Commento alla trasmissione “Un giorno in pretura”, andata in onda il 15/06/2013. Parte IVUno dei possessori di scheda svizzera ricevuta da Moggi era l’ex arbitro
Romeo Paparesta:, padre di Gianluca, protagonista della vicenda più discussa di calciopoli, ancorché elaborata dai media.
Romeo Paparesta voleva diventare dirigente della FIGC e ne parlò con Lanese, che lo indirizzò dal “potente” Moggi, che preoccupato dal crescente strapotere politico di Milan e Inter pretese in cambio di essere messo al corrente di eventuali favori arbitrali ricevuti in quel di Milano e gli consegnò a tal fine un cellulare con scheda svizzera e 2 numeri: il suo e quello di Fabiani.
Osserviamo subito:
1) Moggi non aveva torto a temere le milanesi. Galliani e il Milan sono usciti pressoché indenni da calciopoli. L’Inter nemmeno vi è entrata.
2) Fabiani è stato assolto al processo di Napoli.
3) Che Moggi amasse millantare un potere che di fatto non aveva è emerso dalla sentenza del processo di Napoli, che ha chiarito anche che nel mondo del calcio non era l’unico a farlo. Ostellino ha definito l’ex DS della Juventus un uomo di relazioni, intendendo il suo modo di tessere relazioni come tipico della cultura italiana e pertanto studiato anche presso le università americane. Anche Facchetti, come si evince dal memoriale che non è stato messo agli atti del processo perché privo di autografo, aspirava a realizzare qualcosa di simile a vantaggio della società nerazzurra.
Il 6 novembre 2004 si giocò
Reggina Juventus 2 - 1. Alla Juventus fu annullato un goal regolare di Ibrahimovic e un altro di Kapò e non fu assegnato un rigore legittimo per un mani in area a due passi dall’arbitro, che era Gianluca Paparesta. Moggi e Giraudo si recarono a fine partita nello spogliatoio del Granillo per protestare contro la terna arbitrale, i cui componenti ritenevano responsabili anche di errori avvenuti in passato.
I giornali fecero partire una vulgata che raccontava che i dirigenti bianconeri avessero rinchiuso Gianluca Paparesta negli spogliatoi. C’erano alcune intercettazioni nelle quali Moggi scherzosamente raccontava alla signora Garufi prima e a Damascelli poi di essersi portato via la chiave e di aver fatto neri i giudici di gara.
Da questo episodio Auricchio e l’accusa trassero argomentazioni per la formulazione di un capo d’accusa per sequestro di persona dal quale Moggi è stato assolto,
ma non è stato detto in trasmissione , sebbene sia stata riportata l’affermazione proferita in aula dall’avvocato Prioreschi: “Questo processo è fatto tutto così: si dice una stronzata al telefono e si fa il capo d’imputazione”.
Osserviamo:
1) L’assistente Aniello Di Mauro, del quale l’accusa ha pianto la dignità calpestata da parte di Bergamo, ha dato versioni diverse dell’annullamento del secondo gol di Kapò, avvenuto per erronea segnalazione di fallo di mano mentre era in fuorigioco. Lo stesso Bergamo smentisce di averlo maltrattato, ma anzi aiutato a perpetuare di un anno l’attività. Sia Paparesta che Di Mauro non furono di fatto fermati per aver ostacolato la Juventus, nonostante i palesi errori commessi.
2) Paparesta ha dichiarato al processo di non aver avuto percezione della chiusura nello spogliatoio. Lo stesso arbitro il 30/01/2009, nel corso della trasmissione televisiva “Niente di personale”, condotta da A. Piroso su La 7, ha detto testualmente: “Non mi va di essere catalogato come l’arbitro rinchiuso nello spogliatoio”.
3) Nel 2007 la Procura della Repubblica di Reggio Calabria aveva già risolto il caso, dopo aver svolto indagini, e chiesto l’archiviazione perché "il fatto non sussiste". Checché ne pensi il giornalista Focolari che a Radio Radio ha affermato il 16/04/2010: "Non sussiste non vuol dire che non esiste!" I pregiudizi sono duri a morire nelle menti che ne sono pervase.
4) Nel febbraio 2008 la Procura di Napoli ha archiviato la posizione di Paparesta riguardo al possesso di schede telefoniche svizzere. La scheda in possesso del padre è stata ritenuta per fini leciti.
5) Moggi è stato assolto per il caso Paparesta a Napoli perché il fatto non sussiste.
6) In realtà l’episodio è stato esagerato dalle dichiarazioni di Moggi e sminuito dall’osservatore Pietro Ingargiola e dal presidente dell’AIA Tullio Lanese, che evitarono ai dirigenti juventini la squalifica.
7) Paparesta si è detto pentito di non aver riportato nel referto obbligatorio post-partita il comportamento di Moggi, ma quando Narducci ha insinuato che temeva una ritorsione da parte dei dirigenti bianconeri, la giudice Casoria ha commentato: “Lo pensava lui”.
8) La trasmissione di RAI3 ha speso troppo tempo su uno degli argomenti di calciopoli più popolari, è vero, ma che in fondo si è risolto in una bolla di sapone, a discapito di altri più interessanti.
9) A scandagliare bene le carte di calciopoli un caso Paparesta ci sarebbe, ma riguarda il Milan. Per una volta non ritroviamo Gianluca Paparesta in uno spogliatoio, poiché non fu nelle sue funzioni di arbitro che telefonò a Meani, ma in qualità di
consulente dell’Assobiodiesel, cioè per una questione legata alla sua normale attività lavorativa. Responsabile del protocollo d’intesa tra i comuni di Bari e Milano in vista dell’EXPO 2005, richiese l’intercessione di un potere extracalcistico legato al mondo rossonero da cittadino italiano e commercialista, avendo avuto notizia di una possibile procedura di infrazione contro l’Italia da parte dell’Unione Europea per violazione delle norme sul protocollo di Kyoto in relazione alle energie alternative. Cercò una mediazione per poter consegnare un dossier a Gianni Letta, all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, occupata da Silvio Berlusconi. Non sappiamo se per Narducci avrebbe avuto motivo, trovandola, di ritenersi debitore nei confronti di Galliani.
In fondo, se Auricchio non sapeva ricondurre Mediaset a Berlusconi, è possibile aspettarsi di tutto dagli inquirenti di calciopoli. Invelenito dall’andamento della partita Moggi telefonò a Biscardi. Non l’avesse mai fatto.
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