Nei giorni immediatamente successivi all’attentato alle Twin Towers, tra le mille e mille leggende circolate, ce n’era una secondo cui, utilizzando il Font Webdings e battendo sulla tastiera una serie di numeri e lettere che avrebbero dovuto rappresentare il codice alfanumerico di uno dei due aerei utilizzati, sarebbero apparsi sul vostro schermo le immagini di un aereo che si schianta contro i due grattacieli, un teschio e la stella di Davide. Il messaggio –chiarissimo- sarebbe stato “Morte a Israele” e l’indicazione del metodo utilizzato dai terroristi.
Poi, ragionandoci a mente fredda, si scopre che:
- lettere e numeri utilizzati non hanno alcun riferimento con i codici alfanumerici,
- I Font di Windows sono vecchi come il cucco. Cosa vogliamo dire, che Webdings l’abbia codificato Bin Laden alle scuole elementari e che già allora gli girasse in testa l’insano progetto?
- i due grattacieli sono in realtà due fogli dattiloscritti,
- soprattutto, battendo alcuni altri tasti, a me sono apparse una casetta, il disegno di una persona che nuota ed una tromba. Non per questo credo –purtroppo- che tra poco arrivi a casa mia Federica Pellegrini per… beh, l’avete capito.
Il concetto è quello. Certe volte alcuni avvenimenti capitano in maniera veloce. Frenetica. Nell’era di internet e dei telefonini quello che due minuti fa era la verità, la notizia, ora è già cambiato, superato, obsoleto. E il nostro cervello tenta disperatamente di tenere il passo. Con tutto ciò che comporta.
Invece, spesso, si dovrebbe lasciare che la ragione riprenda il controllo sulla passione, che si ricominci a guardare le cose con cognizione di causa.
Davanti agli occhi di noi tutti abbiamo, ad esempio, i due “casi della settimana” che, per diversi motivi, coinvolgono alcuni dei campioni che abbiamo amato di più durante le loro carriere in bianconero.
Pavel l’inossidabile. Leggo gli articoli dei giornali di oggi e mi immagino il “signor” Raiola impegnato a cercare di catturare il nostro amato Pavel sulla via di casa e costringerlo, armata manu, a firmare un contratto con la Lazio, il Real, il Gombo Osaka, l’Al-Riyhad o che ne so io.
A parte che per molto meno la Gea si è beccata un’accusa di “Violenza Privata” nei confronti di Boudianski e Nigmatullin, spero proprio, per tutto l’affetto che ho per Pavel, che il nostro campione non ascolti le sirene e –come ha preannunciato- chiuda qui la sua carriera da giocatore.
Molti amici, invece, avrebbero voluto vederlo continuare a vestire la gloriosa maglia numero 11. Per un anno ancora. E poi magari un altro. E un altro ancora.
E c’è chi si strappa le vesti gridando alla società “…a Nedved non avete ritoccato il contratto e intanto pagate fior di soldoni Tiago e Poulsen!!”. Per carità, per il rendimento che danno, Tiago e Poulsen dovrebbero prendere quanto un bracciante agricolo a giornata e –anzi- invitati a intraprendere questa carriera alternativa, ma per Pavel non sono d’accordo.
No, amici.
Perché se davvero gli vogliamo bene, quella di fermarsi è stata davvero la scelta giusta per Pavel.
Fermarsi quando il fisico ti permette ancora partite maiuscole come quella contro la Lazio.
E non diventare la caricatura di se stesso, appannato dagli anni e appesantito da una maglia che dà onore, ma anche – e soprattutto- responsabilità.
Perché quando ti chiami Pavel Nedved la gente non si accontenta della “giocata ad effetto” ogni tanto. La gente da te vuole novanta minuti da leone, giocati con il sangue agli occhi, sia che si tratti della Finale dei Mondiali, sia che si tratti dell’amichevole con il Dopolavoro Ferroviario.
Ma se di questo al “signor” Raiola gliene può importare poco (dopotutto lui è –concettualmente- un piazzista porta a porta e Pavel il suo elettrodomestico di successo), beh, di questo deve importare a noi che diciamo di amarlo.
Ovviamente questa mia riflessione non vuole essere un elogio alla dirigenza per non essere cascata nel tranello di Raiola: il fatto che negli stessi giorni abbiano riportato a casa Cannavaro dimostra anzi una volta di più che il loro procedere è –ahimé- simile a quello di un ubriaco lungo il marciapiede; solo la fortuna gli fa evitare i lampioni che incontra sul suo cammino, ed allo stesso modo i nostri “condottieri” a volte evitano gli ostacoli, a volte ci sbattono il naso.
Grazie Pavel. 327 volte grazie. E se davvero resterai a Torino, sarà bello incontrarti per caso sotto i portici di Via Roma con i tuoi due bambini, o vedere in un mattino di nebbia un caschetto biondo che corre per tenersi in forma sulle strade della Collina.
Grazie di tutto.
Patenti di Juventinità. In questi giorni non si è ancora sciolta la questione del nuovo allenatore.
Ogni giorno salta fuori un nome nuovo, e ogni nome nuovo va immediatamente in “pole position”: Conte, Vialli, Spalletti, Ferrara, Allegri, Oronzo Canà...
Purtroppo sappiamo bene che, pur di riempire le pagine, qualche giornalista sarebbe anche disposto ad inventarsi che il nuovo mister sarà Nils Liedholm o Nereo Rocco e che darà i suoi input alla squadra durante apposite sedute spiritiche, per cui non bisogna stupirsi di nulla.
Quello che invece mi lascia perplesso è l’atteggiamento di alcuni che giudicano migliore o peggiore un candidato non già per le sue teorie calcistiche, per l’esperienza o per il carisma, ma per la sua “Juventinità”.
Conte va bene perché è Juventino dentro.
Spalletti no perché arriva dalla Roma.
Tizio una volta ha detto che tifava Milan;
Caio è meglio di Sempronio perché ha giocato 3 partite con la Primavera della Juve nel ’31 – ’32.
Non mi sembra che questa sia la via corretta da seguire.
Un allenatore è un tecnico che lavora per una società.
Né più né meno.
Molti nel Forum rimpiangono, ad esempio, le capacità Gestionali di Giraudo.
Beh, “per quelli che si fossero messi in contatto soltanto ora”, ricordiamo che Giraudo non ha mai nascosto la propria fede granata. No, dico, non parliamo di un tifoso del Livorno, della Reggiana o della Reggina, parliamo proprio dei cugini-bovini!
Eppure ha gestito la Juve alla grande.
Io, personalmente, non voglio un allenatore “juventino”.
Voglio un allenatore con le palle!
Se poi è anche Juventino, beh, tanto meglio. Gioirà un pò di più per i suoi e nostri successi.
Al di là degli schemi e delle teorie, io ho sempre sognato un mister alla Carletto Mazzone o alla Serse Cosmi.
Un duro stile Clint Eastwood nei panni di Gunny Highway, uno che “se sbaja er cross je spezzo la gamba”.
Anche qui, invece, dobbiamo purtroppo assistere al solito incedere da avvezzo etilista della nostra dirigenza, che con questa manfrina ha già provocato una prima crepa (piccola, ma pur sempre crepa) nella credibilità del prossimo allenatore della Juventus, chiunque lui sia; infatti quando verrà nominato, dopo tutta questa lotteria di nomi, il concetto sarà molto simile a: “guarda, son partito dalla Isoardi e poi son andato a scendere, la Clerici, Anna Moroni... quando alla fine mi han dato buca pure la Mazzamauro e la figlia di Fantozzi, allora rimanevi solo tu!”.
Per carità, non sarà così tragica, la cosa, ma un conto è sentirsi scelto per allenare una squadra, un conto è essere messo lì perché tutti quelli in fila prima di te han rifiutato l’offerta.
Io, così per dirne una, non sono così contrario a Ferrara.
E’ un tipo con le palle, anche se siamo abituati a vederlo mangiare i suoi budini alla vaniglia alla TV o a stendere le pizze, per chi è andato nel suo locale qui a Torino.
Ha giocato con tutti i “senatori”, per cui dovrebbe essere al riparo da imboscate nello spogliatoio come è avvenuto a Ranieri, se non altro per cameratismo.
E’ uno dei giocatori che, nel loro ruolo, hanno fatto la storia del calcio, e pertanto gode di un certo carisma nei confronti dei giovani.
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