Anche se non compro più nessun quotidiano sportivo dalla maledetta estate del 2006, un’idea delle linee editoriali tenute dagli stessi, per quanto magari solo abbozzata, sono quasi sempre in grado di averla, grazie ai tanti contatti sul web ed alla gentilezza di qualche amico. L’attuale direttore del giornale che un tempo era condotto con tutt’altra passione nei confronti della Juventus, pare esordisca così dopo la vittoria sul Milan: << A chi aveva qualche dubbio (noi no), a chi non ci credeva (noi no), a chi pensava che quest’anno fosse ancora di avvicinamento (noi no), a chi non faceva più affidamento sulla forza dei grandi campioni (noi no), a chi non credeva nei giovani da lanciare (noi no). A tutti costoro confermiamo che la Juve c’è e può lottare per lo scudetto e per la Champions. Come abbiamo sempre sostenuto. Merito di tutti: dei giocatori, dell’allenatore e dei dirigenti. A questi ultimi che, adesso, un po’ smemorati, si presentano alle telecamere belli tronfi, ricordiamo che era necessario intervenire come hanno fatto per rimettere in linea una barca che all’inizio aveva perso la bussola...>>. Niente male per chi solo due mesi prima titolava in prima pagina “Ranieri vattene” raccontando di una squadra devastata dagli infortuni e soprattutto nel morale, dilaniata da conflitti interni tra giocatori e giocatori, giocatori ed allenatore, senatori e giovani, e via discorrendo. Molti tifosi juventini insorgono indispettiti e indignati e intervengono sui forum nel web. In poche parole si chiedono: - Ma come facciamo a dare ancora credibilità ad un giornale che due mesi fa pubblicava l’esatto opposto di quanto sostiene ora, e non ha nemmeno il coraggio di ammetterlo, ma anzi, con una certa spocchia quasi sostiene di potersi arrogare dei meriti per aver stimolato squadra e tecnico attraverso quella linea editoriale? Non saprei rispondere ai fratelli juventini, ma certo è che chi oggi dirige quel giornale nell’estate del 2006 scriveva per la concorrenza, il quotidiano sportivo rosa, che manteneva in quei giorni un atteggiamento indegno per un paese dove pretendiamo uno stato di diritto: la presunzione di colpevolezza. Con tanto di dossier e pubblicazione delle telefonate violando palesemente la costituzione (nonché il codice deontologico). Erano allora degne di credibilità quelle pagine? O come il vizio manifesto oggi tale era pure all’epoca, e pertanto il dubbio sarebbe lecito insorga, ed era lecito porselo anche allora?
In data 16 dicembre 2008 il quotidiano rosa che si occupa di economia e non di sporc, sceglie di commentare l’aspetto giudicato protezionistico del decreto legge anti-crisi con un giurista che ben conosciamo: Guido Rossi. Il quale rilascia le seguenti parole: "Misure prese per difendere l’italianità delle imprese da inesistenti scalatori sono in realtà funzionali al consolidamento di una classe dirigente abbastanza inamovibile, di potentati economici e politici che tutto vogliono controllare". Ce n’è anche per la Consob, la cui virata di natura conservatrice viene giudicata degna di dietrologia:" C’è da chiedersi quale è il vero obiettivo, la vera missione, della commissione". Niente male per chi non dava l’impressione di essere in inimicizia con detti potenti, e per chi in quel di farsopoli svolse un ruolo nel quale chiedersi “quale missione, obiettivo e commissione” ci fosse dietro non sembrava potesse essere poi così delirante, vista la sostituzione delle giurie a procedimento in corso e incolpazioni già pronunciate, i precedenti professionali e da tifoso non propriamente super partes, le sue amicizie un po’ sospette e i suoi incarichi subito dopo svolti. L’incompatibilità e la non terzietà di Guido Rossi con il ruolo di commissario straordinario assegnatogli in FIGC nell’estate farsopolesca è ed era evidente. Eppure egli non si sottrasse, ed è impresa tutt’altro che ardua verificare chi ne abbia tratto giovamento. Nondimeno, il quotidiano economico con la tiratura nazionale più alta si avvale del suddetto in una intervista in cui si cimenta nell’arte del sospetto al canto del “cui prodest?” e teme l’ostruzionismo alla modernizzazione da parte di poteri forti che non parrebbero a lui così estranei. Come dobbiamo porci nei confronti di queste dichiarazioni?
Ancora sul Sole24ore leggiamo con sgomento le imprese di Bernie Madoff, autore di una straordinaria truffa per cui colossi del mercato bancario e non solo si trovano esposti sul mercato finanziario per miliardi di euro. Una gestione clandestina di un fondo, con tanto di doppio ruolo di gestore-procacciatore d’affari, che gli valevano ogni volta il doppio consenso. Ma Bernie Madoff non è un uomo qualsiasi, essendo stato del Nasdaq il presidente. Difficile in effetti pensare che l’autorità di Borsa USA potesse spulciare praticamente un proprio figlio. E’ l’ultimo anello di una catena di sconvolgimenti finanziari. Eppure ogni volta è un fulmine a ciel sereno. Revisori, società di rating, consulenti, istituti bancari. Giornalisti e analisti (e analisti giornalisti). Nessuno ha mai sentore di nulla. Tutta scorre liscio e sereno come il mare in presenza di bonaccia. Possibile? Ogni volta qualcuno rammenta il crack Parmalat. Nessuno sembrava sospettare, nessuno sembrava sapere. Revisori, banche, giornalisti. Eppure quella volta era bastato un Beppe Grillo, senza nulla togliere alla sua sagacia ci mancherebbe, per fiutare l’inganno molto prima che facesse il botto. Come dobbiamo comportarci? Possiamo ancora credere, possiamo ancora investire? Non sanno o tacciono? Beffardo destino o meccanismo incestuoso di partecipazioni ed interessi correlati di troppi in cui se salta uno saltano tutti, e quindi nessuno ha mai la convenienza a rivelare gli spifferi?
Il pericolo maggiore, in ogni situazione di incertezza, è quasi sempre rappresentato dagli sbalzi di umore che sono innati nell’uomo: passaggi bruschi dall’ottimismo al pessimismo, dal credere a tutto a non credere a niente. Ma è anche una forma di pigrizia mentale: “tutto” o “niente” è una formula che ci permette di darci la risposta una volta sola, e non dovere ogni volta mettere tutto in discussione. Io che credo, sono convinto che lassù qualcuno ci ama. Nel contempo, io che non voglio essere pigro sono anche convinto che però qualcuno, quaggiù, ci piglia per i fondelli. E per non permetterglielo, o quantomeno per rendergli più difficile il lavoro, è necessario ogni volta mettere tutto in discussione.
Qualcuno dei miei fratelli juventini non vuole più sentire parlare di farsopoli. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdiamoci ‘o passato. Tutto o niente. Questo modus vivendi, non ce ne vogliano, non riusciamo proprio ad imporlo a noi stessi. Di più: lo riteniamo un atteggiamento complice, che avalla e giustifica chi compie l’infamia e lo aiuta a farla franca. Forse qualcuno non l’ha ancora capito. Noi diciamo “Giù le mani dalla Juve”. Ma in verità stiamo urlando “Giù le mani dalla nostra libertà di pensiero”. Dalla nostra voglia di metterci in discussione, dalla nostra sete di capire cosa c’è sotto, dalla nostra fame di verità e giustizia, dal nostro sentimento di sdegno verso chi cerca di incanalarci verso un sentiero che vorrebbero già tracciato per noi. Il calcio è solo un gioco? Balle! Dovrebbe esserlo. E forse un tempo, pur come si suol dire con le pinze, lo è anche stato. Non intendiamo rinunciare al desiderio di avere indietro il nostro romantico gioco di quel tempo, ma non vogliamo accettare la dicotomia del “tutto” o “niente”. Non ci resta che lottare. Poiché al destino, si sa, non manca certo il senso dell’ironia, ci aggrapperemo allo slogan coniato da un uomo a noi tristemente noto che, per propria ammissione, del calcio non ha per nulla passione: “resistere, resistere, resistere”. |