Evidentemente Capello deve avere un conto in sospeso con i telefoni! Dall’Inghilterra giungono rumors riguardo
intercettazioni telefoniche che avrebbero come protagonisti i giocatori della nazionale, impegnati a discutere dei premi promessi dalla federazione in caso di vittoria dei mondiali.
È inevitabile ripensare alla vicenda che, quattro anni orsono, ebbe tra i suoi effetti la partenza dello stesso Capello dalla Juve verso la terra d’Albione. Le differenze sono tante, ma in entrambi i casi tutto cominciò da intercettazioni telefoniche.
In questa storia, salta all’occhio il
comportamento dei giornali inglesi, ben diverso da quanto potevamo attenderci. Quando si fa riferimento alla stampa d’oltremanica, è facile pensare ad una serie di riviste gossippare, che mettono in piazza i fatti privati di personaggi più o meno famosi. L’ultimo a farne le spese è stato l’ormai ex-capitano della nazionale inglese Terry, le cui avventure sotto le coperte hanno fatto il giro del mondo. E allora, perché non sbattere in prima pagina anche queste intercettazioni?
Per noi italiani, visto quanto è accaduto negli ultimi anni (e non solo in ambito calcistico),
è difficile pensare che una serie di dialoghi privati caduti nelle mani di un redattore non finiscano immediatamente all’interno del proprio giornale. Ed è anche difficile pensare che coloro che sono stati “colti in flagrante” non vengano immediatamente piazzati sulla gogna mediatica, per rimanervi fino a quando le luci dei riflettori non si siano spostate altrove. Poco importa che i contenuti delle intercettazioni siano di rilevanza penale: chi viene intercettato, o anche solo sfiorato dalle intercettazioni, si tramuta immediatamente in un criminale. Nel 2006, le intercettazioni riguardanti la famiglia Moggi finirono sui giornali senza alcun “filtro” e i mass-media sembrarono quasi godere vedendo una famiglia (quella di Moggi jr.) distrutta a causa di alcuni dialoghi telefonici messi in piazza. Che rilevanza penale aveva l’approccio di Alessandro Moggi ad Ilaria D’Amico? Nessuno. Ma contribuì a creare il mostro!
Il vortice in cui furono immersi i vertici juventini ed i loro presunti amici fece traballare anche la nazionale che si apprestava a partecipare ai mondiali tedeschi. Molti chiesero la testa di Lippi, Buffon e Cannavaro, in quanto juventini. Erano gli stessi che, qualche mese dopo, sarebbero saltati sul carro dei vincitori abbracciati ai freschi campioni del mondo. Oggi siamo alla vigilia di un altro mondiale ed i mass-media inglesi si sono trovati di fronte ad una situazione analoga, anche se meno “esplosiva”.
Dilemma: vendere qualche copia in più, per un paio di settimane, o preservare l’equilibrio della nazionale? Sparare in prima pagina uno scoop con il pretesto del diritto-dovere di informazione, oppure mantenere un profilo più equilibrato, evitando di approfittare delle parole in libertà carpite agli ignari giocatori? Per il momento, pare che la stampa inglese si sia dimostrata più corretta di quella italiana. Ma di qui ai mondiali c’è ancora tempo per rimediare!
Sono trascorsi quattro anni da quell’esempio di efferatezza giornalistica che poi sarebbe stato ribattezzato Calciopoli e così risulta più semplice valutare in maniera obiettiva quanto ci fu propinato. Variando un vecchio motto, varrebbe la pena di dire che
le intercettazioni non vanno contate, ma pesate. Nel caso italiano, la stampa decise di fare l’esatto contrario. Ogni giorno leggevamo pezzi più o meno lunghi di telefonate, senza un filo logico che le legasse tra loro e con la promessa, da parte dei giornalisti, che presto sarebbero arrivate conversazioni anche più scottanti.
Alla fine dei conti, siamo rimasti ad aspettare, senza che nulla di quanto propinatoci dai giornali abbia confermato il loro teorema scandalistico. Ma gli effetti sulle menti deboli sono stati quelli voluti: una società calcistica storica è stata irrimediabilmente distrutta e le persone che l’avevano guidata nei 12 anni di successi sono state allontanate.
Forse la differenza tra l’episodio italiano e quello inglese è tutto qui. Che senso avrebbe, per la stampa inglese, attaccare la propria nazionale? D’accordo, si venderebbe qualche copia in più del proprio giornale. Ma a che prezzo?
Forse, anche in Italia, chi decise di spacciare per notizie le insulsaggini farsopoliane non era tanto interessato a vendere qualche copia in più, ma ad ottenere risultati molto meno tangibili, ma ben più importanti. Forse varrebbe la pena che molti giornalisti facessero un esame di coscienza e la finissero di dare lezioni morali. Forse… ci sono troppi forse!
Ma almeno qualche certezza l’abbiamo. Ed è una constatazione che deriva tanto dai fatti italici del 2006, quanto da quelli più attuali, accaduti in Inghilterra. Poco ma sicuro, Capello non dimostra un grande feeling con i telefoni… soprattutto quelli degli altri!
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