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Farsopoli di N. REDAZIONE del 29/07/2011 10:21:24
Spinelli: l’accusatore che doveva essere imputato…

 

Nell’edizione odierna di Tuttosport, Guido Vaciago, prende in esame il caso “Spinelli”, anche alla luce delle recenti scoperte realtive alle segnalazioni (i baffi) disattese dal Tenente Colonnello Auricchio, ma ritenute rilevanti dagli uomini della sua squadra.

Aldo Spinelli, presidente del Livorno, è un testimone, ritenuto importante dagli inquirenti, chiamato a confermare l’esistenza della famosa “combriccola romana”, che avrebbe avuto la funzione di agevolare le squadre legate in qualche modo alla Gea. Il processo Gea si è chiuso con l’assoluzione degli imputati dall’accusa di associazione a delinquere e la famosa teoria della “combriccola romana” è stata smontata nell’aula 216 del tribunale di Napoli.

Ebbene, anche alcune telefonate, intercettate dai carabinieri di Via Inselci, tra Aldo Spinelli e l’ex designatore Paolo Bergamo, erano state classificate come rilevanti (doppio baffo giallo) e rilevantissime (triplo baffo rosso), ma scomparse nelle informative.

Le telefonate:
telefonata progressivo n. 14804 del 03.01.2005 ore 16.32; telefonata progressivo n. 22098 del 24.01.2005 ore 21.48;
telefonata progressivo n. 33566 del 08.03.2005 ore 12.21; telefonata progressivo n. 34879 del 15.03.2005 ore 10.39; telefonata progressivo n. 44144 del 05.05.2005 ore 17.16.

Come in precedenza per le intercettazioni di Facchetti e Moratti, anche per quelle di Aldo Spinelli, Tuttosport evidenzia come la rilevanza data dai carabinieri della squadra di Auricchio, sia in linea con le conclusioni di Palazzi (quella presenti nella sua relazione) che le valuta come passibili di illecito sportivo, il famoso articolo 6: «appare presentare notevoli e molteplici profili di rilievo disciplinare», per la «sussistenza di frequenti e confidenziali contatti tra il presidente della società Aldo Spinelli e il designatore arbitrale Paolo Bergamo, nel corso dei quali il primo non si limita a esprimere giudizi positivi o negativi nei confronti del direttore di gara che ha diretto la partita del Livorno, ma pretende garanzie con riferimento alle designazioni dell’arbitro per le partite successive».

Ci chiediamo, ancora una volta, il perché furono ignorate queste segnalazioni, ma la risposta è scontata. E’ chiaro oramai che l’indagine di calciopoli, fu condotta e mirata per colpire la Juventus e i suoi ex amministratori, ed è chiaro che per avere un minimo di credibilità, c’era bisogno di testimoni attendibili (ora non più). Rendere note queste intercettazioni e la loro gravità, significava non solo dover fare a meno di un testimone prezioso, ma allungare la lista degli imputati.

Quello di Aldo Spinelli non è un caso isolato ma significativo per sconfessare ancora una volta un teorema accusatorio minato oggi in ogni suo aspetto e che contemporaneamente fa perdere credibilità ad uno dei principali testimoni, mettendo ancora una volta sotto accusa le indagini del tenente colonnello Auricchio.

Auricchio, attuale capo di gabinetto del neo sindaco di Napoli è in silenzio e non risponde alle accuse. Stessa strada scelta anche da Narducci, pm nel processo penale di calciopoli, ora assessore alla sicurezza del Comune partenopeo. Silenzio che stride con le dichiarazioni rese ai media nel 2006 da parte dei due p.m. Narducci e Beatrice, che hanno contributo a dare rilievo mediatico alla sola accusa.

Davanti a questa realtà e all’incompetenza dichiarata dal Consiglio Federale, in presenza di situazioni che rendono chiaro come alcune società hanno tratto vantaggio e goduto di privilegi evidenti, a discapito della Juventus e delle altre squadre penalizzate nel 2006, quello che il governo del calcio dovrebbe fare è almeno garantire giustizia. Dovrebbe, ma in realtà, le intenzioni sembrano essere altre.
Questa volta per bocca del presidente Beretta, la volontà espressa sembra quella di chi vuole chiudere tutto a tarallucci e vino: «C'è solo da convincere Andrea Agnelli e i tifosi juventini che ancora ieri rivendicavano i due scudetti tolti dalla sentenza di sei anni fa che e' giusta la prescrizione per l'Inter. E' una discussione che va fatta dalle società e con le società della serie A. » .

Dichiarazioni che si sommano a quelle di Abete, sempre più cerchiobottista, che spera sempre in un accordo e dichiara: «D'altra parte, Inter e Juve portano avanti delle politiche condivise sul versante dei diritti televisivi, sul versante della costituzione della Lega di Serie A; ci sono delle dialettiche forti in termini di posizionamento rispetto alle vicende del 2006, però mi sembra ci sia anche una consonanza d'intenti fra queste società su tante aree». Intenti comuni che dovrebbero mettere una pietra sopra a calciopoli e dare un calcio alla giustizia.

Mi domando: questi uomini, possono ancora garantire qualcosa?
 
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