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Attualità di L. BASSO del 14/04/2011 13:26:19
Questione di priorità

 

Un mazzo di fiori lasciato da qualcuno, un gesto di carità cristiana nei confronti di chi non c'è più. Una moglie che ha salutato il marito al mattino e che stasera non lo vedrà rientrare a casa chiedendo: “Cosa c'è per cena?”.
La notizia è rimbalzata su internet prima ancora che sui TG nazionali. Un operaio è morto durante dei lavori di manutenzione allo stabilimento della Saras. Proprio come altri uomini qualche tempo fa, in quello stesso stabilimento.
Le parole sono le stesse che si sprecano ogni volta in questi casi.
Imprevisto. Fatalità.
Parole che non cambiano la sostanza. Un uomo morto per il proprio lavoro, un “più uno” nella annuale statistica delle “morti bianche”.
Come gli amici arsi vivi nell'inferno della Thyssen Krupp. Come decine di ragazzi morti nella bolgia dantesca delle miniere. Come centinaia di poveri ragazzi volati come angeli dai ponteggi.
Tutte persone che con un piccolo investimento economico, con qualche piccola miglioria in termini di sicurezza, oggi potrebbero ancora giocare a pallone, bere una birra, dare il bacio della buonanotte ai propri figli.
Ma probabilmente i soldi per bonificare correttamente quel silos della Saras non c'erano (“ i Moratti promettono grandi interventi sulla sicurezza, ma si rifiutano sistematicamente di annunciarli al pubblico”), e così l'idrogeno solforato ha bruciato gli occhi ed i polmoni di quel povero operaio con un contratto da precario (“Ogni giorno ci alziamo pensando a come fare ancora di più”, le dichiarazioni di Stefano Filucchi, abitualmente vice direttore generale dell’Inter, rilasciate appena dopo la tragedia).

Già, quei soldi non c'erano. E poco importa se la proprietà di quella Saras è la stessa che è stata nell'occhio del ciclone per un “errore grossolano” ai tempi della sua quotazione in Borsa.
Azioni messe sul mercato con una quotazione sbagliata. Vendute a “peso d'oro” quando in realtà erano carta straccia. Un “errore” che ha permesso ai suoi proprietari della società di realizzare un faraonico plusvalore a danno di migliaia di piccoli risparmiatori che hanno visto in due giorni crollare il valore del loro investimento.
Senza contare il fiume di denaro che quotidianamente io, voi, tutti facciamo confluire nelle casse della Saras. Ci fermiamo al distributore, e dal finestrino chiediamo solo “cinquanta”, come faremmo con una ragazza sul viale delle passeggiatrici.
Con la differenza che, in quel caso, ciò che acquistiamo è grosso modo sempre lo stesso prodotto, mentre al distributore ogni volta dobbiamo guardare mestamente la lancetta dell'indicatore che risale sempre di meno.
Sarebbe bastato reinvestire uno zero virgola di quei soldi, gli spiccioli, le monetine... ma così non è stato.

Già, perchè negli affari, come nella vita, ci sono delle priorità.
E, da anni, una delle priorità dei proprietari della Saras è anche quella di ripianare i buchi nelle casse del giocattolo di famiglia (pur essendo realtà divise che viaggiano su diversi binari). Quella squadra di calcio costretta a fare ancora i conti con i debiti fatti negli anni per Vampeta e Gresko, quella squadra dichiarata da un altissimo Dirigente della Federazione “intoccabile, perché porta soldi”.
Già, indubbiamente ci sono delle priorità. E l’ingaggio di “capitan Sanetti” o di Nagatomo non ha paragone, in termini di importanza e di immagine, con un misero rilevatore di gas e vapori. E neppure i maglioncini di Cashmere ( “l’agenzia Ansa ha dato numerose notizie sul nuovo incidente di Sarroch senza mai nominare i fratelli Moratti” ).

Ma alla compagna di quell'operaio non darà sollievo se, come cantava il sommo Faber, “accanto nel letto – le è rimasta la gloria” di un Triplete costruito forse anche un po' sulla pelle del suo uomo ( “Non si riesce neppure a sapere se Pierpaolo Pulvirenti aveva 22 o 25 anni”....( “Al tribunale di Cagliari è in corso il processo ai vertici della Saras, a cominciare dal direttore generale Dario Scaffardi, per le morti del 26 maggio 2009. Scaffardi e colleghi sono accusati di omicidio plurimo colposo, e secondo i pm la morte di Melis, Muntoni e Solinas è da ricondurre alla volontà, dispiegata negli uffici milanesi della Saras, di risparmiare sulle manutenzioni”).

I virgolettati riportati sono tratti dall’articolo di Giorgio Meletti, pubblicato da il Fatto quotidiano: Un altro caduto sul lavoro nella Saras dei fratelli Moratti

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