L’Associazione GiùlemanidallaJuve intende stigmatizzare gli episodi di razzismo accaduti allo Stadio Comunale di Torino nella giornata di ieri 19/04/09, evidenziati in maniera esemplare dai media nelle ultime ore.
L'Associazione peraltro, pur nella piena disapprovazione di tali forme di incivile contestazione, non può far a meno di notare come, ancora una volta, gli organi di giustizia sportiva abbiano attuato un doppiopesismo giudicando differentemente casi sia pur analoghi.
Nel campionato 2005/2006 Zoro, il giocatore ivoriano del Messina, all’ennesimo “uh-uh-uh” proveniente dalla curva interista decise di bloccare la partita. Ad aggravare la posizione della tifoseria interista campeggiavano in bella vista striscioni con su scritto: 'Noccioline e banane, la paga per l'infame' e ' Zoro come Vieri. Gli infami non hanno colore'. Il Presidente nerazzurro Massimo Moratti, che all’epoca definì quei comportamenti e quelle ingiurie “assolutamente non razziste”, oggi rilascia dichiarazioni di sconcerto pretendendo le pubbliche scuse. Alla faccia della coerenza! Per inciso, la pena comminata all’Inter fu di ben 25 mila euro. Veramente esemplare.
Proseguendo nelle amenità della giustizia sportiva bisognerà inoltre ricordare che costarono la semplice chiusura del secondo anello e 30 mila euro di multa gli striscioni interisti contro i tifosi napoletani. Striscioni in cui si denigrava una intera città con affermazioni del seguente tenore: ‘Partenopei Tubercolosi’ e ‘Napoli fogna d’Italia’. Resta un mistero, pertanto, il motivo dell’odierno scandalizzarsi del presidente meneghino.
Ma il calcio italiano ci ha abituato ad innumerevoli e ben più gravi forme di inciviltà. Saluti romani e svastiche, cori inneggianti l’auspicio della morte di ex dirigenti della Juventus e così via. Ed è proprio l’immobilismo della giustizia sportiva che ha autorizzato le tifoserie ad esplicitare simili comportamenti. Resta inspiegabile, infatti, il motivo per il quale non si è mai ritenuto opportuno adottare provvedimenti nei confronti di quelle tifoserie che, libere di additare con epiteti come ‘ladri.. ladri’, insultano lo sport, chi lo rappresenta e le tifoserie avversarie.
È giunta forse l’ora di un mea culpa da parte degli enti che amministrano lo sport italiano. Quando si decide di gestire la giustizia sportiva utilizzando regole non chiare e soprattutto differenti a seconda del soggetto giudicato. Quando si istituiscono processi privi di ogni fondamento giuridico e lesivi dell’immagine e degli interessi di talune tifoserie. Quando i primi a non rispettare le normative vigenti sono gli stessi organi che devono garantire trasparenza e giustizia. Bene, è proprio quello il momento in cui ci è concesso affermare che il ‘business’ e giochi di potere hanno ucciso il vero spirito sportivo. Il nostro augurio è che il perpetrarsi di tali scellerate decisioni, prive del benché minimo equilibrio, non diventino pretesto per l’inasprimento delle rivalità sportive. Sarà quello il giorno in cui lo sport sarà definitivamente morto e ciascuno sarà costretto a fare i conti con le proprie responsabilità.
Un ruolo particolare dovrebbero anche avere quegli organi che oggi, giustamente, evidenziano l’illiceità di queste forme di espressione. Dovrebbero infatti evidenziarle sempre e comunque, a prescindere dallo stadio in cui si verificano, e in particolare dovrebbero ricordare sia ai Presidenti che agli organi Federali le prese di posizione che di volta in volta vengono assunte. Ma soprattutto dovrebbero indignarsi ancor di più quando le sanzioni comminate sfiorano il ridicolo, come fu per gli episodi di Messina e di Milano. |