La storia di questo campionato, il terzo dell’era “New Holland- Fiat Group”, narra di uno scambio interessante di sms tra Mughini e Cobolli Gigli.
La società annuncia l’esonero di Ranieri e Giampiero scrive risentito: “Non sono d’accordo”. Il messaggio arriva sonoro e puntuale sul telefonino di Cobolli, deflagrante come una cannonata. Ecco che Gigli risponde in un batter d’occhio: “Ho visto il quarto posto disegnato in faccia ai giocatori. Dovevamo farlo”.
Domanda d’obbligo: noi tifosi bianconeri, cosa possiamo vedere disegnato sulla faccia del dirigente in questione, da tre anni a questa parte?
Credo di poter rispondere con certezza che in quello sguardo perso possiamo avvistare insicurezza ed incredulità, di fronte al fatto di occupare un posto che non gli compete.
Cobolli Gigli trattasi sicuramente, tanto di cappello, di un ottimo manager per grandi gruppi aziendali, ma le società di calcio sono ben altra cosa, realtà dure dove occorrono competenza, cattiveria ed arguzia. Ma, soprattutto, competenza pallonara, anello principale mancante nella persona di Cobolli e dei suoi soci Blanc e Secco.
L’esonero di Ranieri è il pezzo pregiato, la “Gioconda”, di un ricco museo degli errori che abbiamo il piacere di ammirare da tre anni a questa parte.
Tolgo ogni dubbio confermando che sarei stato favorevole all’esonero del mister romano in ottobre, esattamente dopo la partita Juve- Palermo. Già in quella circostanza il buon Claudio dimostrò di aver perso il controllo della squadra e di aver smarrito per sempre la leadership sui giocatori, ammesso che l’avesse mai avuta. In quel frangente, però, avvenne il miracolo. La squadra si compattò, inanellando una serie positiva di partite, che illusero tutti i tifosi zebrati. Si trattava di uno strano fuoco di paglia confermato dalla delusione degli ultimi due mesi, in cui la squadra non è più riuscita a vincere, rischiando addirittura di finire ai preliminari di Champions. Meno male che la Juve si è imbattuta in un Siena con la mente alle vacanze e con i suoi tifosi già assolutamente frementi per il prossimo Palio del 2 luglio.
Ed ecco che arriviamo dritti alla sorgente da cui nasce il grande errore della nuova Triade: aver assunto Ranieri, credere in un uomo dai saldi principi, ma modesto tecnicamente e soprattutto carente di personalità.
Un domatore senza frusta rischia sempre di essere azzannato dai suoi leoni. E così è stato. Al secondo tentativo “il re della savana” Del Piero, spalleggiato da altri maestosi felini, che rispondono al nome di Camoranesi e Trezeguet, hanno sbranato il povero domatore che si era presentato armato soltanto di canottiera e stivali. Tutto questo è giusto? Non lo so. Certo è che gli ammutinamenti esistono dai tempi del “Bounty”.
Voglio salutare il Mister con affetto, perché Ranieri ha fatto il suo dovere fino in fondo, combattendo contro la sfortuna, ricca d’infortuni decisivi e di torti arbitrali clamorosi, e contro una dirigenza juventina assente su tutti fronti, pur essendo visibilissimi in lui dei limiti tecnici evidenti.
Come nella vita e nel mondo del lavoro ha pagato il meno colpevole, il mozzo della nave, dalla quale, mentre stava affondando, sono saltati sulla scialuppa di salvataggio i suoi tre comandanti, Cobolli, Blanc e Secco, lasciando che il povero Ranieri andasse a picco in solitudine insieme al vascello.
Il tutto seguito dall’armatore John, che osservava da terra con un potente binocolo.
Mi vengono in mente le parole di Lapo: “Chi ha esonerato Ranieri a due giornate dalla fine dovrà assumersi le sue responsabilità”.
Parole sante. Con l’esonero del Mister romano la Juve ha avuto una caduta di stile senza precedenti, meritandosi il soprannome di “Inter degli anni 2000”.
No, caro armatore John, non possiamo diventare i nuovi nerazzurri, la barzelletta che per anni è stata protagonista all’interno di bar e circoli colmi di tifosi. Quindi, ti preghiamo, prendi il tuo potente binocolo e tornatene a scrutare i vasti orizzonti americani.
E se l’unica strada percorribile si chiama Elkahn, allora ben venga Lapo, sperando che il suo estro, la sua incoscienza, il suo coraggio, il suo particolare carisma, portino alla resurrezione della Juve, la squadra di tredici milioni di tifosi, nata su una panchina ombreggiata di Torino, che ha dato lustro allo sport più bello del mondo.
Come ha resuscitato la “vecchia 500” speriamo faccia altrettanto con quella parola, Juve, che da molti bambini è la seconda che viene pronunciata dopo quella di “mamma”.
Approfitto per baciare mia figlia che due anni fa voleva chiamare la sua amata cockerina “Ibra”, credendo che giocasse ancora nella Juve. Purtroppo non più, mia dolce Giorgia.
Quindi, questa squadra, questa società ha il dovere ed il diritto di ritornare grande.
Ben vengano, allora, i vari Ferrara o Conte, gente con il cuore bianconero, carica di stimoli e fame esagerata.
La storia insegna che è la Juve a far nascere i grandi allenatori, vedi Trapattoni e Lippi, con l’unica eccezione che conferma la regola in Capello, arrivato sotto la Mole da grandissimo.
A voi giovani condottieri il compito di farci tornare a sognare, allontanando per sempre l’incubo che ci perseguita da quella maledetta estate del 2006, quando mezza Italia esultava per la conquista della Coppa del Mondo e l’altra metà piangeva, consapevole del massacro che stava arrivando.
Concludo con un’ipotetica intervista di un giornalista a Mourinho.
“Scusi Mister, cosa ne pensa della Juve?”
“ Zeru stile”.
“ ..e della sua dirigenza?”
“ Zeru competenza”
“..e degli acquisti, fortissimamente voluti da lei, Muntari, Mancini e Quaresma?”
“ Zeru resa”
“…e del gioco dell’Inter in questo campionato?”
“ Zeru gioco”
“..e dei clamorosi favori arbitrali?”
“ Almeno 15 o 16 a nostro favore, tutti decisivi”
“ …e dei precedenti scudetti dell’Inter?”
“ Uno vinto alla scrivania, uno perché l’Inter correva da solo, uno vinto a cinque minuti dalla fine, grazie ad Ibra”
“ Moratti gli ha fatto il ritocchino sul suo contratto, a quanto ammonta di preciso?”
“ Di preciso non lo so…ci sono molti Zeru sul nuovo assegno”
“ Grazie Special One”
“ Già terminata l’intervista?”
“ Si, prima che chiuda devo correre dal benzinaio a mettere benzina, voglio contribuire anch’io per il suo stipendio”.
W l’Italia.
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