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Farsopoli di P. CICCONOFRI del 09/07/2009 14:07:48
« Voglio controbattere punto per punto »

 

L'ex designatore, Paolo Bergamo, è intervenuto alla presentazione del libro “Er Go de Turone” di M. Zampini

Un Paolo Bergamo tranquillo, sicuro e molto motivato, quello che è intervenuto alla presentazione del libro di M. Zampini “Er Go de Turone”. Un intervento che ha toccato molti punti a noi noti, dal famoso gol annullato a Turone fino ad arrivare a calciopoli, perché «ci ha rovinato la vita», chiosa l'ex designatore.

Bergamo ripercorre la sua carriera e la maledetta estate del 2006, vuole parlare di calciopoli perché «non vi immaginate cosa vuol dire quando come arbitro sei giudicato, come assicuratore sei giudicato, ma soprattutto come persona. Ti ritrovi da un giorno all’altro sui giornali con giornalisti e fotografi sotto casa. Per l’opinione pubblica sei un imbroglione e disonesto».
Si mette in dubbio l’uomo e non solo il professionista, una costante che ha accompagnato tutta la farsa del 2006.

Ancora incredulo per quanto gli piovve addosso tre anni fa, ricorda come il suo primo campionato da designatore venne vinto dalla Lazio, il secondo dalla Roma e a seguire da Milan e Juventus, che oltre a dominare il campionato fino all’ultima giornata, si giocarono la finale di Coppa Campioni: «sfido chiunque a dire che c’era un’anomalia. Squadre costruite bene, forti, in quel momento dettavano legge nel campionato e vincevano».
E l’Inter? «Dico la verità: me ne fece tante Facchetti!» . Di cosa? Di telefonate naturalmente!
Il defunto Facchetti non riusciva a digerire i 13 pareggi su 19 partite dell’Inter. Situazione che cambiò nel girone di ritorno, durante il quale Inter e Juventus raccolsero gli stessi punti: a Torino vinsero i nerazzurri, con Ibra squalificato dalla prova TV e arbitro De Santis; a Palermo, sempre con De Santis, non venne concesso ai bianconeri un rigore al limite dell’area; a Firenze, la partita precedente lo scontro con la Juventus, il Milan vinse e nessuno dei diffidati venne ammonito.
«Un imbroglio costruito», lo definisce Paolo Bergamo, così come è evidentemente costruita l’accusa sulle palline del sorteggio, tirata di recente in ballo da Pirrone a Napoli. Un sorteggio che il primo anno veniva effettuato dai designatori, ma che successivamente, su indicazione di Carraro, fu presieduto da un notaio e a seguire, per renderlo ancora più trasparente, coinvolse anche un giornalista, che pescava la pallina all’interno dall’urna.
Le telefonate le facevano tutti, le lamentele del lunedì erano una prassi. Tutti avevano il numero dei designatori, proprio perché la stessa Lega li aveva forniti. «Tutti quelli che avevano necessità mi hanno chiamato: non era vietato, anzi mi dicevano di uscire dalla campana di vetro», incitando una maggiore sinergia, intraprendendo una strada nuova, quella che Bergamo definisce «umanizzazione dell’arbitraggio». Bergamo sa bene quello che dice. Indica il proprio cellulare e commenta: «Vi faccio vedere questo, c’è il numero di Facchetti che ho conservato, voglio vedere quale giudice mi dirà che l’ho inventato».

Si ricorda il rimprovero di Carraro all’indomani di Roma-Juventus. Un Carraro spazientito, disturbato dal fatto che non furono seguite le sue indicazioni. Bergamo si difende: «Io l’arbitro lo preparavo!». Racconta che passò molti minuti al telefono con Racalbuto, spronandolo a farsi vedere tranquillo senza farsi intimorire, incitandolo a seguire il più possibile la palla e raccomandandosi di non sbagliare, «non una parola per dire in un senso o nell’altro». Purtroppo, Racalbuto non era l’arbitro adatto per quella partita - ammette l’ex designatore - ma il «sorteggio era questo, non truccato, ma un sorteggio normale», due gli internazionali disponibili in griglia, ma ad uscire fu proprio Racalbuto!

Dagli episodi alla rabbia, il passo è veloce: «Io voglio controbattere punto per punto le accuse, quando finirà esco a testa alta da questo problema!».
Ci sono episodio inquietanti che hanno lasciato «noi con il cerino in mano, l’agenzia che avevo tolta da un minuto all’altro. Ma noi che responsabilità avevamo?», si chiede Bergamo. Non si può fare un processo in 20 giorni. Ricorda come Ruperto gli disse che non sarebbero stati ammessi testimoni perché si doveva chiudere tutto in fretta. Allora, non volendo subire l’onta di una squalifica, Bergamo si dimise: «Altri non hanno avuto il coraggio», hanno finito per scontare una squalifica. «Squalifica per cosa?», si domanda ancora l’ex designatore: non hanno trovato denaro, donne, regali…

L’unica partita ancora in dubbio per illecito è Lecce-Parma. Prima dell'incontro, Bergamo fu chiamato da De Santis - «come sempre accade» - che gli raccontò di un clima «incredibile», una partita che entrambe le squadre volevano vincere. Bergamo lo rassicurò, invitandolo a mettersi in mezzo: «Vincila tu la partita!». Proprio questo «mettiti in mezzo» è finito per essere il capo d’accusa per l’ex designatore, perché sostengono che «nel gergo dei clandestini, mettiti in mezzo significa il pareggio e vincila tu il rafforzativo». Scuote la testa.

Le assicurazioni. Bergamo chiarisce anche questo aspetto che lo ha visto coinvolto in due diversi episodi, quello con i Sensi e quello con Giraudo.
Situazione «malintesa volutamente» - dice Bergamo, parlando della polizza dei Sensi - tanto che, finita anch’essa sul tavolo del PM Palamara, fu archiviata in tre mesi dopo aver verificato che i Sensi sottoscrissero quell’assicurazione con il loro abituale assicuratore, che non conosceva Bergamo, e dopo che si appurò che dai libri contabili nessuna provvigione era uscita.
Con Giraudo, il problema proprio «non esiste», perché – precisa Bergamo – «non poteva nemmeno fare polizze, la Juventus si serviva di un broker», che aveva trovato nella INA Assitalia di Roma l’offerta migliore.
La polizza venne emessa da Roma e successivamente appoggiata alla sua agenzia: «E' un fatto tecnico, non una trattativa – ci spiega l’ex designatore – con Giraudo non ho mai assolutamente trattato nessun tipo di polizza. Quando toccherà il mio turno a Napoli, porterò le polizze che sono state emesse a Roma, porterò il documento originale e voglio vedere chi può dire il contrario! ».

Le 42 telefonate di Moggi a Bertini: si ritorna su un episodio senza logica, presunto e da dimostrare. Ci pensa Bergamo a precisare: «Ancora non è mica dimostrato che le schede le avesse Bertini o gli altri. Io devo credere a Bertini, non hanno trovato niente e dice che la scheda telefonica non ce l’aveva». Come dargli torto?

L’ex designatore ricorda una recente causa vinta con l’Espresso, che «non poteva pubblicare» le intercettazioni: un PM, a Roma, «ha accertato che i documenti che sono arrivati ai giornali sono partiti dallo stesso computer di quello che faceva le indagini, un servitore fedele dello Stato ha passato alla stampa i faldoni… lo dice un PM e credo che siano cose inquietanti».»
Inquietanti come la difesa che la Juventus ha messo in piedi per calciopoli: lo stesso Bergamo ci tiene a precisare, a tre anni di distanza, che questa linea lo lascia ancora perplesso.

Si sorride ricordando il gol di Turone, perché arbitro di quella partita fu proprio Bergamo. Ieri come oggi, i media misero in dubbio tutto, non per ultimo l’onore dell’assistente: episodio che pochi ricordano – precisa Bergamo – tanto che non riuscì a sopportare il clima di polemiche in cui era finito e diede le dimissioni. In quel momento «era più facile dire che l’arbitro e l’assistente permisero alla Juve di vincere il campionato», nonostante Bergamo ottenne un bel voto per quell’arbitraggio. Un episodio che ne richiama molti altri, tristemente noti, che sono finiti ad alimentare quel sentimento popolare diventato col tempo causa principale della nostra condanna.

Non poteva mancare un ricordo della partita disputata a Perugia, quella che costò alla Juventus uno scudetto. Arbitrava Collina e l’intervallo tra il primo e il secondo tempo durò un’ora e un quarto: un episodio eccezionale, ma che «il regolamento non impediva», precisa l’ex designatore. Bergamo era in tribuna: «Dietro avevo i dirigenti della Juventus e davanti Gaucci», il prefetto lo sollecitava a chiamare Collina per dirgli che da lì a poco il campo sarebbe ritornato agibile grazie al buon drenaggio testato anche in altre partita, la Federazione lo cercava al cellulare, ma «i regolamenti sono chiari»: l’arbitro nell’intervallo non può parlare con nessuno e «in campo è l’unico giudice». Curiosa anche la precisazione che l’ex designatore tiene a sottolineare: «Non ho ricevuto nessuna telefonata di protesta della Juventus, ve lo giuro, non è successo!».

In chiusura, vale la pena soffermarsi su questa affermazione, spero ben augurante, di Bergamo: «Vediamo quando è finita di cosa possono accusarmi». Voglia di giustizia quella dell'ex designatore: la stessa giustizia che tutti noi speriamo di vedere trionfare.

Il video dell’intervento lo trovate qui!
 
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