Luciano Moggi con il suo tipico”aplomb”da toscano a Lamezia ha mostrato tutta la sua serenità. Quella di un uomo, che sa fare il proprio lavoro, e che si è visto catapultato in un bailamme di illazioni ed accuse. Lui ha sofferto tanto «specie per i primi quindici giorni» ci ha confidato davanti al suo immancabile sigaro. La cosa più brutta? L’ha rivelata davanti al nostro taccuino: «Che queste persone siano passate come un carro armato sulle famiglie», ricordando i nipotini di 2 e 4 anni coinvolti – loro malgrado – in questa brutta vicenda. Non hanno avuto pietà neanche di loro».
La Juventus è finita in Serie B a -17, ha pagato (e troppo) per tutti. C’erano gli estremi per questo illecito e con queste misure eccessive?
«Sono successe cose terribili, ci hanno additati solo mediaticamente nonostante non ci sia stata né una partita truccata, né un arbitro corrotto. È stato un teorema che anche lo stesso Sandulli ha licenziato con la non colpevolezza. Allora dov’era il sistema?»
Le da fastidio, invece, che un giornale in particolare l’ha definita Moggiopoli?
«Non c’è dubbio che la “rosea” ha condizionato l’opinione pubblica oltre il beneficio del dubbio ed ha avuto anche l’appoggio di chi ha fatto il resto. Dalle colonne di Libero ho parlato di Intercettazioni, di Telecom, di Fideiussioni e del passaporto di Recoba. Il 1° febbraio 2001, peraltro, proprio quel giornale scriveva: «La giustizia sportiva è una farsa. Se l’Inter sarà colpevole in qualsiasi momento dovrà essere penalizzata drasticamente». Il 25 maggio scorso l’Inter viene condannata con un patteggiamento, che vuol dire accettare la colpa, ma non succede nulla e si scordano pure dell’articolo del 2001».
Che cosa ritiene di aver sbagliato, se lo ha fatto, in questa vicenda?
«Credo niente. Sono arrivato in prima squadra dal ’94. Fu il dottor Umberto Agnelli a chiamarci, allora c’era un deficit, ma poi siamo riusciti a vincere qualcosa come 13/14 trofei e soprattutto abbiamo risanato la società facendo di necessità virtù. Non abbiamo chiesto niente agli azionisti, abbiamo dovuto faticare per indovinare gli acquisti ed è cosi facendo che la Juventus ha dimostrato carattere e qualità tecnica. E vincendo troppo siamo diventati antipatici anche se non ci aspettavamo quello che è successo. Tante sono state tante le soddisfazioni che ho avuto. Certo la vita non da solo quelle ma tutto ciò che è accaduto è stato fatto ingiustamente, mentre altri si godono la A altrettanto ingiustamente».
Poteri forti: da quando non ci sono gli Agnelli la Juve è stata più debole?
«È vero il dottor Umberto era un manager eccezionale e con lui è nata un’amicizia vera, l’avvocato Gianni aveva la Juventus nel Dna. Fossero stati in vita gli Agnelli tutto ciò non sarebbe successo».
È arrivato in Calabria per incontrare i tifosi bianconeri. Cosa vuole spiegare?
«Intanto, è la mia prima uscita in pubblico e devo dire grazie alla Calabria. Sono stato invitato da mille parti, ma io che mi sento un po’ sensitivo ho detto di sì perché qui ho avuto una sensazione diversa. Ho avuto un’accoglienza meravigliosa e ribadisco che le sentenze sono inique e non giuste. La sottrazione dei due scudetti va oltre la logica dello sport».
Il futuro: cosa spera di ottenere dal Consiglio di Stato o dalla Corte di Giustizia Europea?
«Abbiamo fatto tante battaglie per la Juventus ed io la continuerò a difendere a tutti i costi fino all’ultimo grado di giudizio perché difendendo me difendo – e sono l’unico – a difendere la Juventus».
Vicenda Inter: il commissario Pancalli ha detto che lo scudetto può essere revocato solo dalla giustizia ordinaria. Ma le intercettazioni contavano solo contro la Juve?
«La prima cosa non m’interessa, so soltanto che alla Juve li hanno tolti ingiustamente. Sulle intercettazioni aggiungo che questo è un problema che non riguarda solo il calcio, ma la sicurezza della nazione, perché la legge sulla privacy non è garantita. In passato, oltretutto, non appena facevo un affare calcistico dietro c’era sempre l’Inter pronta a carpire tutto. Le intercettazioni Telecom sono servite a far spiare la Juventus, chi altri poteva avere interesse se non c’era dietro qualcuno che tramava contro di noi, ma purtroppo ancora di questo se ne parla poco».
Cosa ne pensa del fatto che l’attuale società vorrebbe chiedere dei risarcimenti?
«Gli altri prima di parlare dovrebbero ricordare la convenzione 1948 che riguarda i diritti dell’uomo: ognuno può dire parole e fatti soprattutto senza essere molestato. Potrò ritenermi colpevole solo se lo sentenzierà la giustizia ordinaria quando saremo giudicati. Due gradi di giustizia sportiva ci hanno condannati mandando la Juve in Serie B ingiustamente, ma io combatterò fino alla fine perché la giustizia sportiva è una cosa impropria».
In questi giorni è circolata la notizia che potrebbe andare al Milan. Vede un suo ritorno nel calcio e magari con Andrea Agnelli presidente del nuovo corso bianconero?
«Vede prima voglio pensare a me ed alla Juventus. Il resto si vedrà. Le società di calcio producono se sono gestite come un’azienda e la capacità di vincere o di non saper perdere dipendono da questo. Noi vincevamo perché azzeccavamo gli acquisti, e non come chi scambiava i giocatori come le figurine, prendete l’Inter in questi anni ne ha comprati 36 ma non sono serviti a vincere. Il desiderio di tornare alla Juve c’è, ma forse bisogna aspettare tempi migliori». |