I nuovi scenari che si sono recentemente aperti a Napoli, dove si sta celebrando il processo penale per Calciopoli, suscitano numerosi interrogativi a cui si dovrà dare una risposta e stimolano molteplici ragionamenti.
Sembra
accertato che nel periodo delle indagini e delle intercettazioni disposte dagli inquirenti sulla regolarità del campionato di SerieA 2004-2005 vi siano state numerose telefonate che tra
Massimo Moratti e Giacinto Facchetti con Paolo Bergamo. Egualmente risulterebbero essere avvenute molte telefonate tra
Adriano Galliani e gli ex designatori arbitrali. Alcune chiamate del primo dirigente milanista sarebbero avvenute, secondo le notizie dei quotidiani, la settimana precedente Milan-Juventus, partita decisiva per il titolo di campione d’Italia 2004-2005.
La prima riflessione che si impone è che queste telefonate
non sono mai state trascritte dai Carabinieri che hanno effettuato le intercettazioni. Se è vero che il numero di chiamate vagliate dagli inquirenti ammonta a numerose decine di migliaia, e quindi “qualcosa può essere sfuggito” (come è stato detto dal PM dr. Narducci durante il dibattimento), appare inverosimile che alcune figure di primo piano del calcio italiano come i vertici di Inter e Milan possano essere completamente sfuggite alle attenzioni degli inquirenti. Infatti appare ora un dato acquisito che sia Moratti e Facchetti che Galliani abbiano effettuato numerose chiamate telefoniche con i Designatori.
La deduzione che viene spontanea è dunque questa: o vi è stata un’imperdonabile
mancanza di professionalità e di diligenza degli investigatori, avendo loro trascurato di esaminare e considerare il comportamento - e più nello specifico il contenuto dei colloqui telefonici - delle persone che rivestivano un ruolo di pari importanza a quello di Luciano Moggi e Antonio Giraudo nel calcio italiano. Oppure, altra supposizione che viene logica desumere, è che vi sia
stata la deliberata scelta di non fare emergere questi fatti, circostanze ed episodi.
La seconda considerazione che si ritiene importante evidenziare, è che il processo sportivo celebrato dalla C.A.F. e della Corte Federale del 2006 è stato istruito e vagliato in
maniera sommaria ed incompleta. Gli elementi di giudizio
non erano affatto idonei e sufficienti per cogliere pienamente il significato e la valenza dei comportamenti dei dirigenti bianconeri, poi sanzionati severamente, e della squadra juventina.
L’operato di Antonio Giraudo e di Luciano Moggi avrebbe dovuto essere invece messo anche in
raffronto a quello dei dirigenti della altre società calcistiche. Ed ancora, è pure doveroso rimarcare che alcune società, le cui telefonate non sono state messe a disposizione degli organi della giustizia sportiva, hanno così potuto
evitare di essere giudicate per i loro comportamenti. In particolare i giudici sportivi hanno considerato che il condizionamento psicologico degli arbitri - perpetrato attraverso frequenti telefonate di Moggi con gli allora Designatori e alcune alte cariche della F.I.G.C., la loro assiduità, il loro contenuto a volte spavaldo oppure troppo conviviale – era l’elemento sufficiente per ipotizzare un illecito sportivo, illecito che era conseguente alla reiterazione di condotte che di per sé sole avevano il minor valore della slealtà sportiva. L’illecito sportivo veniva così ad esistere poiché la Juventus beneficiava
di un presunto vantaggio in classifica a priori, e questo pur senza alterare lo svolgimento o il risultato di una singola gara disputata.
Luciano Moggi ha fatto ricorso al T.A.R. contro le sanzioni comminategli dalla Giustizia sportiva. Tra i vari motivi del ricorso presentato dall’ex DG Moggi ce n’era uno in particolare, in cui l’allora Direttore bianconero lamentava la
disparità di trattamento a lui riservato rispetto a quello tenuto dalla Giustizia Sportiva nei confronti di altri dirigenti che, secondo il ricorrente, avevano tenuto le sue medesime condotte. Le sanzioni definitive della Giustizia Sportiva sono infatti considerate dei provvedimenti amministrativi. Uno dei vizi di legittimità degli atti amministrativi, che può indurre al loro annullamento, consiste nell’eccesso di potere per avere trattato in maniera differente situazioni uguali.
Il Direttore Moggi ha proposto anche tale motivo di contestazione al Tribunale Amministrativo per il Lazio con il proprio ricorso. Il T.A.R. Lazio, sezione III-ter con la sentenza 19/03/2008 n. 2472 ha respinto tale motivo “per omessa indicazione dei nominativi di coloro che sarebbero stati destinatari di un diverso è più favorevole trattamento”.
Se erano mancanti le trascrizioni delle telefonate di altri tesserati che Moggi sosteneva si comportassero nel suo stesso identico modo, come poteva il Direttore juventino indicare precisamente e dettagliatamente i soggetti e i comportamenti al Tribunale Amministrativo giudicanteE, sempre sotto l’aspetto legale, é stato ritenuto che l’ingiustificato vantaggio in classifica di cui avrebbe beneficiato la Juventus (circostanza che costituisce illecito sportivo) derivava dalla promiscuità di Moggi con le figure istituzionali della F.I.G.C. e del mondo arbitrale. Ma se si fosse verificato il caso che la contiguità di cui Moggi beneficiava era pressoché identica alla medesima vicinanza che avevano altre persone di pari ruolo di società concorrenti della Juventus, come avrebbe potuto la società bianconera avere un “vantaggio in classifica a priori” sulle proprie concorrenti?
Terza valutazione.
Il sentimento popolare.
Non è un dato sociologico, ma uno dei motivi che il Prof. Mario Serio (componente della Corte Federale, presieduta dal Prof. Sandulli, che ha condannato la Juventus alla Serie B) ha esplicitamente dichiarato alla stampa essere stato
una delle fonti del convincimento dei giudici della F.I.G.C. nell’emanazione del verdetto contro la Juventus.
Ma le intercettazioni divulgate alla stampa sono state trasmesse in modo parziale (non volendosi usare la parola mirata), incentrandosi esse solamente su quelle di Luciano Moggi, e senza che fossero presenti quelle di altre figure di vertice di grandi società di Serie A; quindi l’indignazione popolare non poteva che indirizzarsi solamente che contro la Juventus….
Quarta considerazione,
le omissioni della stampa. Sono oramai anni che Paolo Bergamo ripete insistentemente, sia giornali che alle televisioni, che tutti i massimi dirigenti delle società di Serie A gli telefonavano con la stessa frequenza e con le stesse richieste, domande, lamentele e contestazioni con cui era solito contattarlo Luciano Moggi. L’inerzia e il silenzio della stampa e degli inquirenti a seguito della pubblica denuncia dell’ex designatore arbitrale si sono protratti per anni. Sono passati mesi da quando l’ex designatore arbitrale toscano ha pubblicato un libro con la sua pubblica rivelazione.
Ognuno può trarre la spiegazione che ritiene plausibile sui motivi di questa omissione, disattenzione, trascuratezza del mondo mediatico che appare illogica per chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale.
Infine non ci si può sottrarre da un’ultima valutazione, la più triste per chi scrive.
Un vecchio proverbio dice che “con i se e con i ma la storia non si fa”. Quindi non è possibile riscrivere quello che sarebbe stato l’andamento del calcio italiano se queste telefonate fossero state divulgate all’opinione pubblica nel maggio 2006, e messe a disposizione dei Giudici sportivi nel luglio dello stesso anno.
Ma si preferisce lasciare libera l’immaginazione di ogni lettore di figurare nella propria mente e fantasticare quella che sarebbe potuta essere la storia del calcio italiano se questa indagine non fosse stata condotta in modo parziale, e se i media avessero potuto (e anche voluto) fornire un quadro completo ai tifosi della scandalo Calciopoli, che adesso possiamo davvero tutti chiamare
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