Commento alla trasmissione “Un giorno in pretura”, andata in onda il 15/06/2013. Parte IIIPurtroppo o per fortuna la seconda puntata di “Un giorno in pretura” dedicata a calciopoli ci ha risparmiato il metodo Auricchio, che forse ritroveremo nel corso della terza, quando saranno di scena i sorteggi taroccati e le partite condizionate, piatti forti di calciopoli. In compenso abbiamo potuto godere di una fugace apparizione del maresciallo
Di Laroni, in grado di chiarire soltanto le
discutibili modalità investigative del personaggio e dell’Arma, almeno per quanto ha riguardato le indagini di calciopoli effettuate dai “Magnifici 12”.
Secondo Di Laroni, la questione delle schede svizzere sarebbe stata originata da alcuni riferimenti che gli imputati, intercettati, facevano a una rete di contatti telefonici che avrebbero avuto su utenze straniere.
E’ così che quando si palesa l’intercettazione partita alle h 1:04 di notte del 2 febbraio 2005 dal telefono di Bergamo a quello di Moggi si scopre la presunta esistenza di tutto un mondo nuovo intorno a calciopoli, purtroppo
rimasto nascosto dentro le sim svizzere delle quali non si è potuto conoscere il contenuto, perché giudicate non intercettabili dagli inquirenti. Nonostante l’intercettazione appena menzionata sia la famosa grigliata destinata a incastrare Moggi, la madre di tutte le intercettazioni, naturalmente intercettata.
Intorno a questo ramo di calciopoli molte inesattezze sono state dette.
La trasmissione non è servita a fare nessuna chiarezza, evitando del tutto di scendere nei particolari, sebbene il perno dell’accusa di calciopoli sia costituito ancora oggi dalle intercettazioni che non ci sono.
Cosa si è visto in tv? Per quanto la ricostruzione sia risultata semplificata e incompleta, a tratti è riuscita a ridicolizzare calciopoli, forse solo perché le accuse sono spesso come il burro che si lascia tagliare da una lama che appena lo sfiori.
Il testimone è
Teodosio De Cillis. Un dipendente della Juve di nome
Bertolini andava a comprare le schede nel negozio di suo padre e siccome Moggi le voleva non intestate e per legge dovevano esserlo, finivano a nome del genitore, titolare dell’esercizio commerciale.
Più volte è stato detto che Moggi distribuiva le schede svizzere con poca cautela e addirittura le comprava a spese della società bianconera, per togliere l’alone di mistero che gli inquirenti hanno fatto gravare su questi misteriosi contatti, derivati da ancora più misteriose indagini.
Ciò che si evince bene dalla deposizione di De Cillis e dalla trasmissione è che
il suo negozio era meta ambita di molti esponenti del mondo del calcio, suoi clienti assidui, tra i quali persino il dirigente interista Mario Branca e il fratello di Massimo Moratti.
Ancora una volta siamo costretti a
colmare le lacune della trasmissione cercando di dare al telespettatore qualche ragguaglio in più.
1) Come ha sottolineato il giudice Casoria, non è reato possedere schede svizzere.
2) Sono intercettabili e ce lo ha spiegato il perito Di Falco durante la difesa di Fabiani a Napoli. Contrariamente a quanto affermato dall’accusa.
3) E’ possibile identificare le celle, cioè il luogo dal quale viene posta in essere una telefonata. Purtroppo però il metodo messo in atto dai “Magnifici 12” è da ritenersi poco professionale e inattendibile, poiché
eseguito senza l’ausilio di software adeguati e basato su diversi gestori telefonici non sempre in sintonia tra di loro. Lo stesso Di Laroni affermò al processo di aver eseguito schemini e trascrizioni a mano: “Generalmente il gestore Tim li fornisce in txt, la Vodafone li fornisce in Excel, quindi noi ci siamo preoccupati di trasformare manualmente quelli forniti in txt in Excel in modo da averli tutti dello stesso formato; vengono inseriti con un copia e incolla.” Più in generale il copia-incolla fu letteralmente il metodo di indagine dei “Magnifici 12”, che lo mettevano in pratica preferibilmente dalla Gazzetta dello Sport. La quale, attraverso i suoi giornalisti, influenzò non poco le indagini. Durante il processo si è scoperto che Di Laroni aveva redatto il ricorso contro una
multa per conto di Maurizio Galdi in cambio di informazioni. Auricchio e Di Laroni sono stati ascoltati nell’ambito dell’inchiesta condotta dai pm romani sulla fuga di notizie che dai verbali dell’indagine di calciopoli finirono sui giornali nel 2006, determinando il processo mediatico di calciopoli.
4) Il metodo approssimativo si completava partendo da una tesi per accertare un’ipotesi. Si prendeva cioè un match che l’accusa riteneva truccato e si cercava di individuare la presenza in un dato luogo di un probabile interlocutore per provare che si trattava della persona che aveva tramato illeciti con un imputato. Mancano i riscontri tecnici sulle celle, che spesso non consentono di risalire al quartiere di provenienza, ma genericamente alla città e persino sugli effettivi esecutori delle telefonate o possessori delle schede.
5) Prioreschi chiese a Di Laroni, che negò, se lui o qualche suo collega, in fase d’indagine, fossero stati in Svizzera. Il 22 dicembre 2009 il collega Nardone ammise che sarebbe stato compiuto almeno un viaggio a Chiasso, ma senza effettuare la richiesta di rogatoria.
6) I carabinieri redassero tre informative, datate marzo, luglio e dicembre 2007, in contrasto tra di loro.
7) Moggi si è sempre difeso dicendo che le sim svizzere servivano a proteggere la segretezza del calciomercato. A giudicare dalle risultanze del processo Telecom, c’è da crederci.
8) Esiste un’altra grigliata di stampo interista scoperta dal perito Penta. In essa Giacinto Facchetti dimostra di essere ben più abile di Moggi. Solo che, come disse Coppola, ai carabinieri di Auricchio
l’Inter non interessava Coppola ha anche spiegato che poteva parlare dell’Inter in quanto ex guardalinee, cioè non ribaltabile stando alla logica di Baldini. Anche i giornalisti grigliavano, ad es. Palombo della Gazzetta dello Sport. Lo stesso giornale che riempì le prime pagine scandalizzandosi a otto colonne perché lo faceva Moggi
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Auricchio chiama, Baldini risponde ).