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Farsopoli di G. FIORITO del 08/04/2011 13:25:59
La tranquillità di Moratti

 

“Non voglio predicare la dottrina della tranquillità ignobile, ma quella della vita intensa” . (Theodore Roosevelt)

Ancora una volta disattese e tradite le aspettative di chi crede ancora che possa essere resa giustizia ai fatti che sconvolsero la storia del calcio italiano nel 2006. Giorno 31 marzo si è tenuto l’incontro nel quale Palazzi avrebbe dovuto chiedere conto a Moratti delle tante ambiguità degli atteggiamenti tenuti in questi anni da numerosi personaggi che si sono alternati nei posti chiave della dirigenza dell’Inter. Non conosciamo i termini del colloquio, ma il presidente dell’Inter ha rilasciato delle dichiarazioni alla stampa nelle quali si è detto tranquillo, ha chiesto scusa per averne definito ridicola la necessità, essendosi sentito coinvolto in una situazione kafkiana, ha concluso che si tratta di una situazione che riguarda lui e non l’Inter. Lasci perdere Kafka e si dedichi piuttosto a John Le Carré. Quanto accadde nel 2006 non riguardò i soli Moggi e Giraudo, ma fu la stessa Juventus a subirne le conseguenze. Certo il signor Palazzi non ha aiutato il presidente dell’Inter a vedere le cose con il dovuto senso della realtà, recandosi di persona a Milano per interrogarlo e facendosi notare due sere dopo al derby stracittadino.

A dire il vero tanta cortesia da parte del superprocuratore Stefano Palazzi sembrava fosse il preludio alla revoca dello scudetto sottratto alla Juventus e assegnato all’Inter nel luglio 2006. La visita pareva servisse a indorare la pillola o a risparmiare a Moratti il viaggio per restituirlo. Gli estremi ci sono, ma da un anno sono intervenuti i nuovi fatti e le nuove prove che possono indirizzare le vicende di calciopoli ben oltre la revoca di quello scudetto. Così come non comprendiamo il perché dovesse essere assegnato all’Inter, essendo nota la vicenda del passaporto falso di Recoba, non capiamo perché Palazzi si sia limitato a leggere a Moratti attraverso alcune intercettazioni scaturite a Napoli le prove che lui e Facchetti infrangevano l’art. 1 e l’art. 6 del CGS e non solo quello scudetto non sia stato revocato, ma l’Inter si trovi ancora in serie A.

Checché ne pensi Abete, che in alcune dichiarazioni quasi contemporanee a quelle di Moratti ha fatto dipendere dagli esposti ricevuti dalla FIGC l’azione di Palazzi, facendola poi sottostare alle decisioni della stessa FIGC di prenderli per buoni, di cose da spiegare Moratti ne aveva parecchie. Intanto i contenuti di quelle intercettazioni e poi perché nell’estate del 2006 rivendicò la paternità dello scudetto 2004/’05 pur essendo a conoscenza di situazioni che ponevano i dirigenti dell’Inter in condizioni molto più precarie di quelli della Juventus.

Palazzi il vademecum ce l’aveva. Anzitutto l’esposto di Andrea Agnelli del 10 maggio 2010, con il quale si faceva richiesta di revoca dello scudetto assegnato a tavolino all’Inter e si chiedeva un trattamento uguale per tutti. Il memoriale di Facchetti e le deposizioni del figlio Gianfelice e di Danilo Nucini rese il 15 marzo a Napoli. Un altro esposto presentato ancora prima di Andrea, il 23 marzo 2010 da Vieri e un successivo atto integrativo di un anno dopo, 23 marzo 2011. Roba che scotta. Perché direttamente collegata allo scandalo e al processo Telecom di Milano e perché potrebbe avere la stessa valenza della revoca dello scudetto di cartone. Una specie di effetto domino. Perché Moratti si ostina a non restituire sua sponte quel titolo ottenuto abbastanza goliardicamente per mano di Guido Rossi, che tra le tante sue mansioni e competenze a cavallo tra cda dell’Inter, commissariamento straordinario della FIGC, presidenza della Telecom e consulenze prestate all’IFIL, annovera quella di noto tifoso dell’Inter? Quello che noi rancorosi definiamo scudetto di cartone, è per gli interisti lo scudetto dell’onestà. Rinunciarvi significa ammettere che non sono onesti. Scardinare la porta dalla quale si accede al tempio degli etici per antonomasia. Creare una crepa nel bunker degli immacolati dalla quale una semplice sbirciatina potrebbe consentire di scoprire che non è tutto oro quello che luccica da cinque anni a questa parte. Una situazione incresciosa non solo per Moratti, per l’Inter e per i suoi dirigenti, ma per la stessa FIGC e i tanti esponenti che in questi anni hanno gestito calciopoli attraverso le cariche delle quali sono stati investiti. Revocare quello scudetto è il primo passo, oltre il quale cominciano a determinarsi le domande, i tanti perché le cose andarono in quel maledetto modo nel quale non avrebbero dovuto andare.

Ma perché il memoriale di Facchetti avrebbe dovuto essere d’aiuto a Palazzi per interrogare Moratti, se non è nemmeno stato annesso agli atti del processo di Napoli? Perché costituisce la confessione di un dirigente interista il quale ha coltivato rapporti intensi con un arbitro in attività che nel frattempo arbitrava l’Inter. Come emerge anche dalle testimonianze del figlio Gianfelice e di Danilo Nucini. L’attendibilità di quest’ultimo è messa in dubbio dalle diverse versioni dei fatti fornite in questi anni, ma sotto giuramento ha ammesso i rapporti con Giacinto Facchetti e che per il suo ruolo di spia è stato risarcito con colloqui di lavoro procuratigli da Facchetti e Paolillo, passato dalla carica di direttore generale della Banca Popolare di Milano (1994/2004) a quella attuale di amministratore delegato e direttore generale dell’Inter. Avrebbe anche fornito l’occasione per l’attività di intelligence illegale improvvisata dall’Inter. Andiamo con ordine. Nel maggio del 2006 Nucini rilascia la famosa intervista a Mensurati di Repubblica nella quale si fa menzione dei suoi rapporti con Facchetti. Borrelli, mai del tutto convinto che le indagini su calciopoli siano state esaustive, ascolta Nucini e Moratti qualche mese dopo il processo della giustizia sportiva del 2006. Si rende noto il presunto incontro dell’hotel Concord di Torino nel quale Nucini avrebbe incontrato Moggi e Fabiani per entrare nell’organizzazione che pilotava il campionato di calcio al fine di agire da talpa per l’Inter e durante il quale avrebbe ricevuto la sim della quale poi si disfa e si ricorda il numero 8 anni dopo al processo di Napoli. Lo stesso Tavaroli mette in dubbio la veridicità di questo episodio, ma ne consegue l’incontro alla SARAS nel quale Facchetti e Moratti chiedono una consulenza a Tavaroli, che li indirizza verso Cipriani, titolare della Polis d’Istinto, per svolgere delle indagini. E’ con Borrelli che Moratti ammette quest’appuntamento, dichiarando essere consecutivo alla faccenda del Concord, datata 25 settembre 2003. La presenza anche sui giornali di notizie intorno ai dossier Ladroni e Como redatti da Cipriani va però nel senso di una falsa testimonianza resa dal presidente dell’Inter, poiché risale ai primi mesi del 2003. Qualcuno nell’Inter faceva pedinare e intercettare illegalmente persone del mondo del calcio da prima del fantomatico incontro del Concord. Vieri viene a sapere di essere tra questi e nell’aprile 2007 fa causa alla Telecom e all’Inter, chiedendo un risarcimento di circa 20 milioni di euro. Né Moratti né Tavaroli sono stati ascoltati a Napoli, ma di Tavaroli ci sono le dichiarazioni rese al processo Telecom. Che anche l’avvocato Buongiorno, legale di Vieri, ha ritenuto di inserire nell’esposto presentato a Palazzi insieme con quelle di Cipriani, della segretaria di Adamo Bove e di Tronchetti Provera, che sembra proprio essere il punto di fusione dell’intera vicenda, avendo rivestito le cariche di consigliere di amministrazione dell’Inter e di presidente sia della Pirelli, sponsor della società nerazzurra, che della Telecom.

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