Protagonista di questo editoriale, come al solito, sarà l’informazione. Informazione che sovente viene riportata in maniera singolare dalla maggior parte dei mass-media. Capita sempre più spesso di vedere argomenti importanti trattati con leggerezza e, in contrapposizione, notizie frivole approfondite all’inverosimile, così da catalizzare l’attenzione, spostandola dal reale problema che paradossalmente diventa trascurabile.
Sorpresa ma non troppo, leggo questo breve tratto a firma di Rudi Ghedini del Guerin Sportivo, che dice la sua sull’ingarbugliata situazione del Bologna : «Difficile immaginare un gesto più politico. E pazienza se chi lo compie non se ne rende nemmeno conto. La famiglia Menarini ha ceduto il Bologna e il compratore è uno sconosciuto albanese. Il bello è che i tifosi, la grande maggioranza di quelli che lavorano da tifosi anche in pieno luglio, si mostra favorevole. Meglio un albenese che un amico di Moggi, dicono; come se fosse possibile essere certi che Rezart Taci non intrattenga rapporti con Lucky Luciano. Comunque, un geometra bolognese vende a un ingegnere albanese, la cui ricchezza deriva dal Petrolio. Petroliere è qualifica più che sufficiente per accantonare ogni pregiudizio e accoglierlo come salvatore.» Siamo abituati alla faziosità giornalistica e l’uso del termine “Lucky Luciano” non sorprende più di tanto, ma la sorpresa è il dubbio interpretativo che lascia il messaggio. Il problema sembra essere che l’imprenditore “albanese” non dia la garanzia di “non intrattenere “ rapporti con l’ex dg juventino. Scopriamo invece che l’imprenditore Taci non ha più dato garanzia di acquistare il club (strano destino), lasciando il Bologna con i suoi problemi, quelli veri: la mancanza di una squadra e i pochi fondi a disposizione per allestirla. «E chissà che dopo il dietrofront di Taçi il suo nome non risulti meno indigesto ai bolognesi», si chiede di il giornalista Del Resto Del Carlino. E chissà se prima o poi il nome di Moggi verrà trattato con più professionalità, ci chiediamo noi.
Giusto per non farci mancare proprio niente, sempre dalla pagine del Guerin, ma questa volta affidate alle penna di Beccantini, leggiamo questa affermazione: «all'estero sanno che la Triade ha tramato e brigato; sono al corrente di come sono stati vinti gli scudetti della gestione di Capello (e, di conseguenza, possono immaginare quanto sia stato tolto agli avversari, Inter in testa. Ma sanno anche come la squadra di Mancini si è poi rifatta con gli interessi.» Un giornalista di dichiarata fede juventina lascia ancora quell’alone di dubbio sul “come” siano stati vinti gli scudetti della Triade. Incredibile! Mancini, ancora sotto contratto con l’Inter, si dice disoccupato, pur percependo fino all’ultimo centesimo, ed è ritornato a concede interviste, lamentando la mancanza di proposte dovute al suo carattere: «Certi atteggiamenti mi penalizzano. Dico e faccio quello che penso». Un martire! Penalizzato da tutti, prima da calciopoli e dopo dal post-calciopoli, durante il quale non è riuscito nel suo intento di vincere in modo netto. “Come” ha vinto, ha forse messo in evidenza più lacune che certezze sulle sue reali capacità. Che dimostri qualcosa e poi pretenda! In altre parole, sarebbero salutari un'inversione di tendenza e un bagno di umiltà.
Il processo di Napoli è stato dimenticato ed abbandonato. Calciopoli è entrata nelle nostre case, i giornali per anni non hanno parlato d'altro che del mostro Moggi e della Juve ladrona. Poi, di colpo più niente. Ma la vicenda non è giunta all'epilogo: è li, a ricordarci i tanti interessi che ancora oggi spingono a pilotare l’informazione, rimasta forse l’unico baluardo a cui aggrapparsi per difendere ad oltranza una posizione di privilegio . «A meno che si arrivi alla prescrizione, e qualcuno forse lo spera...» , si accenna dalle pagine di Repubblica. Ma chi lo spera? E perché lo spera? Non è possibile entrare nel merito, si lascia tutto in sospeso, così si è sempre in tempo a prendere posizione sul carro dei vincitori.
Rimanendo su calciopoli, parliamo di giustizia sportiva, penale e, aggiungo io, quella morale. Sappiamo che la giustizia sportiva non agisce seguendo regole uniformi, sappiamo che quella penale ha i suoi tempi e che quella morale può eticamente essere accettata o imposta. Carraro è uscito da calciopoli e come primo atto ufficiale ha indetto una conferenza stampa in cui non ha chiarito niente, se non il fatto che ancora una volta ne è uscito “in piedi”. Nessuna condanna sportiva, nessuna condanna penale. Non ha visto, non ha intuito, ha avallato decisioni, occupato una poltrona e rappresentato un ruolo che moralmente ha “arricchito” il calcio italiano... di povertà!
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