Due giorni fa, il 26 novembre, è morto a settantanove anni Bruno Nicolè, estroso e potente attaccante che ha calcato i rettangoli di gioco tra gli anni ’50 e ’60, uno dei protagonisti della prima Juventus “del Dottore”. Calcisticamente, Nicolè inizia nelle squadre giovanili del Padova, la propria città d’origine, per poi esordire in prima squadra, appena sedicenne, agli ordini di Nereo Rocco.
Un anno dopo passa alla Juventus in cambio di Kurt Hamrin e milioni. Nato centravanti, resterà a Torino sei stagioni, ma dirottato all’ala: un buon compromesso, perché quella è la squadra di Boniperti, Charles e Sivori. Alla prima stagione è subito Scudetto, anche se, per la giovane età, soffre per la concorrenza e colleziona soltanto ventuno presenze, senza mai segnare una rete. In compenso, si rivela preziosissimo per i cross destinati alla testa di Charles, spesso effettuati dopo essersi “mangiato” il terzino in velocità. L’anno seguente, in ventiquattro presenze, tra campionato e Coppa Italia segna ben quindici gol, tanto da guadagnarsi la convocazione in Nazionale per un’amichevole contro la Francia: con la doppietta segnata a Parigi, il 9 novembre 1958, a diciotto anni e 258 giorni diviene il più giovane marcatore della Nazionale Italiana di tutti i tempi. Le reti a raffica del duo Sivori – Charles molto devono al giovanotto patavino, in una Juventus che pur segnando settantaquattro reti, non riesce a confermarsi in campionato.
Nella stagione seguente, quella 1959/60, per Bruno è ancora Scudetto, come nell’anno dell’arrivo in bianconero, ma il contributo è da assoluto protagonista e titolare intoccabile: trentuno maglie e dieci gol. Anche se le magie e i ventotto gol di Sivori di quell’anno “oscurano” tutto, l’agilità, la progressione, l’altruismo e la buona vena realizzativa, fruttano i suoi spazi di fama a questo ragazzone, tanto che Gianni Brera lo paragona addirittura a Silvio Piola. Non basta: oltre a presenze sui rotocalchi per il suo bell’aspetto, entra perfino nel testo di una canzone (“Che centrattacco!”) dell’allora mitico Quartetto Cetra, canzone che termina con “... le foto di Levratto e Nicolè!”.
Purtroppo, ha una certa tendenza agli incidenti muscolari e ad appesantirsi: “... non si è trasformato nel flessuoso, irresistibile scattista che avrebbe potuto e dovuto essere. Ispessito, ingrassato, e non dipendeva dalla dieta, e questi chili superflui gli zavorrarono la carriera”, chiosa Vladimiro Caminiti sul suo passaggio a Mantova, Roma (dove vincerà una Coppa Italia), Sampdoria e Alessandria, prima di cessare l’attività agonistica a soli ventisette anni. Da lì, l’ingresso nel mondo della scuola, dove si dedicò, fino alla pensione, a insegnare educazione fisica.
Nei sei anni bianconeri, oltre all’impresa del Bernabeu (la prima sconfitta interna del Real Madrid in Coppa dei Campioni), restano gli scudetti 1958, quello Scudetto della Stella, la Coppa Italia 1959, la “Doppietta” del 1960 e lo scudetto del 1961, l’anno in cui sulla nostra maglia, contemporaneamente, apparivano Stella d’oro, Scudetto e Coccarda tricolore. Riposta in pace Bruno, che la terra ti sia lieve.
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