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Farsopoli di G. FIORITO del 10/06/2013 08:25:43
‘Un giorno in pretura’. Calciopoli reloading…

 

Commento alla trasmissione “Un giorno in pretura”, andata in onda l' 08/06/2013. Parte I

Non capita spesso di avere l’occasione di poter riconsiderare qualcosa con il senno di poi, semplicemente perché come recita il proverbio ne sono piene le fosse. Perciò la messa in onda delle tre puntate di “Un giorno in pretura” che Rai3 ha iniziato la sera di sabato 8 giugno potrebbe avere un effetto positivo sul processo di calciopoli, che il 24 maggio ha visto rimandare al 3 luglio le udienze dell’appello.
In tale prospettiva chi ha avuto la possibilità di guardare la prima puntata dedicata al presunto sistema Moggi e chi vorrà dedicare un paio d’ore alla sua visione registrata credo debba rivalutarne il materiale anzitutto sulla base del confronto con le deposizioni complete rese a Napoli dai testimoni, ovviamente sottoposte a tagli da parte della redazione di Rai3 per questioni di tempo, ma che potrebbero anche in buona fede alterarne il senso. E tenere in considerazione alcune riflessioni.

Il viaggio nel passato del processo di calciopoli avviene a sentenza di primo grado già emessa, con la condanna di Luciano Moggi al massimo della pena prevista, cioè 5 anni e 4 mesi, benché il reato contestato sia stato ridotto a un pericolo di tentata frode e non a una frode sportiva concretizzata. In seconda istanza è necessario puntare i riflettori sui protagonisti di calciopoli per quanto concerne i testimoni prodotti dall’accusa. Essi non sono stati e non sono sul banco degli imputati, ma oggi come allora, anzi più di allora, non solo dimostrano di essere del tutto privi della qualità immancabile della credibilità, ma sembrano sopperire ad essa con le ragioni di una umanamente comprensibile insoddisfazione e sensazione di inferiorità che agita in loro sentimenti di frustrazione per i fallimenti personali. Ciò che non può essere accettato è che codesti fallimenti essi abbiano riversano con l’aiuto degli inquirenti su Luciano Moggi, che al contrario, insieme con Roberto Bettega e soprattutto Antonio Giraudo aveva conseguito grandi successi alla guida della Juventus e molti ancora avrebbe potuto realizzarne sulle basi di un lavoro svolto in modo professionale.

Come è emerso dal processo per doping amministrativo scaturito da calciopoli che li ha assolti perché il fatto non sussiste, il sistema Moggi era addirittura più “onesto” se raffrontato con l’operato di questi protagonisti che l’accusa ha voluto attori principali del processo, spesso forzandoli a orientarsi a un supposto pentimento che non c’è stato e che ha fatto morire le ragioni stesse dei pm. E’ accaduto con Nucini, con Zeman, con Baldini e con Manfredi Martino, che alla fine hanno rivelato incongruenti e basate sul nulla le loro accuse. E’ accaduto con Dal Cin, che ha smontato le sue dichiarazioni della prima ora a voci di corridoio e chiacchiere. Tutti personaggi che dalla rovina di Moggi e della Juventus avrebbero potuto ritenere di avere qualcosa da guadagnare, anche se i fatti hanno dimostrato persino l’infondatezza di questo desiderio così poco recondito.

Calciopoli è stata definita una farsa. Oltre l’inconsistenza dell’impianto accusatorio, oltre l’inattendibilità dei testimoni, persino gli inquirenti hanno dato prova in troppe occasioni di non essere all’altezza sotto il profilo della competenza e della moralità, forzando le indagini con una selezione delle prove ripetuta e piegandole alle proprie tesi, mentre la legge italiana obbliga a dare lo stesso valore tanto alle prove a carico degli imputati, quanto a quelle che li sollevano dalle accuse.
Non vi è dubbio: un cittadino è innocente fino al terzo grado di giudizio. Ma siccome Luciano Moggi, Antonio Giraudo e la Juventus sono stati ossessivamente dipinti dai giornali come mostri brutti, sporchi e cattivi e come artefici e depositari dell’immoralità e di tutti i mali del calcio e testate nazionali un tempo rispettabili quali La Gazzetta dello Sport in primis, Repubblica, L’Espresso, Il Corriere della Sera ecc. si sono sentite autorizzate alla celebrazione dei processi sulle colonne dei loro giornali piuttosto che a suo tempo nelle aule dei tribunali, trovandosi persino a emettere da lì le sentenze, ritenendo un loro diritto imprescindibile dare priorità alla notizia, anche tagliata e ricucita ad hoc come certe intercettazioni, allora corre l’obbligo di mettere a fuoco qualche altro particolare.

Il pm Narducci, che ha abbandonato prima della sentenza di primo grado il processo di calciopoli, ripiegando su una più proficua carriera di politico da far partire come assessore della giunta napoletana di De Magistris, si è dimesso il 12 giugno 2012, appena un anno dopo. Una scelta già criticata dal presidente Napolitano (link), non solo per essere stato il pm di calciopoli, ma soprattutto un grande accusatore del coordinatore del Pdl della Campania, Nicola Cosentino. Narducci è stato più volte oggetto delle accuse sia di diversi pentiti della camorra, che sono arrivati a dire che un carabiniere comprava droga per suo conto (link)), che di alcuni rappresentanti della sinistra più radicale in merito al lavoro svolto sulle ecomafie e l’uso delle discariche (Link). Di certo la stesura del suo libro su calciopoli ha destato parecchie perplessità, soprattutto all’ex arbitro Dondarini, che lo ha querelato (Link).

Alcuni nodi della giunta De Magistris sono venuti al pettine anche per il colonnello Auricchio, il coordinatore dei Magnifici 12 che condussero l’inchiesta di calciopoli, tra baffi rossi, escursioni senza permessi in Svizzera, intercettazioni brogliacciate un po’ così, intercettazioni di schede svizzere che si potevano fare solo se conveniva, trascrizioni artigianali, computer sequestrati durante le indagini per il processo Telecom a Milano e trasferiti a Roma per ricavarne informazioni da utilizzare arbitrariamente per l’inchiesta di calciopoli, nonostante fossero state reperite illegalmente dalla security guidata da Tavaroli. E ancora registrazioni video sparite, pedinamenti non integrati da intercettazione ambientale, conditi da una certa ignoranza a ricondurre la proprietà di reti televisive al presidente di una nota squadra di calcio e da una certa riluttanza ad ascoltare testimonianze che non erano contro la Juve, come avvenne quando il guardalinee Coppola si presentò spontaneamente per riferire qualcosa e gli fu risposto che l’Inter non interessava.

Il 7 giugno Il Giornale.it, richiamando l’abitudine del colonnello a manipolare le intercettazioni, come era avvenuto a Catanzaro quando a essere messo ingiustamente sott'inchiesta era stato Giuseppe Chiaravalloti e la consuetudine di trovarsi “confidenti” in grado di compiacerlo, come aveva cercato di fare con l’ex DS della Roma Franco Baldini, passato oramai agli annali delle cronache da ribaltatore a ribaltato dopo la nuova fallimentare esperienza presso la società giallorossa, ha riportato una notizia che forse non ha lasciato esattamente di stucco chi in questi anni ha seguito il metodo Auricchio, insegnato persino nelle scuole di investigazione della polizia italiana e proprio da colui che ne detiene il copyright. “I «marinai» di fiducia del sindaco Luigi de Magistris, ovvero il fratello Claudio e il fido carabiniere capo di gabinetto Attilio Auricchio, sono infatti indagati per concorso in turbativa d'asta per quattro presunti appalti pilotati in occasione delle edizioni 2012 e 2013 dell'America's Cup di vela”. (link)

Forti di questo bagaglio antivirus, memori delle registrazioni complete delle udienze di calciopoli, che sono sempre a disposizione di tutti nel web e lo furono per i meriti di radio radicale, rivediamoli così come erano nei momenti in cui poterono dare libero sfogo alle loro frustrazioni.

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