Parte II – Antonio Conte –
Sono giovani. Sono bravi. Sono juventini. Nel senso che le loro radici sono fortemente bianconere e il loro destino sembra quello di tornare, prima o poi, alla base.... Tra le pieghe della mia memoria di bianconero, parlare del “Capitano” richiama due episodi diversissimi tra loro.
Il primo è la traversa colpita al crepuscolo della sciaguratissima finale di Manchester contro il Milan, che certificò universalmente la nostra idiosincrasia alla coppa con le grandi orecchie; il secondo è la risposta fulminante a tal Materazzi Marco che suonava più o meno così:
“Per la mancanza di capelli vi sono numerose cure, ma contro la carenza di cervello non c’è niente da fare”. In questi due aneddoti vi è racchiusa la figura di Antonio Conte, professionista esemplare e uomo poco incline a “mandar giù” bocconi indigesti.
Il Conte calciatore è stato atleta di prima grandezza; muove i primi passi nel calcio professionistico proprio nella sua città natale (Lecce) nel lontano 1986 ma è nel 1991 che avviene la svolta nella sua carriera.
Arriva la chiamata della Juventus e da lì in poi è un susseguirsi di soddisfazioni per il centrocampista centrale pugliese che diventa pedina insostituibile prima nella squadra di Lippi, sino a divenirne il capitano dopo le cessioni di Vialli e Ravanelli, e poi in quella di Ancelotti.
Il suo palmàres è eccezionale: 5 scudetti, 1 CL, 1 Coppa Italia, 4 Supercoppe Italiane, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa Intercontinentale ed 1 Supercoppa Europea.
Vero allenatore in campo si intuisce subito che il suo futuro sarà la panchina; ed infatti già nella stagione 2005/06 dopo solo un anno dal ritiro dal calcio giocato, esordisce in panchina come vice allenatore di De Canio al Siena.
Diventa capo allenatore l’anno successivo all’Arezzo, durante il campionato peggiore che il popolo juventino ricordi, e nonostante i 6 punti di penalizzazione riesce quasi a portare i toscani alla permanenza nel campionato cadetto.
Paradossalmente per uno strano scherzo del destino è la sua adorata Juventus a certificare la discesa in serie C1 dell’Arezzo, particolare che a molti tifosi bianconeri risulta difficilmente digeribile proprio per l’affetto che nutrono per “il Capitano”.
Ma la sua rivincita professionale è dietro l’angolo, infatti in seguito alle dimissioni di Materazzi (quanti casi strani riserva la vita!) dal dicembre 2007 lui –leccese doc- si ritrova alla guida tecnica del Bari.
Ovviamente i suoi trascorsi salentini gli vengono rinfacciati settimanalmente dalla tifoseria barese, ma grazie alla sua serietà e naturalmente agli ottimi risultati conseguiti, pian piano diventa a tutti gli effetti un idolo per i supporter della società del capoluogo pugliese.
Nella stagione in corso il suo Bari guida la classifica del campionato cadetto ed è una delle aspiranti più accreditate per l’ascesa in serie A anche grazie alla solidità difensiva ed all’efficacia dell’attacco che annovera gente dal gol facile come Kutuzov, Barreto e Colombo.
Conte è un tecnico preparato, pignolo, quasi maniacale nello studio degli avversari e della preparazione della partita.
Ha preteso uno staff competente, arrivando a richiedere un nutrizionista per non lasciare nulla al caso.
Racconta lui stesso di come analizzi attraverso video le soluzioni trovate dai colleghi sia nei campionati più celebri che nei campi più lontani dai riflettori; il tutto al fine di migliorare il suo bagaglio tecnico.
Il suo gioco di base è un 4-4-2 molto elastico e molto portato alle trame a terra, che prevede un grande movimento sugli esterni e partecipazione delle due punte alla manovra di tutta la squadra.
Diversi elementi si stanno mettendo ( o rimettendo) in luce nel suo Bari: Guberti, Lanzafame, Barreto, Ranocchia, Gazzi; tutti giocatori entrati nel mirino (spesso otturato o eccessivamente esterofilo) degli operatori di mercato italiani.
Sincero come al solito, Antonio non ha mai fatto mistero di ambire ad una “grande” panchina arrivando a dire che se non l’avesse raggiunta entro 4/5 anni avrebbe lasciato il mestiere.
Naturalmente ha subito precisato (ma noi non ne dubitavamo Capitano!) che una sola panchina avrebbe la precedenza: quella della Vecchia Signora.
Il cuore di molti bianconeri se lo augurano, sarebbe un segno di riavvicinamento a quel passato che tanti trionfi e tante gioie ha dato ai seguaci di Madama ma non solo: sarebbe anche un modo per ribadire che “quel passato” è esistito ed è transitato da piedi e cuori eccezionali.
Inoltre, ed è bene non dimenticarlo, la Juventus ha un debito “morale” nei confronti di Conte proprio per la retrocessione dell’Arezzo di cui si parlava sopra: onorarlo sarebbe, forse, un affare per entrambi.
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