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Editoriale di E. LOFFREDO del 10/02/2014 13:47:38
Un assessore "scassacazzi"

 

Chi non ricorda Attilio Auricchio, l'allora maggiore dei carabinieri che coordinò il pool dei magnifici dodici che in via In Selci investigò sui fatti di calciopoli? Dopo le inchieste di Catanzaro al servizio di De Magistris e appunto quella su calciopoli guidata da Narducci, si ritrovò nella neoeletta giunta napoletana guidata dall'ex pm di stanza in Calabria, giunta nella quale una poltrona da assessore fu garantita anche a Narducci. Quando si dice struttura istituzionale che sormonta un ente pubblico.

Di tutta l'inchiesta “off side” condotta da Auricchio è balzata agli occhi la (cattiva) gestione e catalogazione delle intercettazioni (baffi, progressivi mancanti, scollegamenti dal server in remoto...), tanto che in udienza tra le altre memorabilia dovette ammettere che, sì, «qualcosa sarà sfuggito». Fatto sta che da un'inchiesta che ha tramortito una squadra di calcio a vantaggio di un'altra, il tenente colonnello Auricchio (nel frattempo era stato promosso) passò in una giunta che si occupa e preoccupa molto di una squadra di calcio, quella cittadina.

Ironia della sorte proprio un'intercettazione ci restituisce un'immagine emblematica di ciò. Nel corso di un'inchiesta su una ex collega assessore allo sport, Pina Tommaselli (accusata tra l'altro di aver autogestito tre dei cinquecento biglietti che la SSCNapoli per convenzione deve al comune), il nostro confida al vicesindaco: «E c’è da dire pure che De Laurentiis non la vuole a Pina…» (stendiamo un velo sull'italiano da baffi rossi). Pina che, a stare alle intercettazioni, viene definita “scassacazzi” perché avrebbe preteso da parte della società di calcio il rispetto della convenzione stipulata con il comune. La Tommaselli “osava” chiedere con insistenza il rientro debitorio da parte di De Laurentiis che doveva (deve?) cinque milioni di euro a titolo di canoni arretrati per l'uso dello stadio San Paolo.

Vincenzo Irullo dalle colonne de Il Fatto Quotidiano scrive in forma molto sfumata di quello che pare un certo servilismo dell'amministrazione comunale nei confronti del padre padrone della SSCNapoli, «Dal tono e dal contesto del colloquio intercettato è evidente che Auricchio e Sodano non fanno le barricate per difendere le ragioni di “Pina”» (Link). Comportamento che se aggiunto al costante presenzialismo di De Magistris in occasione delle gare interne del Napoli e alla dialettica affatto moderata di De Laurentiis verso le istituzioni cittadine, dà conto di un'azione comunale che insieme all'assicurare «il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione» (art. 97 Cost.) - il mancato incasso dei cinque milioni è gravato sulla collettività cittadina -, era (è?) intesa a garantire condizioni non ostili a chi gestisce la squadra di calcio partenopea. Quasi il riconoscimento che la città fosse una piccola repubblica democratica fondata sul pallone.

Lo stesso ex assessore Tommaselli lo conferma quando dichiara: «Col Napoli abbiamo avuto poco coraggio, avremmo dovuto fare un decreto ingiuntivo». Il rischio ben presente al resto dell'amministrazione comunale sarebbe stato quello di vedersi dare delle “merde” o degli “amministrazioni che non capiscono un cazzo” da parte di qualcuno. Ci si deve ricordare infatti che da quelle parti «non funziona un cazzo, solo il calcio. E allora ringraziatemi. Altrimenti me ne torno in America».

Attilio Auricchio ha fatto delle intercettazioni uno dei motivi della propria fortuna, sarebbe bizzarro che proprio per un'intercettazione ascoltata con animo precostituito si trovasse a rispondere di una sua certa indolenza verso quelle che si potrebbero intendere quali pressioni esterne di chi non vuole un certo assessore, che tra le altre colpe ha quella di esigere rispetto degli impegni da parte di una società calcistica. Sicuramente sarà dimostrato che non è così. Siamo certi che se Attilio Auricchio avesse avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni di un simile reato, lo avrebbe denunciato all'autorità giudiziaria, o ad un'altra che a quella ha l'obbligo di riferirne. E in quel caso non crediamo che agli investigatori non avrebbe interessato la cosa, anche perché piaccia o non piaccia ci sarebbero state evidenti intercettazioni.

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