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Sabato 14.09.2024 ore 18.00
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Il Fatto di N. REDAZIONE del 13/07/2012 09:40:46
1998 - Juve, è la resa dei conti

 

Un lippi vendicatore nel giorno della festa.
Esplode la rabbia del tecnico mentre l'Avvocato si gode una "vittoria sofferta" e persino Moggi si lascia andare alla commozione


11 maggio 1998 L'Unità a firma di Michele Ruggiero

TORINO. La parola «merda» arriva con fragore liberatorio, come pronunciata ad un cenacolo di amici.
Invece, Marcello Lippi la scaglia davanti a cinquantamila spettatori come fosse un anatema con cui colpire
nemici veri e presunti. Non è la stessa cosa. Strano che l’uomo, il tecnico, smarrisca nella circostanza il suo abituale senso di responsabilità. Forse è colpa di una rabbia che ha tracimato anche le sponde della
prudenza,di una rabbia che esplode anche negli spogliatoi se Lippi conferma: «Ci hanno tirato addosso tanta merda ingiustamente. Capisco scaricarla addosso al Palazzo, alle istituzioni, ma non si può infangare una squadra per quello che ha saputo fare in quattro anni».
Sì, il venticinquesimo scudetto della Signora è un palco in mezzo al campo dal quale Marcello Lippi si libera dei veleni, delle scorie accumulate in settimane di silenzi imbarazzati e tensioni soffocate. Il palco è punto rettangolare mangiato con gli occhi da centinaia di teenagers che dal terzo anello improvvisano gridolini come ad un concerto di Eros Ramazzotti o davanti all’immagine del Di Caprio nell’agonia del Titanic.Una scenografia «usa e getta» che nulla sa ed odora di calcio, un«pret-a-porter» mediatico e mediato dallo scrosciare scomposto di Idris e dagli squittii in salsa televisiva di Federica Panicucci, mentre in perfetto stile anni Sessanta Red Ronnie spiega agli ultrà del Delle Alpi, che premono contro le reti dei cancelli, che vorrebbe ritornare alla più genuina delle invasioni, che tutto è così «sperimentale», in nome di un accordo preventivo tra società e Questura che ha negato l’orda e l’onda dei tifosi.
Lo spettacolo del 25 scudetto è soprattutto moderno voyeurismo. Una colata di immagini a pagamento e con i cartelloni degli sponsor ben in vista come vuole la legge del marketing che insegna l’amministratore delegato della Signora, Antonio Giraudo. Scravattato e sudato Giraudo è la quintessenza dell’esuberanza per un giorno, abbraccia chiunque incontri, in un girotondo continuo che affratella democraticamente in un pomeriggio di maggio dipendenti di serie A e semplici commessi della Signora. Ed è inutile cercare traccia di Juventus-Bologna. Tutto è annegato nella gioia dell’ultimo minuto con i fotografi, che assediano la panchina di Lippi, bloccati dal capoufficio stampa della Juve che fa argine con il suo segaligno corpo. L’ultima a Torino è una selezione di parole dei calciatori che l’altoparlante distilla come merce rara. Potenza del silenzio stampa che rende preziose anche le vacuità.
Il successo bianconero è un’altalena di emozioni arpionata da Kolyvanov e dal goal di Ronaldo,rilanciata
dal pareggio di Inzaghi e dal beffardo ghigno dell’ex codino, fino al finale bisbetico e domato da Superpippo, mentre sull’Inter cadeva la mannaia di Ventola e Masinga. Juventus-Bologna è un pezzo della sofferenza dell’Avvocato che cerca l’aforisma con cui impalmare lo scudetto. Dice: «Non dovevamo farci pareggiare, però grazie alla sofferenza la vittoria è stata ancora più bella». La dedica dell’Avvocato è un ritorno al passato e uno sguardo alle ambizioni future: «Uno scudetto in memoria di mio padre Edoardo con
la speranza di arrivare a quota trenta prima che gli altri arrivino a venti».
La festa bianconera è davvero un ciak di sequenze schizofreniche, di primi piani che non ti aspetti. La
maschera di Moggi, più levigata del solito, fissa l’obiettivo della telecamera cercando il giusto velo dell’emozione e ci scappa anche la lacrima. Cosa davvero insolita per il direttore generale della Signora. Ma il bombardamento delle ultime settimane gli ha sverniciato la corazza.
Ai microfoni è un sussurro che indugia visibilmente commosso sulle parole dell’Avvocato: «attraverso Moggi volevano colpire altri» . Una frase che Moggi ha incassato come un attestato non banale di stima.
Una stima che,al contrario,Marcello Lippi ha cancellato di altri. Sono quelli verso cui il tecnico della Juventus prepara la resa dei conti. Chi? «Qualcuno che di frasi sbagliate ne ha dette in molte occasioni».
Per i nomi e cognomi, bisognerà aspettare dopo il 20 maggio. Fino a quella data la Juve avrà solo un obbligo, dice il suo capo, «pensare al Real».

La Redazione ringrazia Bociaale per averci fornito l'articolo
 
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