Un vecchio articolo a firma di Riccardo Agricola pubblicato da Hurrà Juventus del 1990 che vi riproponiamo.
Sport & psicologia Non è vero ma ci credo di Riccardo AgricolaScaramanzie, amuleti, talismani, rituali propiziatori: quante volte nella vita di tutti i giorni sentiamo parlare di questi argomenti e direttamente ne siamo coinvolti?
Non c’è ovviamente di che stupirsi, infatti il tema è vecchio come il mondo, appartenendo intimamente alla storia ( e forse alla preistoria) dell’umanità.
E’ l’angoscia del futuro, come il desiderio di avere spiegazioni sul passato, che spinge alla ricerca di mezzi atti a modificare ciò che ci attende; il tutto ovviamente facendo leva sui fenomeni inerenti alla superstizione. E cosi, oggi come ieri (si ricordi che in queste scienze furono maestri già gli antichi egizi), si interrogano gli astri, si consultano oracoli e ancora si richiedono oroscopi.
Il risultato è che quasi nessuno rinuncia a dare anche solo uno sguardo alle pagine degli astri sui giornali o sulle riviste in cui è garantito ciò che ci succederà. E tutto questo per non parlare dei periodici specializzati o degli affollati “studi” di chiromanti, astrologi, preveggenti e chi più ne ha più ne metta.
Paradossalmente si osserva il fenomeno consistente nel fatto che più sono in aumento razionalità e tecnologia, più si ricorre ai mezzi per uscire dall’incertezza della nostra incontrollabile vita.
Ma, si sa, di fronte all’incerto, o forse al troppo certo, è quasi inevitabile richiedere aiuto alle forze sconosciute della fortuna. Non disdegna tali atteggiamenti il colto letterato o il professionista alla pari dell’uomo semplice.
Si rivolge alla Dea bendata lo studente alle prese con gli esami come l’uomo politico prima di prendere le sue “sofferte” decisioni e così via.
Si comprende allora perché i fenomeni scaramantici aleggiano in tutti noie perché è inevitabile riscontrarli diffusamente pure nel mondo dello sport.
Anche il calcio, dunque, è “contaminato” dalla superstizione. D’altra parte questo sport è un’espressione del vivere umano.
Come la vita, anche il calcio presenta elevati livelli di incertezza, così come la sua caratteristica preminente è insita nella competitività e nella ricerca del successo o del risultato di prestigio.
Fine ultimo dello sport è infatti ottenere la superiorità sull’avversario e in definitiva su se stesso e sulle proprie debolezze. E’ quasi inevitabile, pertanto, che la fortuna entri a far parte del gioco.
La ricerca di mezzi per accattivarsela, da parte di tutte le componenti del calcio, salvaguardia psicologicamente dal perdere fiducia in sé in casi di sconfitta, mentre garantisce speranza in caso di successo.
D’altra parte la scaramanzia esiste proprio sulla base di questo aspetto: protegge dalle ombre del passato e attenua l’incertezza del futuro, deresponsabilizza e rassicura.
Sul piano pratico, scaramanzia o no, è innegabile che la squadra di casa goda di sicuri vantaggi psicologici.
Chi crede agli amuleti, riconoscerà nei mille e mille atti propiziatori tale influenza positiva.
Anche a non volerci credere, è indubbio che la moltitudine amica determini una influenza psicologica positiva, anche solo a livello di spinta affettiva, quasi palpabile e reale.
La tensione che si sviluppa dagli spalti è sicuramente percepita quasi fisicamente dia giocatori in campo. Ecco perché in definitiva la compartecipazione di migliaia di persone può determinare psicologicamente una grande influenza sul comportamento degli atleti e pertanto una diretta interferenza sugli eventi della partita. Si può così facilmente comprendere perché sia preferibile giocare in casa piuttosto che in trasferta, in uno stadio colmo di spettatori appassionati piuttosto che in uno semivuoto con pubblico distratto.
Se poi alla base del vantaggio di giocare in casa ci sia anche qualche cosa di magico, non è certo: ma cosa importa?
Paradossalmente, ma con saggezza (e a scanso di brutte sorprese), è conveniente comportarsi secondo il detto: “non è vero, ma ci credo”. Anche così si vincono gli scudetti.
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