Come rompere la propria solitudine, come comunicare agli altri? Il quesito, al quale nella sua accezione individuale ognuno di noi è chiamato nel proprio intimo a darsi quotidianamente risposta, è fonte di continua riflessione anche per la vita della nostra associazione, e per la diffusione di una seria e strutturata controinformazione. La puntata di un noto programma televisivo, dal titolo “All’inferno e ritorno”, e trasmessa il 14 novembre da una celebre emittente privata, ha riportato prepotentemente di attualità la problematica e la necessità di aggiornare le nostre considerazioni in merito. E dire che le premesse, ad una prima ingenua aspettativa, avevano il diritto di apparire lusinghiere: la celebrazione dell’indistruttibilità di una squadra che nessun evento è riuscito a far sì che i suoi tifosi se ne disinnamorassero, e finalmente il porre di nuovo l’accento sulle sue imprese sportive e non, ancora una volta, la crocifissione della triade. Già ad un primo sguardo sugli ospiti, fatta qualche eccezione come il grande Pessotto, il sospetto che non potesse filare tutto liscio sui binari delle false aspettative era lecito sorgesse: politici (ma non parlano già abbastanza di altro?), e soprattutto quel Vocalelli, direttore di un quotidiano sportivo non propriamente filojuventino, e latore, almeno nelle leggende metropolitane, del famigerato suggerimento al presidente Cobolli Gigli di ritirare il ricorso al Tar. Non riassumerò la puntata, sul web è rintracciabile il racconto partecipe e coinvolgente lasciatoci da Massimo Zampini, con tanto di amare riflessioni sullo stato d’animo del nostro povero amico, in prima fila tra il pubblico nel corso della registrazione della puntata. Poteva essere l’occasione di riconoscere la continuità di una tradizione impossibile da corrompere. Ancora una volta, invece, essa è stata esattamente l’opposto: la celebrazione della “nuova” Juventus, l’esaltazione del risorgimento dalla sue ceneri come la fenice, il nuovo corso, il disconoscimento delle vittorie passate e la completa assenza di spina dorsale dei nostri rappresentati juventini tra gli ospiti, nel prendere posizione su quel di farsopoli. Molto rumore per nulla. Ancora una volta, niente è cambiato. Sono passati due anni e mezzo da quella maledetta estate, e ancora oggi, difficile pensare sia frutto del caso, attraverso i media tradizionali non riusciamo ad avere voce. Sì, esiste la trasmissione “La Juve è sempre la Juve”, sul canale regionale T9-GBR, ovunque visibile mezzo satellite. Esiste la rubrica dello stesso Luciano Moggi, sul quotidiano “Libero”. Ed esiste il giornalista Christian Rocca, che ha voce dal quotidiano “il foglio” e, sul web, non manca di registrare sul suo blog, “camillo”, i dovuti aggiornamenti sulla materia. Confortanti aiuti, di cui siamo grati. Ma pur sempre piccole oasi di libertà, che resistono nel più vasto deserto di opportunità di poter far conoscere le nostre idee attraverso una cassa di risonanza di adeguate capacità. Questo ad oggi è lo stato delle cose: laddove non si continua a gettare fumo davanti agli occhi degli juventini e di tutti gli italiani per giustificare la grande bugia di farsopoli, tutto ruota intorno alla rinascita della Juventus. Concetto che sottintende, nemmeno troppo sottilmente, la sua precedente scomparsa, per mano della triade. Non c’è nessuno sdoppiamento della personalità o tentativo di fuga dal passato, non stiamo parlando del fu Mattia Pascal che abbandona il fittizio Adriano Meis per riassumere la sua identità originaria. Il copione, magistralmente recitato e diretto di volta in volta da nuovi interpreti, sembra seguire sempre quello tipico dei percorsi narrativi del grande Dostoevskij: il delitto, il castigo, il rimorso, il pentimento, la confessione. E la resurrezione. In realtà, noi sappiamo che è anche peggio. Forse il personaggio che più ci rappresenta è Jean Valjean de I Miserabili. Le analogie con il grande protagonista del romanzo di Victor Hugo, infatti, dal punto di vista strettamente giudiziario, sono tante. Dalla scarsa rilevanza del reato commesso (un pezzo di pane), alla spontanea costituzione (anche se è presumibile che la richiesta della serie B, e l’ammissione dei 4 illeciti, sia dovuta a ragioni meno nobili che non quelle del personaggio che con la nuova identità del signor Madeleine, farà dell’altruismo il cardine intorno al quale ruotare la sua nuova vita…..), per finire con la sproporzione della pena (20 anni per quel tozzo di pane). Ma se il calvario che dobbiamo attraversare è necessario per vedere anche in punto di morte felice e al sicuro la nostra Cosette, allora sia, con la speranza e l’augurio che esso possa essere il più breve possibile. Da qualche parte, c’è un emulo di Marius che ama la nostra Juventus, e con lui, al termine delle tante e sofferte vicissitudini, ci auguriamo con tutto il cuore possa un giorno ricongiungersi. Massimo Zampini, assistendo con sbigottimento all’ennesimo teatrino in cui la maggioranza dei tifosi juventini accetta di recitare il copione ormai noto di orgogliosi resuscitati dalla morte della B (purificatrice!), racconta di porsi la seguente domanda, che certamente tante volte anche altri di noi (io sì, lo ammetto) si è posto: - ma sono pazzo? No amico mio, non sei pazzo. Sei malato. E sei in Italia, che tra i paesi cosiddetti avanzati, è in fondo classifica secondo gli standard in base ai quali si valuta la libertà e la diversificazione della comunicazione mediatica. Il grande Gianni Rodari, che tanti di noi ricordano soprattutto per le sue favole che ci leggevano i nostri genitori quando eravamo bambini, e che a nostra volta noi oggi leggiamo ai nostri pargoli ripetendo quel delicato gesto di amorevolezza, disse una volta: “Nel paese della bugia, la verità è una malattia”. Siamo malati di verità, tutto qua. Ed è con il senno, con la passione e con l’impegno che cerchiamo di aggravarci, e raggiungere quanto prima lo stadio virulento. Perché le stiamo provando tutte e qualcosa sicuramente ancora ci è anche sfuggito. Ma non dobbiamo mai perdere di vista che il nostro obiettivo è il contagio. E quale epidemia potrebbe mai essere più desiderabile di quella della verità? |