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Farsopoli di G. FIORITO del 23/12/2010 07:33:12
La Calciopoli rossonera/2, il 2010

 

A quasi quattro anni dal processo della giustizia sportiva celebrato nel 2006, il processo della giustizia ordinaria restituisce una realtà diversa. Bisogna attenderne le sentenze, per capire se le conclusioni del 2006 saranno confutate, certo è che letteralmente si affermano verità fino a quel momento nascoste. Che riguardano l’Inter e il Milan.

D’accordo, mutatis mutandis. Niente 48, simile a quello scatenato contro la Triade e la Juventus. I censori e i portatori sani di morale e etica del 2006 hanno riscoperto formule nuove. Cavilli da azzeccagarbugli, dimostrando come in quattro anni si possano evolvere alcuni concetti e applicare disinvoltamente alle categorie dei diversamente onesti.

Fabrizio Bocca, in un articolo del 5 aprile 2010 su Repubblica.it, al termine di un’analisi sconcertante per le inesattezze proferite (si parla ancora del caso Paparesta come se a Reggio non si fosse già avuta una archiviazione) è costretto ad ammettere: “Evidentemente l'inchiesta fu parziale, si fecero errori magari inconsapevoli, una volta preso qualcuno con le mani nel sacco forse si frenò, forse qualche pesce scappò dalla rete. Del resto tutti avemmo l'impressione di trovarci di fronte a una giustizia parziale e non completa. Non si può adesso partire dalle nuove ultime rivelazioni per ribaltare la verità e cercare di riabilitare a proprio comodo chi comunque ha fatto scempio della correttezza sportiva - quella responsabilità dal punto di vista della giustizia sportiva è già assodata - però possiamo e a questo punto vogliamo sapere se di responsabili e colpevoli ce ne sono altri. Qualunque nome essi abbiano. Non può passare il teorema Moggi: o tutti innocenti o tutti colpevoli. Lo scandalo a quattro anni di distanza potrebbe solo allargarsi, e non essere cancellato d'incanto con un colpo di spugna”.

Vero, verissimo. L’inchiesta fu parziale. Si fecero errori. Qualche pesce scappò dalla rete. L’impressione rimasta fu quella di una giustizia parziale e non completa. Ragione per la quale andrebbero ricercate e chiarite le cause e le responsabilità di tali e tanti chiaroscuri. Vogliamo sapere se ci sono altri colpevoli. Qualunque nome essi abbiano. Lodevole iniziativa. Quando, di grazia? Come? Se chi ha gli strumenti per farlo si trincera da otto mesi in una situazione di stallo? Anche perché Bocca afferma, per inciso, che da parte della giustizia sportiva le responsabilità sono già state assodate.

Doveroso fare delle osservazioni. E’ opinione diffusa presso i giornalisti e gli opinionisti della carta stampata italiana, considerare le sentenze della giustizia sportiva inappellabili. Non è così. L’avvocato D’Onofrio, difensore di Moggi, ne ha parlato tante volte. Esisteva prima del 2006 ed esiste dopo la riforma del Codice di Giustizia Sportiva l’art. 39, dal titolo “Revocazione e revisione”, che declama: “Tutte le decisioni adottate dagli ordini di giustizia sportiva inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate…” da parte di chi ha subito delle condanne, oppure soggette a revisione per iniziativa della stessa FIGC, quando emergano “fatti nuovi”, “nuove prove” o alcune vengano riconosciute “false”.

Appare chiaro che sia esclusivamente nell’interesse della Juventus che queste circostanze si verifichino. In quest’ottica va inquadrato l’esposto presentato a maggio da Andrea Agnelli. Veniamo ora alle modifiche apportate al CGS, relative agli arti. 1 e 9. L’art. 1, al comma 4, vieta di avere rapporti di “abitualità, o comunque finalizzati al conseguimento di vantaggi nell’ambito dell’attività sportiva, con i componenti degli Organismi di Giustizia Sportiva e con i tesserati AIA”. L’art. 9 dice: “Quando tre o più soggetti tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali si associano allo scopo di commettere illeciti, si applicano, per ciò solo, le sanzioni di cui alle lettere f) ed h) dell’art. 19 comma 1”, cioè vengono squalificati o inibiti. Si tratta della stesura del famigerato “illecito associativo o strutturato”. Che ha prodotto l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva nei riguardi di Giraudo e Moggi tanto in sede di giustizia sportiva che ordinaria. Solo per dovere di cronaca segnaliamo che il CGS è stato modificato dopo il processo del 2006, cioè dopo che la Juventus è stata condannata alla serie B. Così come l’appunto fatto da qualche maligno tifoso che l’accusa di associazione a delinquere fosse fisiologica all’utilizzo delle sole intercettazioni telefoniche, vista la carenza cronica di prove di illecito a carico della Triade.

Fatto è che la possibilità di revisione del processo della giustizia sportiva del 2006, con quello che potrebbe derivarne per l’eventuale rimodifica degli albi della Juventus o per una richiesta di risarcimento per il grave danno subito, dipendono dalla conferma o no dell’accusa di associazione a delinquere. In attesa del pronunciamento del Tribunale di Napoli, un altro processo, quello riguardante la GEA, ha emesso un verdetto, a Roma, dove Luciano Moggi è stato assolto dall’accusa di essere stato l’artefice di un’associazione a delinquere con l’intento di attuare un’illecita concorrenza.

Come dicevamo, tutto questo interessa la Juventus, che con calciopoli ci ha rimesso due scudetti, un pezzo di storia e un danno economico e di immagine praticamente incalcolabile. Inter e Milan sono molto meno interessate agli sviluppi di qualunque situazione possa derivare dall’analisi delle nuove intercettazioni scoperte dai legali di Moggi. Si sono adottati un pragmatismo e a un silenzio imbarazzanti, se raffrontati con il clima di caccia alle streghe e di giustizia sommaria che si respirava nella primavera e nell’estate di quattro anni fa, al fine di esacerbare quel diffuso sentimento popolare contro la Juventus e gli Juventini che rendesse possibile la realizzazione di un processo di stampo kafkiano.

Oggi il calcio non ha voglia di riscoprirsi malato. Non vuole curarsi né sente il bisogno di una bella ripulita, anche se alcuni protagonisti sono sempre gli stessi. La tanto decantata e autoreferenziale onestà dell’Inter non sente l’esigenza di fare luce su tanti fatti che ne minano alle radici la credibilità. Figuriamoci il Milan. Si trincerano ben protetti dietro una parola che ha sostituito il termine etica: prescrizione. L’inchiesta su calciopoli si chiuse il 7 Aprile 2007 e le modifiche apportate di recente alla legge sulla prescrizione dei reati ne hanno modificato i tempi restringendoli nei limiti di quattro anni. La fuga di notizie del 2006 ha avuto l’esito di far scattare processi e condanne solo per la Juventus. Di recente Pardolesi, uno dei tre saggi nominati da Guido Rossi, ha dichiarato che la giustizia sportiva può darsi dei termini più lunghi, fino a otto anni. Forse, in nome dell’etica, non dovrebbero fissarsi delle scadenze. In realtà la FIGC si limita a prendere tempo, considerando che il superprocuratore Stefano Palazzi vedrà scadere nel giugno 2011 la sua nomina.

L’Inter intanto continua a tenersi stretto un titolo tricolore immeritatamente assegnato a tavolino. Il Milan si appella al principio del "ne bis in idem", ovvero al divieto di persecuzione e condanna ripetuta di una stessa violazione. Tacciono, insomma. Mentre invece, ai tempi di Moggi, anche loro parlavano, eccome se parlavano, al telefono. E dicevano tante di quelle cose che ragionevolmente aumentano i dubbi piuttosto che chiarirli. O forse no. Una panoramica di intercettazioni che riguardano il Milan qualche idea potrebbe chiarirla.

Il 20 settembre 2004 Meani chiede a Pairetto la composizione della griglia e il suo interlocutore non ha problemi a citare Rosetti, Ragalbuto, Bertini e Dondarini. E’ una telefonata facilmente accostabile nei contenuti a quella contestata a Luciano Moggi, del 9 febbraio 2005, con Bergamo. Il 28 aprile 2005 Meani e Bergamo fanno ancora insieme la griglia per Fiorentina-Milan, poi vinta dai rossoneri per 2 a 1 e Meani raccomanda a Bergamo di fare un bel discorsetto a Trefoloni, “perché se no gli tagliamo la testa noi...”. Pier Luigi Collina, Gianluca Paparesta, Matteo Trefoloni, preannunciati da Bergamo, furono effettivamente i tre arbitri inseriti dai designatori Pierluigi Pairetto e Paolo Bergamo nella "griglia A" del sorteggio che si svolse a Coverciano. Come è stato più volte fatto notare, le grigliate del potente Moggi non riuscivano, quelle rossonere e nerazzurre sì. Sempre il 28 aprile 2005 Meani intima a Bergamo di non mandare al Milan né Ivaldi né Pisacreta, piuttosto Ambrosino e Stagnoli, ma va bene anche Ayroldi. In un’altra intercettazione sempre dell’aprile 2005, Bergamo si scusa con Galliani, dicendo che è possibile abbia sbagliato una griglia, ma senza volerlo fare. Gli chiede di fargli sentire tutto il suo calore.

Giustamente la difesa di Luciano Moggi si chiede a Napoli come mai l’intercettazione Meani Rosetti dell’8 aprile 2005 non sia entrata a processo. Rosetti è stato designato per Lecce-Siena e il Siena la settimana dopo sarà l’avversario del Milan. Disinvoltamente Meani dice: “…oh, mi raccomando, non espellerne solo uno del Siena, fai due o tre”. All’arbitro Pasquale Rodomonti, che è stato assolto nel processo sportivo ma è ancora tra gli imputati in quello penale, Meani dice che ha fatto anche prendere sette da Cecere (Nicola Cecere, giornalista sportivo della Gazzetta dello Sport), che lo ha pure definito preparato atleticamente. Poi: “… comunque guarda che mi ha telefonato il mio presidente che ti dà l’indirizzo e ti manda a fare anche a te il trapianto dei capelli in Svizzera…”. La battuta spiritosa ci porta diritti a commentare qualche intercettazione che riguarda Adriano Galliani, del quale va sempre ricordato che durante calciopoli rivestiva le cariche di Vice Presidente vicario del Milan e di Presidente di Lega.

Il 3 aprile 2005 Meani telefona a Silvano Ramaccioni, attuale dirigente addetto agli arbitri nelle gare interne italiane del Milan, all’epoca Team Manager, che gli passa Galliani. In occasione della morte di Giovanni Paolo II, Galliani conferma a Meani di aver fatto slittare il campionato commentando con un eloquente “ma secondo lei io dormo?”. Aggiunge che Moggi (che apostrofa in maniera colorita) ha pure chiamato Preziosi per dirgli che lo ha fatto per recuperare i sudamericani e Shevchenko. Poi: “Come Capello-Sensi, via Capello, Sensi è tornato amico. L`abbiamo purgato già l`anno scorso, lo purghiamo anche quest`anno. Fa niente (ride). Capito, Leonardo? E` pieno di uccelli paduli, se non tiri le corde, non capiscono” . Meani: “Anche se ho visto che nel sorteggio gli è saltato fuori Collina: e ciò è positivo”. Galliani: “Tranquillo, vigilare su tutto”.

Il 19 aprile 2005 Galliani chiede a Meani se abbia sentito i designatori. Ha parlato con Bergamo e Mazzei, perché Pairetto si trovava in Germania, insistendo che “con una squadra come il Milan a un minimo dubbio si sta giù con la bandiera, non si va su a vanvera. Poi Meani chiede: “… Dottore, ha parlato ieri con Collina? La cercava”. Galliani: “No”. Meani: “Guardi che la chiamerà”. Galliani: “Adesso lo cerco io”.

Il “preservativo” di beccantiniana memoria va a farsi benedire. Qui c’è l’illecito. Il Vice Presidente del Milan che va a cercare Collina, un arbitro in attività. Non c’è solo la risposta a una delle domande che ci ponevamo nei confronti di Galliani, se cioè Meani agisse sua sponte o ai suoi ordini. Qui c’è la prova che esisteva eccome un sistema Milan. Un’altra conferma arriva da un’altra intercettazione nella quale, conversando con Meani, Collina dice riferendosi a Galliani, che il primo ha soprannominato scherzosamente Brontolo: “… ho provato a chiamarlo, ma da una parte è staccato, il cellulare è staccato, all’altra probabilmente la segretaria non c’è…”.

Meani dunque agiva a tutti gli effetti per conto di Galliani. Rimane da chiarire il punto se la doppia carica di Galliani sancisse un effettivo conflitto di interessi, già messo in luce nel 2006 dalla premura con la quale Collina desiderava incontrarlo tenendoci a precisare in veste di Presidente di Lega.

La segnalazione arriva niente meno che da Zeman e addirittura, in data 18 maggio 2005, dalla Gazzetta dello Sport, ma Auricchio non si scompone e more solito quando gli argomenti non riconducono alla Juventus, si fa sfuggire anche questa dritta. Dice Zeman: “In Roma-Milan, Cafu commise un fallo altrettanto brutto ai danni di Cufré e fu solo ammonito. Galliani vice presidente del Milan si sofferma sul grave fallo di Konan, ma Galliani presidente di Lega dovrebbe valutare l'arbitraggio di Trefoloni. Alla base di tutto, evidentemente, c'è il problema del conflitto di interessi. Ed è strano che, quando un arbitro commette certi errori, non sia fermato per 3, 4 turni: invece, Trefoloni in questa stagione ha già diretto 23 partite". Il riferimento è all’intercettazione del 16 maggio 2005, nella quale Meani e Locatelli discutono del presidente del Lecce, Semeraro, che durante l’intervallo tra il primo e il secondo tempo di Lecce Milan si era recato negli spogliatoi a minacciare l’arbitro. Semeraro sarà poi deferito per le accuse all’arbitro nel dopo partita e non per il comportamento nell’intervallo, quando era proibito recarsi negli spogliatoi. Anche raccontato così, l’episodio è analogo a quello famoso di Moggi e Paparesta, ma non ottiene la stessa eco né lo stesso interesse dai media né dagli inquirenti.

Il 31 maggio 2005 Pasquale D’Addato, da semplice osservatore, manifesta a Meani la sua volontà di diventare Presidente degli Arbitri della Regione Puglia, chiedendogli di intercedere presso Galliani affinché faccia pressioni nei riguardi di Tullio Lanese, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri. Meani esegue e riferisce che chiamerà Lanese per dirgli: “Il dottor Galliani vorrebbe fargli fare il presidente”.

Il conflitto di interessi si spinge forse anche oltre nel caso dell’arbitro Gianluca Paparesta, per una volta protagonista di una vicenda che non si svolge in uno spogliatoio. Paparesta telefona a Meani in qualità di responsabile del protocollo d’intesa tra i comuni di Bari e Milano in vista dell’EXPO 2005. Richiede la sua intercessione non in quanto arbitro, ma cittadino italiano e commercialista, avendo avuto notizia di una possibile procedura di infrazione contro l’Italia dall’Unione Europea per violazione delle norme sul protocollo di Kyoto in relazione alle energie alternative. Cerca una mediazione per giungere a consegnare un dossier a Gianni Letta, all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in veste di consulente dell’Assobiodiesel.


Nella intercettazione citata del 16 maggio 2005, quella “sagoma” di Meani srotola commenti e interpretazioni dei fatti, per così dire, personalizzati, con largo utilizzo di figure colorite e linguaggio disinibito. Tra l’altro afferma, commentando il campionato del Milan: “… se tu avevi una punta di categoria diversa anche da Crespo, nonostante che abbia fatto 12 gol, perché tu, senza Inzaghi, dovevi avere un altro tipo di punta... se noi avessimo avuto Ibrahimovic spaccavamo il culo ai passeri”. Come dargli torto? Chiede quindi di poter attaccare, perché ha un altro interlocutore in linea: “Scusa, che mi sta chiamando Collina sotto...”

Bravo, Leo, in due frasi la sintesi di calciopoli.

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