fasti trapattoniani: dal 1994 al 2006 vince sette Scudetti, una Coppa Italia, quattro Supercoppe di Lega, Champions League, Coppa intercontinentale e Supercoppa UEFA, senza contare la disputa di altre tre finali europee, un’UEFA Cup e due Champions. Senza contare che getta le basi per lo stadio di proprietà, lo Juventus Stadium e il centro polifunzionale della Continassa.
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