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Farsopoli di G. FIORITO del 20/06/2011 13:17:22
Nei Palazzi del potere

 

Noi Juventini lo abbiamo capito a nostre spese che cosa significa intendere la giustizia sportiva come una giustizia privata. Significa cambiare le regole tutte le volte che se ne ha bisogno. Con l’alibi di dover fare in fretta perché non si può compromettere il calendario della prossima stagione. Per giustificare, allontanare, avvicinare sentenze sfatate dai fatti. Per aggiustare e conformare, far coincidere i pezzi del puzzle anche quando gli incastri non vogliono saperne di adattarsi gli uni con gli altri.

E’ del 17 giugno un articolo di Oliviero Beha per Il Fatto Quotidiano che torna a insistere sulla credibilità del superprocuratore che nel 2006 sostituì Italo Pappa per accendere i fari della giustizia all’interno della FIGC, minati dalla posizione ormai compromessa di Carraro. Solo che i nodi non sono stati sciolti. Anzi, risultano sempre più intricati e numerosi. Perché, è l’ipotesi di Beha, Palazzi insabbierebbe ogni inchiesta sulla quale si premura di aprire un fascicolo per lasciarlo a ricoprirsi di polvere. Perché in questi cinque anni chi tira le fila della FIGC continua a essere legato alla matrice. Il ragionamento è talmente semplice che appare disarmante. Palazzi dipende da Abete. Abete era il vice del dimissionario Carraro. Carraro lo si sarebbe voluto legato al potere forte condannato nel 2006 e radiato nel 2011. Carraro l’ha fatta franca. Gli altri no. Moggi, Giraudo, Mazzini dati in pasto al popolino come i mostri individuati nel 2006 e ancora utili. A coprire altri due scandali che stanno sommergendo ancora una volta il calcio italiano fino a far chiedere a tutti, ancora una volta, se vale ancora la pena di seguire lo sport più amato dagli italiani. Privati del campionato più bello del mondo. Orfani di una nazionale da sempre di marca bianconera e oggi alla frutta. Procedendo con i facili sillogismi, orfani della Juventus.

Quella Juventus giudicata colpevole di truccare i campionati senza truccare le partite. Mentre gli altri spiavano e costruivano prove a tavolino per vincere scudetti a tavolino. Stampando passaporti falsi e patenti rubate. Mentre altri ancora con gli arbitri ci parlavano davvero, ci cenavano e comandavano questo e quel guardalinee con toni da despoti. Altrimenti Galliani diventava furibondo. Galliani, il presidente di lega e vicepresidente del Milan, ma di fatto presidente, che elargiva favori a questo e a quello, compreso quel Paparesta utile per affondare la Triade bianconera.

Ma Palazzi tutte queste cose non le ha sentite nelle intercettazioni. Ancora adesso Prioreschi ha dovuto suggerirgli di ascoltarle durante l’udienza per la radiazione. Non le ha lette nelle informative, perché i carabinieri dormivano, non si sa se per la solita negligenza da barzelletta. E nemmeno Borrelli ha voluto dare per buone le dichiarazioni che faceva Nucini e gli strani aggiustamenti di date che gli forniva Moratti. Quel Moratti che a Napoli non si è visto e che nonostante rivendichi ancora lo scudetto del 5 maggio, sempre kafkianamente, non è parte civile a Napoli.

Ma non c’è solo Beha. C’è pure l’Espresso. Quel tipo di informazione alla quale non piace per passare di parte. Che nel 2006 si diede abbastanza da fare con la pubblicazione di un libro colorato male. E circolano voci che l’Inter non riesca a trovare un allenatore decente e qualche campione stia per alzare i tacchi e salutare. Che accade? Forse, come recita uno dei tanti proverbi figli della saggezza popolare, non si può tirare troppo la corda. Specialmente dopo che si è tirata troppo la barba ai santi. Tira la coperta di qua, spostala di là, è sempre troppo corta. E non basta a coprire tutto. Non c’è solo scommessopoli. Qualcuno si è ricordato anche di premiopoli. E di come tra poco scadano i termini per decidere il da farsi. Più o meno come per il ricorso presentato dalla Juve. In breve uno scandalo parecchio interno alla stessa FIGC. Per una serie di procedure poco limpide con le quali si dava il sì all’elargizione di premi che venivano pagati alle piccole società dalle quali si scopriva provenivano i giovani talenti approdati al successo della serie A e della nazionale. Tra i quali pure Balotelli e Marchetti, il bravo portiere che ha sostituito il dolorante Buffon agli ultimi mondiali, la cui vicenda ha sollevato la polvere sulla prassi non proprio specchiata delle segnalazioni dei talenti meritevoli. Perché della cosa si interessavano un paio di intermediari che avevano qualche appoggio proprio dentro la FIGC.

E allora ben vengano le radiazioni. Ben venga il solito Moggi sbattuto in prima pagina. Sfruttare quel tanto di residuo diffuso sentimento popolare per prendere altro tempo. Anche se la pur breve difesa del 6 giugno ha finito di atterrare il castello accusatorio del 2006. La Juventus non aveva canali privilegiati con i designatori. O forse li avevano talmente tutti, che non si capisce perché dovesse essere lei a goderne di più. Visto che i regali migliori li facevano l’Inter e il Milan. E che la storia dei sorteggi truccati era una balla spaziale, dal momento che Moggi ne conosceva i risultati una mezz’ora buona dopo che erano in rete. Visto che gli arbitri che danneggiavano la Juve venivano trattati meglio di quelli che sbagliavano a suo favore. Visto che la griglia di Moggi era più sbagliata di quelle degli altri.
E ci sono le prove. Quelle che Palazzi non ha voluto ancora una volta vedere, nemmeno dietro suggerimento dell’Alta Corte del Coni, che lo invitava a considerare la situazione in relazione alla posizione attualizzata. Oggi l’attualità parla di un’inefficienza sospetta della FIGC. Che stride con l’inefficienza riconosciuta della cupola di Moggi, che tutto sommato vinceva di più senza l’appoggio degli arbitri amici.

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