Il mio telefonino, con una delle sue suonerie improbabili, mi avvisa dell’arrivo di un nuovo messaggio.
Apro. Leggo.
E’ un messaggino della Vodafone che mi informa: “L’affare D’Agostino-Juve sembra ormai destinato a saltare, dopo giorni e giorni di tira-e-molla”.
Immagino centinaia di migliaia di fratelli juventini aprire lo stesso messaggino nello stesso momento e chissà... qualcuno scuotere la testa, qualcuno tirare un sospiro malinconico, qualcuno aprire il Grande Libro delle Bestemmie e declamarne le prime 5 pagine con voce stentorea, molti calarsi in un dejà-vu delle note vicende di Huntelaar, Frings e Xabi Alonso, maledicendo la dirigenza di Corso Galfer fino alla settima generazione.
Ok, lo ammetto: anch'io sono stato fra questi ultimi.
Attenzione, “sono stato”: passato prossimo.
Infatti ora, mentre scrivo queste righe, ammetto di essere
perplesso. Chi mi conosce, sa che io sono sempre stato tra i sostenitori della teoria del “piano quinquennale”: quell’accordo infausto che voleva la Juve tenuta fuori dai giochi per questo lungo periodo, al fine di permettere vittorie facili (bonci, bonci, bò-bò-bò...) agli organizzatori di Farsopoli.
La dirigenza di Corso Galfer non avrebbe quindi agito come purtroppo ci è noto per ingenuità o chissà cos’altro,
ma eseguendo dei diktat di un ben preciso disegno a lunga scadenza. Disegno con cui abbiamo spiegato in questi anni gli atteggiamenti proni al Palazzo, le sciagurate campagne acquisti e le ancor più sciagurate svendite di mercato. La famosa “Campagna Smile”, per dirla in breve. Dove gli smile non erano certamente quelli di noi tifosi, quotidianamente costretti all’uso di pomate lenitive per le parti “meno nobili” del corpo.
Tutto quadrava. Tutto filava liscio.
Tutto, o perlomeno tutto tranne quelle parti corporali di cui sopra di noi tifosi.
E invece ora eccomi qui con il telefonino in mano e tanti dubbi in testa.
Onestamente, avevo già immaginato la Dirigenza dei Furlàn richiedere a Corso Galfer, in cambio del loro giocatore, Giovinco, De Ceglie, Marchisio ed uno a scelta tra Amauri e Sissoko. Oltre ovviamente ad un cospicuo conguaglio in denaro, s’intende.
Ed avevo già immaginato Cobolli, Blanc e Secco caricare tutta l’allegra compagnia su di un pullmino tipo quelli delle gite scolastiche, imbarcando sia il leone del Mali che l’italo-brasiliano (così lasciamo che scelgano loro, nevvero, visto mai che se ne abbiano a male...) e mettendo sulle spalle di Marchisio uno zainetto dei Gormiti pieno di banconote da 100 Euro (il cospicuo conguaglio di cui sopra).
E invece? E invece no!
Da Corso Galfer prendono atto che D’Agostino è un buon giocatore, ma non è Messi né Cristiano Ronaldo. E pertanto i nostri ragazzi resteranno qui all’ombra della Mole: di simili scambi non se ne parla.
Ebbravo Cobò, così si parla.
Ovviamente, come nei fumetti, il mio diavoletto personale è immediatamente apparso sulla mia spalla destra: “Ahahah, povero illuso! Credi davvero che abbiano tirato fuori gli attributi di punto in bianco? D’Agostino non l’hanno comprato perché l’ha già prenotato il Milan... E’ arrivata una telefonata chiedendo che la Juve si tolga di mezzo e gli consenta di acquistare il giocatore” (...nonostante sia anche il simbolo dei rossoneri, il “mio” diavoletto non ha tanta simpatia per la loro dirigenza...).
Altro “puff!”, altra nuvoletta di fumo, e sulla spalla sinistra è apparso l’angioletto di contraltare: “Ma che vai dicendo? Finalmente Cobolli ha dimostrato di avere gli attributi! Lo stesso ha fatto con tutte queste iene dei procuratori! Guarda Trezeguet, stavolta altro che '15 goal e me ne vado', ha provato per il terzo anno di fila a farsi rivedere l’ingaggio e gli hanno detto picche!”
“Ma cosa vuoi capire tu, di calcio, che vai in giro con quella sottoveste e la chitarrina? Certo, proprio bravi, basta vedere cosa hanno fatto con Nedved: l’hanno mandato a fare una nuova stagione e poi il dirigente da qualche altra parte, magari proprio dai nerobuzzurri!”
“Primo: non è una sottoveste, ma una tunica. Secondo: non è una chitarrina, ma un’arpa. Terzo: Pavel purtroppo è da anni ostaggio di quel lazzarone del suo procuratore, mi dispiace ma è così. E in fondo vederlo arrancare a benzina finita non sarebbe stato da lui. C’è bisogno di giovani forti e robusti!”
“Ahahah... non so se mi fa più sbellicare quel neon che ti porti sulla testa o le scemenze che dici! Giovani? Ahahah... Infatti danno via Criscito e De Ceglie per prendersi Cannavaro che tra un po' ha bisogno della badante! Dopo la porcata di Farsopoli, poi...”
“Io ti... ti... E Diego? Diego dove lo metti? Un talento genuino come se ne vedono pochi al mondo!”
“Bravo! E Dieghetto dove lo metto, dove lo metto non si sa... A giocarsi il posto, con Giovinco e una banda di pensionati del pallone: in dieci a litigarsi quattro maglie. E invece là dietro, dove serviva davvero rinforzarsi, dovremo aspettare che Zebina vada in pensione con la minima come invalido di guerra, per accorgerci che forse bisognava prendere qualcuno!”
Tralascio il seguito, con una vergognosa rissa tra le due entità da sempre contrapposte, che mi ha lasciato qui davanti al monitor perplesso più che mai.
Se da una parte, infatti, è innegabile che la Dirigenza di Corso Galfer abbia ancora molti, moltissimi atteggiamenti e modus operandi per così dire discutibili (almeno con l’occhio ed il cuore del tifoso), dall’altra non possiamo far finta di non vedere che qualcosa sta cambiando.
“Pìtost che niente, a l’è mej pìtost”, recita un vecchio detto piemontese.
L’estate scorsa, Xabi Alonso e Frings sono stati presi, mollati, comprati, venduti, patapim e patapam, fino a che tutto si è dimostrato una gran bubbola.
Diego, almeno a grandi linee, è stato visto e preso e portato a casa in quattro e quattr’otto; vabbè, e quattro e quattro sedici, se vogliamo fare i pignoli con le trattative-lampo dei tempi dell’Avvocato.
Pochi anni fa, questi stessi signori hanno ceduto la proprietà di Mutu per la comproprietà di Bojinov.
Oggi stanno dicendo chiaro e tondo alla Dirigenza dei Furlàn che “accà nisciuno è fesso” e che Giovinco per D’Agostino non se lo sognano nemmeno da ubriachi.
Fino a ieri questi signori avevano un bancomat al posto della scrivania del Presidente: ogni giocatore o procuratore che lo desiderava poteva arrivare lì, chiedere un raddoppio dell’ingaggio, magari con la scusa che li voleva il Manchester, il Real o il Chialamberto Football Club, e – tacchete! – ecco fior di milioni riversarsi nelle tasche appositamente spalancate di giocatori non sempre da Pallone d’Oro.
Oggi non dico che – come racconta la leggenda – facciano vedere ai giocatori i video di tutte le loro “papere” dell’anno come faceva Moggi e poi li spediscano fuori a calci, ma di sicuro la manica non è più così larga e le mani non sono più così bucate.
So che forse mi attirerò qualche accusa di essere di colpo diventato un “normalizzato”, di aver ecceduto nel consumo del frutto della vite, o di chissà cos’altro, ma, almeno stavolta, non voglio solo criticare.
Voglio capire. Un asino, un somaro, uno sceccu non diventa di punto in bianco un cavallo da corsa solo perchè gli hanno messo le briglie. Ma non diventa nemmeno un brocco, un ronzino, un cavallo da tiro.
Un ciuco era e un ciuco rimane. Con le briglie, ma un ciuco.
Perciò qualcosa non mi quadra in questa stagione
“leggermente migliore” , e da bravo complottista non riesco a spiegare tutto con un semplice “apprendistato”.
Una crepa nel famigerato “piano quinquennale”? Equilibri di potere che stanno spostandosi?
Sviluppi inattesi dei processi Gea, Farsopoli, Bilanciopoli?
Non lo so, ma di sicuro qualcosa sta succedendo.
Spero qualcosa di divertente.
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