« Questa è la situazione e tutti sono d’accordo con noi. Anche voi della RAI » (a buon intenditor…). Queste le parole che Flavio Briatore, esponente di spicco della FOTA (Formula One Teams Association), ha consegnato al povero Ettore Giovannelli.
Povero lui, poveri i suoi colleghi della RAI e poveri tutti quelli che non sanno o non vogliono mettersi contro i team di Formula 1 ribellatisi alla FIA.
Oggi i cronisti RAI hanno persino sostenuto che le Ferrari non venivano inquadrate per una forma ritorsione di Ecclestone (un altro capo-cupola?). I maliziosi inviati italiani non hanno però riferito che le rosse giravano lontano dallo spettacolo e non hanno evidenziato che l’attenzione della regia in quel momento era per Mc Laren e Renault, le altre due principali scuderie ribelli! L’onestà è arrivata anche in cabina di commento.
La querelle la conosciamo tutti, inutile ripercorrerla qui.
Le grandi case partecipanti al mondiale stanno già organizzando un campionato in proprio, hanno già deciso di non scendere a patti con la Federazione. Una cosa però che tutti dimenticano e che nessuno di quei poveracci di cui sopra sottolinea a dovere, è che le scuderie un patto per i prossimi mondiali già ce l’hanno. Non con la FIA di Max Mosley, ma con la FOA di Bernie Ecclestone, un cliente molto più scomodo (ha già mandato a dire a Montezemolo che li porta tutti in tribunale). Le scuderie hanno un impegno contrattuale che li vincola a partecipare al mondiale fino al 2012.
I grandi team dovrebbero ricordare il vecchio adagio latino “pacta sun servanda” e se non li rispetti, ne paghi le conseguenze.
Se i costruttori si fossero rivolti ai tribunali sportivi e ordinari, avrebbero potuto sostenere con più forza di avere ragione. Anche di fronte all’opinione pubblica (ma per quella bastano i pennivendoli di regime). Invece i vari Montezemolo, Briatore, Haug ecc. (Fiat/Ferrari, Renault e Mercedes), vogliono far valere solo una posizione di fatto: essendo i team principali della Formula 1, quelli che hanno fatto la storia di questo sport e quelli che ci mettono più soldi, vogliono imporre i loro diktat.
In ballo non ci sono quindi questioni di principio. Le grandi case automobilistiche, che tagliano posti di lavoro nelle fabbriche in giro per il mondo per la perdurante crisi economica, asseriscono non si possono limitare i fondi per la ricerca e lo sviluppo. « Abbiamo delle responsabilità verso i nostri dipendenti. Dobbiamo salvaguardare la nostra gente » (Briatore).
Intanto però le innovazioni tecniche sviluppate in Formula 1 impiegano anni per arrivare sulle nostre automobili…
In realtà lo scontro di queste settimane non è altro che il capitolo finale di divergenze che si trascinano da anni. L’oggetto del contendere è la spartizione degli introiti del circus della Formula 1. I team, e non da ora, sostengono che Ecclestone ci guadagna troppo e la loro fetta di torta deve essere più grande.
Qui si tratta né più né meno di appropriarsi del giocattolo. L’aspetto sportivo c’entra poco e nulla. I grandi gruppi industriali ritengono di essere gli insostituibili artefici della Formula 1 e non vogliono più sottostare ad un soggetto terzo. Punto e basta.
Quando nel calcio il “fu G14” abbozzò quello che in pratica stanno facendo Monty e i suoi compari, anche per i troppo disparati interessi di parte e per la mirata campagna di stampa, si fece in modo e maniera per far recedere i Grandi club dai loro propositi. Alla fine il G14, grazie all’ottimo lavorio di Platini, si è sciolto e tutti (compresi i media paladini della salvaguardia dello sport sul denaro) hanno tirato un sospiro di sollievo.
Oggi lo sport delle quattro ruote deve subire un gruppo di poteri che è allergico alle regole del gioco.
A questa associazione di (pre)potenti del motore, capitanata da Montezemolo, nessuno osa muovere le critiche del caso. Perché si sa, “sono tutti d’accordo con loro”. I media si sono già schierati, gli sponsor sono pronti a seguire le scuderie che assicurano maggior visibilità rispetto alla Federazione e i piloti sanno bene dove prenderebbero gli ingaggi più alti.
A ogni disciplina la sua “Associazione”, ovvio sta ai media qualificarne la moralità. Viva lo sport!
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