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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Inchiesta/Intervista di N. REDAZIONE del 30/04/2012 12:37:22
Lo Juventus Club DOC a S. Lucia del Mela

 

Il club è stato fondato nel 1984, grazie ad alcuni soci che hanno fatto da traino e sono stati presenti spesso nelle trasferte organizzate fin da prima della sua nascita per seguire la Juventus.
Il nostro è sempre stato un paese super bianconero, con una forte percentuale di tifosi attivamente impegnati. Possiamo affermare di aver sempre avuto qualche fondatore presente in tutte le finali di Coppa Campioni, da Belgrado 73 a Manchester 2003.
Siamo stati sempre presenti nelle grandi occasioni, finali di coppa, partite scudetto e molti altri momenti nei quali la Juventus è stata protagonista.
Tra le nostre iniziative hanno un posto di riguardo e rappresentano un appuntamento fisso le molte trasferte organizzate per seguire gli impegni della squadra.
In pullman per quanto riguarda il sud Italia, con voli aerei quando si gioca a Torino, al nord o si tratta di impegni europei. Siamo stati presenti anche all'inaugurazione dello Juventus Stadium, con un folto gruppo di soci che non hanno voluto perdere l’occasione di festeggiare questo importante evento.
Nonostante i problemi che incontriamo non siano diversi da quelli degli altri club. Purtroppo non ci sono agevolazioni particolari per chi fa parte di un club doc. Anzi, è spiacevole constatare che riceviamo molto tardi la risposta alle richieste di biglietti per le partite. Solitamente nella settimana che precede gli incontri. Questo crea dei problemi seri a chi come noi deve partire dalla Sicilia per seguire la Juventus allo stadio, costringendoci a dover accettare voli a prezzi troppo alti. Sarebbe opportuno che il Centro coordinamento di Torino gestisse anche la trasferte, perché un club organizzato non deve impazzire a cercare lottomatiche oppure ultras, bagarini, ecc
Ma le nostre iniziative non si fermano qui. Abbiamo istituito un premio chiamato Premio Luciese Bianconero doc, perché a noi di Santa Lucia del Mela ci chiamano luciesi.
Il 1° premio, nel maggio 2010, è stato conferito a Gigi Buffon, il 2° premio a Giorgio Chiellini. Quest'anno ci sarà la terza edizione, ma non è ancora stato deciso a chi consegnarlo.
Tra le nostre iniziative curiamo dal 1999 un calendario con le foto dei monumenti storici del paese, avvicinando, come è nella tradizione bianconera, i significati dello sport a quelli della diffusione delle bellezze artistiche e della cultura in generale.
Oltre ad organizzare vari tornei estivi di calcetto e calcio balilla, partecipiamo ad eventi di beneficenza. Il nostro impegno di Juventini si è concretizzato anche, in diverse occasioni, per la diffusione degli argomenti che riguardano calciopoli.
Abbiamo organizzato conferenze su farsopoli ed abbiamo avuto l'onore di avere da noi il 25 settembre 2010 il grande direttore, il numero uno Luciano Moggi.
Il 17 ottobre 2010 abbiamo avuto invece ospite il combattente e grande esperto di farsopoli Antonello Angelini.
La nostra passione bianconera si esalta spesso nei numerosi incontri che riusciamo a organizzare con i calciatori che hanno fatto grande la Juventus nelle formazioni del passato e con quelli che vestono adesso la maglia bianconera. Nel giugno 2011, nel corso dell’incontro annuale con i soci del club e le loro famiglie, abbiamo potuto godere della presenza del grande bomber Pietro Anastasi, accompagnato dalla moglie.
Il 24 luglio 2011 abbiamo organizzato una conferenza su calciopoli alla quale hanno partecipato numerosi giornalisti e Michele Padovano, che si è piacevolmente intrattenuto a cena con i soci del club, raccontando con simpatia molti aneddoti che hanno riguardato la sua vita sportiva soprattutto del periodo bianconero. Il 26 agosto 2011 è stato nostro ospite Stefano Tacconi, il 4 settembre 2011 Sergio Brio.
Nel novembre 2011 abbiamo visto concretizzarsi il nostro impegno in occasione dell’inaugurazione del campo sportivo del paese, che è stato intitolato a Gaetano Scirea.
Un momento emozionante, vissuto insieme con la signora Scirea, i soci del club, il presidente del locale club nerazzurro, i ragazzi delle scuole calcio e tanti amici che condividono con noi la passione bianconera. Il nostro è un piccolo impianto sportivo, ma siamo orgogliosi che porti il nome di Scirea, perché abbiamo combattuto una piccola battaglia in paese con chi intendeva dedicarlo a qualche campione interista dalla fama integerrima.
Invece la classe immensa di uomo e giocatore del libero più famoso della storia del calcio resterà un segno tangibile del nostro amore per la Juventus, costituendo esempio di sportività e impegno agonistico per tutti quei ragazzini che avranno per sempre nel cuore la gioia del calcio giocato e negli occhi e nella testa l’esempio di un grande campione.

Ho incontrato Pietro Anastasi

Di Giusy Fiorito

C’è uno Juventus Club DOC a S. Lucia del Mela. Un paese delizioso incastonato alle pendici del monte Makkarruna tra Messina e Milazzo, con il suo castello arabo-normanno e un panorama che allunga la vista sul mare fino alle Eolie a sfiorare l’infinito.
E c’è Benedetto Merulla, il presidente del Club DOC “Gaetano Scirea”, che ha il vanto, tra gli altri, di essere riuscito da sei mesi a far intitolare lo stadio comunale all’indimenticato “Libero” della Juventus e della Nazionale.
Benedetto è un organizzatore nato di eventi e per la Juventus sarebbe capace di fare qualunque cosa. Di rendere possibile l’impossibile. Ci siamo conosciuti lo scorso anno in occasione di un raduno di Club Juventini Siciliani e da allora è stato un susseguirsi di iniziative, incontri e convegni.
Stavolta ha organizzato il 2° Incontro del Tifoso Juventino e ufficialmente si tratta di una bella scampagnata tra amici che hanno in comune una passione di nome Juventus.
Anche se Benedetto ci ha promesso una sorpresa…
Ci inerpichiamo per l’entroterra e ci facciamo accompagnare dove il paese finisce e sconfina sul letto di un fiume. Qui c’è una casa e un bel prato davanti che qualcuno ha già preso per un campo di calcio. Soprattutto i bambini. I ragazzi e le ragazze del club sono al lavoro da diverse ore e stanno preparando il pranzo, quello tipico del Messinese: antipasto siciliano a base di salumi e formaggi dei nostri monti, pasta di casa con il ragù, messinesi, cioè braciole e salsicce.
Siamo divisi in gruppi e Giuseppe mi sta raccontando le fasi salienti della 24 Ore di Le Mans. I bambini cantano e ballano festanti l’inno della Juve.
All’improvviso un brivido mi percorre la pelle e un tuffo mi scuote il cuore, che se ne va in tachicardia.
Per poco non piango di gioia. Quell’uomo abbronzato che saluta tutti stringendo forte la mano e si dirige convinto su un vassoio di formaggi agguantando una fetta e gustandosela è… Pietro Anastasi.
Che effetto fa trovarsi di fronte la ragione della propria juventinità? All’improvviso mi sento felice.
Glielo dico. Con semplicità: “E’ colpa sua se sono Juventina. Ero bambina. C’era la Juve e c’era lui nella Juve. I miei cugini più grandi giocavano a pallone e parlavano sempre di lui. Io e mio fratello avevamo appeso il suo poster in camera. Lui è ‘nostro’”.

Perché Pietro Anastasi è nato a Catania il 7 aprile 1948. Anzi, come puntualizza facendo salire l’emozione, il suo quartiere d’origine è U Futtinu, che sarebbe Porta Garibaldi, l’ingresso al cuore storico della città, dove ci racconta che ancora bambino, con i compagni di strada, ha iniziato a tirare calci ad un pallone. Oggi il centro storico di Catania è rifiorito e Pietro mi guarda un poco incredulo e contento mentre gli riferisco che i numerosi interventi di restauro hanno consentito di restituire al pubblico gioielli come le Terme della Rotonda e si rincorrono quasi senza tregua manifestazioni culturali che permettono di gustarsi persino la messa in scena della Divina Commedia dentro il teatro greco-romano, spesso fruibile anche nelle ore serali. Mi chiede del Castello Ursino. Ci ho visto da pochi mesi una mostra di Modigliani. La bellissima signora bionda con gli occhi di cielo che lo ha accompagnato e si è subito mescolata tra noi tifosi con una tenerezza affettuosa, si mette a scherzare sulla guida scomposta e un po’ prepotente dei catanesi, ma la rassicuro che via Etnea è quasi sempre chiusa al traffico.
Qualcuno si fa coraggio e osa chiedere a Pietro di salutare un amico al telefono. Come ho già fatto anch’io. Prendo quota. Ho una lista infinita di domande da fargli, anche se non vorrei esasperarlo. Benedetto racconta di come ci siamo incontrati a un convegno su calciopoli.
Ancora una volta è stata tutta colpa di calciopoli. Però, a chi sarebbe mai venuto in mente che ci avrebbe dato l’occasione di trovare tanti amici? Perché, calciopoli? Perché si è voluto chiudere un ciclo, afferma la signora. E non si è badato a spese per farlo, aggiungono i miei pensieri. Però, mi dico, mica male come risposta.
Salta fuori GLMDJ. Osservo che senza calciopoli non avrei mai osato mettere piede su un forum. Non manca qualche acuta osservazione e ce ne torniamo al calcio giocato.
Sta salendo l’onda dei ricordi in mezzo a tutti i presenti, mentre mangio la fetta di anguria più buona di tutta la mia vita, perché a porgermela è stato Pietro.
Tutti hanno un momento da stadio da condividere con lui, anche quelli che quando indossava la maglia bianconera non erano ancora nati.
Perché Pietro Anastasi giocò la prima partita con la Juventus l’8 settembre 1968, dopo che l’8 giugno, appena tre mesi prima, aveva vinto con la nazionale l’unico Europeo azzurro della storia.
Finale ripetuta in seguito a un pareggio, che lo vide segnare il 2 a 0. C’è chi si ricorda altre reti, altre giornate che hanno segnato gli scudetti vinti con lui, nel 1971/’72, nel 1972/’73, nel 1974/’75.
Anastasi sposta fremendo il vassoio con le fette di anguria e afferra due fazzolettini di carta, che diventano i pali della porta. Strisciando sul tavolo con le dita delle mani mima il movimento con il quale aveva cercato durante una partita di spostarsi sulla sinistra per cercare l’angolo, che invece si era trasformato in goal. La signora interviene. Come se ne fosse appena innamorata, risveglia lo stadio, che con voce corale accompagna l’azione, come un respiro bianconero all’unisono.
Gli dico che gli Europei del ’68 li dobbiamo a lui e che forse un giorno ci racconterà di come ha dovuto saltare i mondiali successivi. Ce lo dice la signora, senza mezze parole. Fu una manata. Che ci è costata poco poco Mexico ’70, aggiungo. Pietro mi guarda tra il dolce e il severo. “Non c’ero solo io nel ‘68”.
Gli faccio presente che avrei una domanda. Due sono gli argomenti principe dei forum juventini di calcio quando l’argomento è il calcio. Chi sia stato più forte tra Platini e Maradona e io sto con Platini. Curiosamente non mi contraddice. Quindi se la migliore Juve sia stata quella di Trapattoni o quella di Lippi. Faccio il tifo per la Juve nella quale lui ha giocato e confesso senza riserve che Zoff, Anastasi e Bettega me li porterò per sempre nell’anima dentro un angolo speciale.
Ricordiamo il primato delle tre Coppa Uefa e puntualizza che nel ’77, anche se lui non c’era più, vinsero con una compagine intera di italiani. Non ce n’era bisogno, ma è bellissimo sentirglielo dire.
Aggiungo che la terza fu vinta con la finale con il maggiore scarto di reti.
Giuseppe ricorda le finali perse di CL della Juve lippiana. Ci ricordiamo della finale del ’73. Quale Juve è stata più forte? Pietro: “Noi la Coppa dei Campioni non l’abbiamo vinta”. E’ la seconda volta che mi spiazza.
Nei suoi occhi scuri c’è dentro tutta l’essenza della Juve. Non è quello che hai vinto, ma quello che ci sarebbe stato ancora da vincere. Anche se ammette che ogni grande ciclo deve confrontarsi con quel tanto di sorte, quel capriccio della fortuna. Coraggio, mi dico. Se sono arrivata a Platini, facciamo pure Boniperti.
Com’era Boniperti? Nessuno dei presenti ne ha tanti di anni da averlo visto giocare, magari con Charles e Sivori, se non in videocassetta, ma Pietro ci racconta di come fosse un grande dirigente e amasse concludere tutti i contratti con tutti i giocatori in un solo giorno.
Mentre la moglie non perde l’occasione per dirci com’è sbocciato l’amore tra la Juve e il nostro Pelè Bianco, secondo la scritta che campeggiava sempre al Comunale durante quegli anni.
Pietro si ricorda preciso preciso la posizione dello striscione. E ha piacere di sentirci ripetere che è ancora la nostra Stella del Sud, poi diventata anche Treno nelle frasi sugli spalti.
Però, osserva la signora, Pelé Bianco non gli stava bene, considerata la facilità di abbronzatura della sua pelle bruna, così meridionale. Di un ragazzo del sud che aveva fatto innamorare la Signora del calcio italiano colpendola al cuore con una tripletta ai tempi in cui giocava ancora nel Varese, al quale lo strappò l’avvocato in extremis soffiandolo all’Inter. Di Varese è questa signora che da 41 anni accompagna Pietro come fosse il primo giorno. Non come una velina, sottolinea qualcuno. Anche se è ancora bella come un velina.
Ormai ho preso fiato. Gli chiedo di Conte. Gli piace e mi rassicura. Non sarà un altro di quelli che abbiamo già avuto. Che non sono da Juve. Come non sono stati da Juve molti giocatori in questi ultimi anni.
Gli chiedo perché la Juve si smonta finita la pausa invernale. Allarga le braccia. Si capisce che “si addanna” a vedere certi calciatori indossare la maglia della Juve con superficialità e scarsa consapevolezza del suo valore.
Tanto che gli propongo un gioco. Facciamo la lavagna dei buoni e dei cattivi. Chi dovrebbe restare e chi andare via. Ahia il responso: prova di appello di solo un anno e solo per pochi.
Come distribuire le colpe? Gli chiedo. A ciascuno la sua, mi risponde. Società, mai abbastanza forte, allenatore, calciatori. Sì, che andiamo d’accordo.
Arriviamo all’Avvocato. Aveva davvero tutto il carisma del quale si favoleggia? Anastasi discute pacato. E’ un uomo di poche parole. Quasi sembra timido. Ma la sua voce si anima e anche i suoi gesti. Come se lo avesse ancora davanti, ci dice che era bello stare ad ascoltarlo. Parlava e aveva tutte le parole giuste, che non ti saresti stancato di sentirle nemmeno dopo tre ore.
Avrei ancora una domanda: non ci sarebbe un posto per Anastasi tra i dirigenti della Juve? Sorride. Interviene la moglie: “Non credo proprio, dice sempre quello che pensa…”.
A me piace così. Un concentrato di umiltà, consapevolezza, misura. Perché che sei un grande gli altri già lo sanno. Che sei da Juve non devi smettere mai di dimostrarlo.
Si racconta che Pietro continuasse a chiedere i risultati della Juve durante le partite anche nell’ultimo periodo della sua carriera, quando non vestiva più la maglia bianconera.
Come ha detto Zidane, quando sei della Juve lo sei per sempre. La Juve, in fondo, è un grande amore.
Ce ne fossero di grandi come Anastasi. Con il suo istinto, con la sua serena responsabilità, con la sua voglia di essere da Juve. Sempre.

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