Praticando un ferreo ed integerrimo boicottaggio di ogni trasmissione sportiva, non ho visto in diretta l'editoriale di Massimo De Luca, direttore di Raisport, andato in onda nel corso della trasmissione "Sportsera", su Raidue, il giorno 15 gennaio u.s..
Un amico mi ha mostrato la registrazione la mattina successiva e con queste righe volevo sottolineare alcune inesattezze o quantomeno fare alcune precisazioni in merito all'articolo in questione.
De Luca riferisce dello sconcerto provocato dalla sentenza GEA, dove è venuta a cadere l'accusa di associazione a delinquere e si premunisce subito di stoppare ogni tentativo di riassegnazione degli scudetti revocati da parte della tifoseria juventina; probabilmente è sicuro del fatto che l'attuale proprietà della Juventus non muoverà mai foglia...
Per argomentare tale tesi si basa su una verità sacrosanta, ovvero che il processo GEA nulla a che vedere con l'imminente processo di Napoli su calciopoli, mentre cade banalmente sulla divisione tra giustizia
ordinaria e sportiva. A lui ed a tutti coloro che la pensano in tal senso giova sempre ricordare che nel Diritto esiste una gerarchia delle fonti e che tale gerarchia determina i vari gradini della scala legislativa.
Ora, per riprendere le recenti affermazioni di Sandulli, il cosiddetto ordinamento sportivo, al pari di altri ordinamenti con rapporti semi privatistici, DEVE sottostare a quelli che sono i principi fondamentali della Costituzione, alle direttive delle singole leggi ed alle norme dei Codici civili e penali.
Inoltre lo stesso ordinamento sportivo prevede che all'emergere di nuovi e comprovati fatti si possano riaprire e riesaminare vecchie sentenze.
Il De Luca per rafforzare ulteriormente la sua (e di altri) tesi, cita due esempi passati: la retrocessione del Verona, avvenuta nel 1974, e la vicenda del totonero del 1980 a cui seguì la retrocessione in serie B di
Milan e Lazio, adducendo che in quei casi nessuno si scandalizzò per le pene comminate, anzi.
Quello che il De Luca omette di dire è che in entrambi i casi fu registrato e confessato l'illecito, cosa che nel 2006 non è invece emersa. La retrocessione del Verona del 1974 fu figlia di una telefonata dell'allora presidente Garonzi al calciatore napoletano, ex veronese, Sergio Clerici. In quella telefonata, fatta proprio alla vigilia dell'incontro tra le due squadre, il presidente gialloblù prometteva al centravanti paulista, prossimo al ritiro agonistico, di interessarsi affinchè lo stesso potesse aprire una concessionaria di automobili una volta tornato in patria.
Di tutt'altro tenore e quindi non paragonabile al caso di calcipoli 2006, fu addirittura lo scandalo del calcio-scommesse del 1980.
Da Wikipedia:
"Era abitudine, infatti, di molti atleti scommettere (direttamente o tramite loro complici) somme di denaro sui risultati degli incontri ai quali avrebbero partecipato essi stessi: tale tipo di scommessa crea un evidente conflitto di interessi, poiché l'atleta potrebbe essere indotto a non profondere il massimo impegno nella competizione sportiva, al fine di favorire la realizzazione del risultato sul quale ha scommesso. Questo tipo di scommesse è espressamente vietato dalle norme sportive.
Il fenomeno aveva ormai assunto dimensioni rilevanti, tanto che nel febbraio 1980 la Federcalcio lanciò una prima indagine, che si arenò però presto a causa della mancanza di prove evidenti. La svolta avvenne il 1° marzo dello stesso anno, quando un commerciante all'ingrosso di ortofrutta, Massimo Cruciani, presentò un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, sostenendo di essere stato truffato.
Egli, infatti - tramite Alvaro Trinca, proprietario di un ristorante di cui era fornitore - era venuto in contatto con alcuni giocatori della Lazio, che lo avevano indotto a scommettere su alcune partite di serie A che erano state "combinate". Tuttavia, non tutti i risultati concordati si erano verificati, facendo perdere a Cruciani somme ingenti (centinaia di milioni di lire)."
Il 23 marzo la magistratura fece eseguire sui campi di gioco alcuni arresti di calciatori. Nonostante tutto, i giocatori furono presto scarcerati, e il 23 dicembre 1980 si concluse l'inchiesta della magistratura con un'assoluzione generale, in quanto "il fatto non sussiste". All'epoca, infatti, la frode sportiva non era reato, e non fu riconosciuta la truffa ai danni degli scommettitori clandestini, mentre rimasero le penalizzazioni
sportive, anche a seguito delle piene confessioni rese dagli imputati.
Il caso del calcio scommesse è dunque diametralmente opposto a quello di calciopoli, oggi il reato di frode sportiva è riconosciuto e condannato dall'ordinamento giuridico e dunque se al processo di Napoli gli
imputati dovessereo essere scagionati, la sentenza del Tribunale dovrebbe necessariamente avere ripercussioni su quella sportiva, proprio in virtù di quanto riconosciuto dallo stesso codice di giustizia sportiva.
Ovviamente il De Luca tace anche sul fatto che l'allora A.D della Juventus, Antonio Giraudo, ha chiesto ed ottenuto il rito abbreviato che, occorre precisare sempre, non è il patteggiamento; in questa seconda ipotesi l'imputato riconosce la propria colpevolezza e cerca uno sconto di pena, mentre con il rito abbreviato si eliminano alcune procedure burocratiche ed un lungo sfilare di testimoni!
Molti decenni sono passati da quando la Sagan inteneriva la platea con il suo "Le piace Brahms?" ed anche i gusti del pubblico, pilotati dai media, sono cambiati. Evidentemente De Luca e molti altri suoi colleghi giornalisti sono appassionati del wrestling nostrano che imperversa dal 2006, oppure, più prosaicamente, hanno semplicemente paura che il redditizio giocattolo di cui si occupano (e che li ripaga profumatamente) si sfasci rovinosamente.
E noi attendiamo il botto, facendo notare a chi abbia occhi per vedere, che il re è nudo.
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