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Attualità di F. FILIPPIN del 16/01/2013 15:00:18
Fontana/Conte: immaginazione e mancanze

 

Lodo TNAS su Alberto Fontana: quando la Giustizia si ricorda di essere tale

Sono state rese note le motivazioni con cui il TNAS ha accolto il ricorso di Alberto Fontana, che, nell'ambito di una delle tante costole dello scandalo calcioscommesse, era stato condannato a tre anni e mezzo di squalifica, sia in primo grado che in secondo.

La vicenda, la ricordiamo, è quella relativa alla presunta combine dell'incontro di Coppa Italia Chievo – Novara del 30.11.2010, conclusosi per 3 a zero, e di cui, secondo la Procura Federale (e la Commissione Disciplinare e la Corte di giustizia Federale che avevano accolto la sua tesi), sarebbe stato uno dei protagonisti.
La lettura è illuminante, non tanto per l'episodio in sé (di fatto uno dei tanti di cui abbiamo sentito parlare e di cui abbiamo, purtroppo, ormai fatto l'abitudine), ma per la chiarezza dei principi espressi, validi (o che avrebbero dovuto valere) in ogni procedimento sportivo e sui quali, a nostro modesto avviso, sempre più spesso si è sorvolato.

Nella prima parte delle motivazioni viene ribadita la necessaria autonomia della Giustizia sportiva da quella ordinaria, in particolare da quella penale, in virtù “dei corollari di celerità, economicità ed efficienza” che devono, in contrapposizione con la palese lentezza dei procedimenti penali, caratterizzare quelli disciplinari.
Sulla base di ciò, mentre il processo penale può concludersi con una condanna solo quando vi sia “certezza processuale della responsabilità dell'imputato”, per il procedimento sportivo, di contro, il grado di prova richiesto deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all'esclusione di ogni ragionevole dubbio”.
Tanto significa, anche, la non automatica applicabilità al procedimento sportivo delle regole in merito all'inutilizzabilità e alla valutazione delle dichiarazione rese da coimputati e alla non utilizzabilità delle testimonianze indirette, relative a fatti di cui non si è avuto conoscenza diretta, ma riferite ad altre persone.

Se questi principi sembrano, a prima vista, giustificare una maggior libertà da parte dell'accusa e una minor tutela degli imputati, la seconda parte della motivazione ristabilisce subito il corretto ordine delle cose.
“Il regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova esso deve comunque e sempre essere ispirato a criteri ( se non di certezza oltre ragionevole dubbio o di rigoroso rispetto di precise fasi e modalità di formazione ed acquisizione) almeno di ragionevolezza, plausibilità e verisimiglianza, oggettività, specificità, non apoditticità e riscontrabilità.”

Ed è proprio in questo che le sentenza di condanna di Fontana si sono dimostrate assolutamente carenti, tanto da giustificare l'accoglimento del ricorso, con una dura presa di posizione del TNAS nei confronti delle risultanze dei precedenti gradi di giudizio.
Leggiamo, ancora, con riferimento all'accusatore di Fontana, Gervasoni: “un ulteriore elemento di inattendibilità intrinseca della dichiarazione di Gervasoni, personaggio di spicco della vicenda del calcio scommesse e per questo ( a differenza di Fontana ) perseguito dalla Giustizia penale, come tale privo di qualsiasi spessore morale e non meritevole di credito in quanto tale. Insomma, un personaggio per il quale non doveva costituire un grave problema di coscienza “ mettere in mezzo “ un innocente pur di conseguire un utile personale.”
“Non è dato capire ( né è stato fatto capire al Collegio) come una dichiarazione di un soggetto già imputato per una serie corposa di altri e diversi accordi fraudolenti
per alterare l’andamento di un numero considerevole di partite, già ampiamente ammessi con altre ripetute precedenti dichiarazioni ( perciò già ampiamente autoaccusatorie ) possa considerarsi, per tale solo fatto, credibile ed attendibile, addirittura più di un semplice testimone terzo.”


Ci torna immediatamente alla mente la vicenda Conte e la figura del suo unico accusatore Carobbio.
“Risponde invece a fatto notorio che proprio perché già colpito da una serie significativa di addebiti lo stesso soggetto tendesse ad alleggerire la propria posizione, mostrandosi collaborativo con le autorità inquirenti e decidenti, come segno di un ravvedimento tangibile per rendere credibile il quale non ci si fa scrupolo di coinvolgere anche soggetti estranei, ignari ed innocenti. Ciò avrebbe imposto un serio riscontro alle dichiarazioni del Gervasoni, nella specie, come detto, inspiegabilmente mancante ma, anzi, doveroso”.

Le conclusioni sono, pertanto, dovute: “Il predetto lodo, richiamando la consolidata giurisprudenza della stessa Corte federale – per la quale, quando non emerge un quadro definito sufficientemente di riscontro in ordine alle dichiarazioni di incolpazione, il prevenuto va prosciolto – e pur ribadendo il già ricordato arresto della giurisprudenza sportiva, secondo cui per ritenere la responsabilità del soggetto incolpato non sia necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, è comunque necessario acquisire, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito”

Evidente la stroncatura dell'operato dei Giudici precedenti e della Procura, che, secondo noi, va ben al di là del singolo caso specifico.
La valutazione di (inesistenti ) “ prove” non è avvenuta nell’ambito di un rigoroso processo logico – deduttivo, ma sulla base di una non difficoltà di immaginazione”.

Tutte cose pienamente condivisibili, che avremmo però voluto leggere (anche) nelle motivazioni di un altro lodo e che, invece, pur in presenza di situazioni simili o comunque assimilabili, non sono state fatte proprie dall'allora Collegio Giudicante.
Quello che emerge, ancora, comunque, è l'identico ed immutabile modo di procedere della Procura Federale, e, incredibilmente e in maniera quasi acritica, degli organi preposti a giudicare, che ha portato ai ben noti risultati, del tutto inaccettabili, anche volendo considerare la peculiarità dell'ordinamento sportivo.
C'è da augurarsi che il lodo in questione possa essere preso ad esempio per una revisione, se non piena riforma, delle norme procedurali in materia di processi sportivi, ma anche per la loro corretta applicazione, nel senso indicato dal TNAS.
Temiamo, però, che non essendo certo Alberto Fontana un personaggio di spicco, dal punto di vista mediatico, tutto finirà nel dimenticatoio, e che la sua assoluzione, dopo due condanne del tutto ingiuste, non verrà neppure presa in considerazione.

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