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Attualità di F. ZAGARI del 21/04/2009 13:53:13
Degrado Culturale

 

Massimo Moratti invoca il rispetto per la sua squadra e per Balotelli, promuovendo la civiltà di un Paese che non deve cadere in espressioni razziste. Peccato che sia lui a non rispettare il buon senso, cacciandosi in un vicolo cieco, dove trascina con sé i fatti raccontati dalla storia.
Lo scandalo non è che il patron dell'Inter esprima, a distanza di ore, che se fosse stato presente all'Olimpico di Torino avrebbe ritirato la squadra, è il come, in altre circostanze, siano stati altri a dover giocare nello stadio del presidente di Via Durini.

La storia. Il 6 ottobre 2007, in occasione della partita di campionato Inter-Napoli, furono esposti dai tifosi neroazzurri alcuni striscioni che recavano scritto: ”Napoli fogna d'Italia”, “Ciao colerosi” e “Partenopei tubercolosi” .

L’allora Giudice sportivo sanzionò con un’ammenda di €30.000 la società neroazzurra, con l'obbligo di disputare una gara con il secondo anello della Curva Nord inibito agli spettatori. Allora il giudice sportivo non adottò provvedimenti più severi in quanto, ”valutata la particolare gravità del fatto per la provocatoria aggressività che connota le espressioni adottate “, considerò, per converso, ”la riferibilità in via esclusiva di tali comportamenti discriminatori ad un circoscritto e delimitato settore dello stadio, nonché l'assenza di specifici precedenti a carico della società oggettivamente responsabile “.
Nella gara presa in esame, non solo ci furono striscioni degni della più becera ignoranza nazional popolare, ma ogni qual volta che il giocatore uruguaiano del Napoli Marcelo Zalayeta si impossesò della sfera, gli furono rivolti i "buu" razzisti, accompagnati da canti di questo tenore: “Vesuvio lavali col fuoco “.
Ma la società degli indossatori di scudetti altrui ebbe addirittura il coraggio di presentare ricorso contro la squalifica del settore incriminato, salvo vedersela respingere in data 24 ottobre 2007.

Questa miserabile storia potrebbe essere una pagina solo grottesca del nostro amato calcio, se, invece, non ci fosse la dimostrazione di quanto si sia smarrito il senso della giustizia nel nostro Paese.
Il Giudice sportivo Gianpaolo Tosel, dopo la gara di campionato Juventus-Inter, disputata sabato scorso all'Olimpico di Torino, ha ritenuto opportuno squalificare il campo della società bianconera perché durante la gara, si legge nella motivazione del giudice, “in molteplici occasioni sostenitori della società ospitante (la Juventus, ndr), in vari settori dello stadio intonavano cori costituenti espressione di discriminazione razziale nei confronti di un calciatore della squadra avversaria “.
Oltre a sottolineare la gravità del fatto e la sua reiterazione, il Giudice sportivo prende atto anche dell'assenza di “qualsiasi manifestazione dissociativa da parte di altri sostenitori ovvero di interventi dissuasivi da parte della società “.

Abbiamo recentemente scritto di come, in assenza di programmazione, e con lo strascico di Calciopoli, si sia giunti ad assistere a teatrini vergognosi che solo questo nuovo calcio può offrire. Lo sdegno, oggi, non serve a nulla, e le parole forti sono spesso la spia di pensieri deboli.
Si continua a disonorare la legge, offendendo lo Sport, e chiamando “razzismo” il degrado culturale di un'intera nazione, assicurando un duraturo rispetto delle regole, sentenziando una pena diversa a seconda di chi la vìola.

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GiùLASTAMPAdallaJuve

Il giorno dopo la discussa conferenza sul razzismo svolta a Ginevra, a cui non hanno partecipato israeliani, statunitensi, canadesi, australiani, olandesi, tedeschi e italiani, i tre quotidiani sportivi nazionali hanno aperto la loro prima pagina con la squalifica del campo, per cori razzisti, della Juventus.
Diverse le scelte degli editori nel commentare la notizia: Tuttosport
titola: "Paga ancora la Juve", evidenziando come tale provvedimento non sia mai stato preso prima, sia nella sua severità, sia nei modi; Il Corriere dello Sport
evidenzia il termine "razzismo", aggiungendo le parole del Giudice sportivo: "Insulti da tutto lo stadio è nessuno è intervenuto"; per La Gazzetta dello Sport
la linea è molto simile: "Chiuso per razzismo", mettendo in evidenza gli insulti rivolti all'attacante neroazzurro: "La Juve paga gli insulti a Balotelli".
Questa redazione non intende insabbiare nessuna forma di inciviltà, a prescindere dal colore della pelle, dallo stato sociale o quant'altro, ma vuole mettere in risalto il dilagante degrado culturale che ogni domenica raggiunge il suo apice all'interno degli stadi italiani.
Nascondere dietro la parola razzismo, una vergognosa storia di inciviltà, non fa bene nè al calcio, nè alla società. Intortare l'opinione pubblica, procedimento usato a più riprese, con il vittimismo di un ragazzone di 19 anni, perchè gioca in una squadra di blasone come l'Internazionale di Milano, amplifica il doppiopesismo usato dalla Giustizia sportiva in questo Paese.
Domandiamo: quante volte, durante questo campionato, abbiamo avuto modo di sentire distintamente gli "uh uh uh" rivolti a giocatori di colore facenti parte di una qualunque squadra professionistica italiana? E ancora: quante volte, nei confronti di giocatori dalla pelle bianca, abbiamo sentito distintamente cori non proprio amorevoli nei confronti di chi ha avuto l'amore di metterli al mondo? Concludendo: quante volte abbiamo avuto modo di leggere, distintamente, striscioni ineggianti la morte di questo o di quello, con relative motivazioni?
Abbiamo accettato, nel corso della storia, che criminali e torturatori ci dicessero la loro, con il ditino alzato, dall’islamico al nero perseguitato, senza distinzione di razza.
Ieri, dopo che le parole di Mahmoud Ahmadinejad hanno scosso la conferenza Onu sul razzismo a Ginevra, i delegati dell'Unione europea hanno abbandonato la sede, ritenendo le parole del leader iraniano razziste.
Oggi, confrontando le decisioni prese in merito ai soliti cori beceri che da anni riempiono gli stadi italiani, ci viene voglia di boicottare il calcio, lasciandolo in mano a chi, dando del razzista, ha usato due pesi e due misure per condannare un degrado culturale tutto italiano.


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