Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano. Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene. … E il capitano disse al mozzo di bordo "Giovanotto, io non vedo niente. C'è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole. Andiamo avanti tranquillamente". (Francesco De Gregori)
36 anni. E nessun record da conquistare. Apice di una carriera, per qualcuno troppo lunga, vestita nei panni bianconeri di chi è entrato nel cuore e nella mente degli sportivi come il Capitano della Juventus. Di mille vittorie e mille sconfitte. Di innumerevoli gioie fatte di gioielli scaraventati, accompagnati, mirati in rete con grazia, fantasia e precisione. Di momenti vissuti dentro e fuori dal campo come nessuno avrebbe osato immaginare. Avrei voluto ricordarmi di Del Piero per il goal con il quale vincemmo l’Intercontinentale, per l’inutile gemma contro il Borussia Dortmund del 28 maggio 1998, per la rete che ci portò in finale nei mondiali del 2006. In fondo sarebbe stato normale anche ripensare all’angoscia del terribile infortunio al termine di una partita qualunque di campionato, che rischiò di fermarlo per sempre. Sarebbe stato calcio. Sarebbe stato pensare e amare da tifosa.
Cerco le immagini nella mia anima bianconera. Le punizioni, certo, impeccabili, numerose, un repertorio d’autore. Mi accompagnano a quella sera di due anni fa, quando la Juventus che dopo la B si era riguadagnata la Champions, riuscì a battere ancora il Real Madrid. E tutto il Bernabeu, qualcosa come ottantamila persone si alzarono in piedi per tributare un’ovazione a Del Piero. Come noi nelle nostre case, con le mani che applaudivano e gli occhi che lacrimavano. Quella sera avrei voluto che Alessandro prendesse tra le mani un microfono e salutasse tutti, con un’uscita di scena che lo avrebbe privato del titolo di recordman della Juventus, ma che nella sua teatralità grandiosa lo avrebbe consegnato alla storia del calcio al riparo da tante polemiche. Sarebbe stato soltanto il ricordo di un’altra impresa sportiva.
Non a caso ho preso in prestito la canzone di De Gregori per parlare di Alex. I muscoli del Capitano sono stati oggetto di uno degli attacchi ai quali la Juventus ha dovuto far fronte fuori dal campo: il processo per doping. Quando il diffuso sentimento popolare ha alimentato un odio che ha spostato l’interesse dagli stadi nelle aule dei tribunali. Come nella canzone incombeva un pericolo mortale. E allora io Alex me lo devo ricordare e me lo porterò nel cuore per sempre per quella lettera che scrisse ai tifosi a un passo dalla B. Quando nessuno seppe tenere il timone della nave che affondava, fu il Capitano a riunirci sulla bandiera bianconera, uno per uno, con i nostri nomi, perché non ci perdessimo. E fu ancora lui con qualcun altro a lasciare la nazionale in Germania per correre accanto ad un amico che quei maledetti giorni avevano quasi ucciso. Troppo protagonismo. Questa l’accusa. L’aver pensato ai record personali piuttosto che alla Juve. Ma non posso pensare alla Juve senza Alessandro in questi anni. E’ stato non solo il cannoniere della B e della ritrovata serie A. E’ stato l’uomo immagine. Il campione nuovo era sempre quello antico? C’era e i ragazzini avevano una maglia alla quale aggrapparsi per un sogno, bianconero. Quello che ha fatto lo ha fatto con professionalità, nel segno di una gestione dei suoi mezzi che credo farà da battistrada anche per il futuro di altri giocatori. Io non gli rimprovero niente. Io mi ricorderò del suo sorriso ironico che ha demolito calciopoli in un secondo, rispondendo alla domanda: lei quanti scudetti ha vinto con la Juventus? Sette, qualcuno dice cinque.
E’ una storia straordinaria quella vissuta da Del Piero con la Juve. La vita ha fatto a pugni con lo sport e non è facile comprendere dove finisce il calciatore e incomincia la sua storia personale. Il limite lo segni chi crede di poterlo fare. "Senza la fantasia, senza la capacità di sognare, senza la poesia, siamo solo degli uomini”. (Romano Battalia)
la juventina
|