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Sabato 23.11.2024 ore 18,00
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di L. BASSO del 04/09/2009 15:18:50
La grande giostra

 

Partiamo da un fatto tragico di qualche anno fa. Mare Adriatico, notte fonda. L’ennesima “Carretta del mare”, col suo carico di disperati proveniente dall’Albania, cerca di attraversare lo stretto braccio di mare che divide le due coste.
Ma qualcosa va storto.
L’imbarcazione si scontra con una nave della Guardia di Finanza italiana e cola a picco, portando con sé parte dei suoi passeggeri.
Dalla mattina dopo, come sempre avviene, si scatena il can-can delle interviste ai parlamentari di ogni parte e colore. Seguendo i giornali radio, ammetto di essermi sentito prima spaesato, poi disorientato e infine deluso una volta di più dalla nostra classe dirigente.
Alcuni esponenti di destra, all’epoca all’opposizione, si scagliavano contro i nostri militari, assassini a sangue freddo di poveri innocenti in cerca di accoglienza. Ma come? Ma non erano quelli delle frontiere chiuse, del “Patria, Onore, Tricolore”, quelli della Spada che difende il solco tracciato dall’aratro?
Il controcanto della sinistra fu altrettanto sorprendente: nessuno può permettersi di criticare le nostre valorose forze armate, impegnate in un duro compito contro questi criminali che arrivano da terra e da mare… Ossantocielo! Ma se fino a ieri erano quelli dell’imagine there’s no country and no possession too, braccia aperte a tutti e antimilitaristi fino allo spasimo?
Leggere l’articolo (o meglio, lo stralcio) del buon Travaglio dell’altro giorno mi ha riportato d’incanto a quella mattinata di allucinazioni auditive.
Premetto che è sempre opportuno resistere alla tentazione di bollare la gente a vita, indicando chi è assolutamente “buono” e chi “cattivo” a prescindere. La mia filosofia in tal senso è: “Anche Hannibal Lecter, un giorno, avrà aiutato una vecchietta ad attraversare la strada; anche la Fata Turchina, un giorno, si sarà messa le dita nel naso”! Questo per dire che, pur ben sapendo che il buon Travaglio ha sposato fin dalla prima ora le teorie Farsopoliane (per convinzione, per convenienza o per schieramento poco ci importa), devo riconoscergli alcuni spunti di “giornalismo scomodo” davvero importanti.
Analogamente, ma in senso inverso, la regola vale per Feltri: il fatto che dalle sue pagine sia stato uno dei pochi ad avanzare dubbi sul calcio “nuovo e pulito” non lo rende per questo un Santo casto e virginale: forse anche la sua penna, come quelle ahimè di molti giornalisti, scrive sotto input ben precisi ricevuti dall’alto.
Questo mi permette, per riportare la questione in termini più calcistici, di assistere allo scontro tra i due come ad una partita del campionato polacco o honduregno: non tifo né per l’una né per l’altra squadra, non ho simpatie né antipatie a prescindere ad offuscarmi la vista e mi godo lo spettacolo dei ventidue in campo divertendomi.
Già, divertendomi. Qui invece da divertirsi c’è ben poco.
Anzi, il consiglio è quello di stringere bene le chiappe e reggersi forte, per non essere scaraventati giù dal Toro meccanico su cui vi porto: Andale, Andale! Arriba, Arriba!
Per difendere l’attuale Presidente del Consiglio da alcune accuse mossegli dalla sinistra, Feltri gioca la carta dello “spostamento del bersaglio”: Agnelli era molto peggio.
Agnelli, cioè la Fiat, cioè la grande industria, cioè il capitale. E, non di meno, Agnelli, cioè la Juve.
Proprio quell’alta borghesia imprenditoriale a cui il suo giornale fa – o dovrebbe fare – riferimento.
Proprio quella Juve che Feltri, prendendo a bordo Moggi, in un certo senso difende.
Dire che Agnelli dettava legge in Italia, beh, da Italiano e da Torinese figlio di dipendente Fiat, non mi sento proprio di negarlo. E di sicuro Agnelli non lo faceva cantando “El pueblo unido jamas serà vencido” e neanche accontentandosi di richiedere le 35 ore e il salario sociale ai disoccupati. Lo faceva pro domo sua.
Ma non tocca a me difendere l’Avvocato: già, perché ci pensa prima il buon Travaglio, stracciandosi le vesti in difesa del “Giuanin” nazionale.
Beh, per coloro che fossero saliti a bordo dell’ottovolante della politica italiana solo di recente, forse è il caso di ricordare che Agnelli era, per l’ultra-sinistra, qualcosa di simile a Voldemort per Harry Potter.
Poi, con Tangentopoli, molte cose e molti equilibri sono cambiati, è vero, ma vedere falce e martello alzarsi a difesa di Agnelli mi mette ancora i brividi addosso. E’ un po’ come immaginare Peppone che dà la comunione in Chiesa. E magari Don Camillo che bestemmia come un camallo di Genova.
Peccato che, poi, il nostro giornalista d’assalto ceda nella tentazione del rilancio, giocandosi la sciagurata carta del “sentimento popolare incancellabile”.
Facciamo un gioco: se vi dico “Pietro Pacciani”, cosa mi rispondete? Non conto manco fino a tre, immagino mille voci rispondere: “il Mostro di Firenze!!”.
Già. Nonostante si sia dimostrato che il Contadino di Mercatale era, in realtà, un povero disadattato manesco e amante del vino, che avrebbe potuto far parte di un gruppo criminale come bassa manovalanza, ma di sicuro non esserne la mente. Meno che mai, l’unico esecutore di quegli efferati delitti.
Allo stesso modo, il nome di Moggi evoca malaffare, corruzione: in una parola grossa, Mafia.
E lo fa anche oggi, che chi diceva di essere povera vittima vince con goal di mano e fuorigioco di massa.
E lo farà sempre, anche se Moggi venisse assolto in tutti i processi, venisse chiamato in altri quaranta e venisse assolto pure in quelli.
Intendiamoci, io per primo sono convinto che Luciano Moggi non sia Padre Pio da Pietrelcina, perché in un mondo di squali come quello del calcio non avrebbe potuto resistere vent’anni se fosse stato un delizioso pesce rosso. Ma di sicuro non era il solo mostro marino come ci hanno voluto raccontare.
Torniamo a Travaglio ed al suo “pezzo”. Per sminuire l’avversario, lo accusa di essersi portato in redazione criminali della peggior risma, come ovviamente Moggi. Che nell’immaginario italiano medio, così sensibile agli input primari (leggasi calcio e gnocca), colpisce di più di Saddam Hussein, di Al Capone e del Bandito Giuliano.
Ma... un momento! Moggi, chi lo portò alla Juve? Non fu proprio la Dinastia Agnelli? Quindi la proprietà transitiva mi insegna che Agnelli – difeso da Travaglio una manciata di caratteri prima – se la faceva con i criminali! O viceversa, guardandola dal lato di Feltri, nella redazione del Giornale c’è uno che ha lavorato per chi fu (ipse dixit) il peggior male della storia italiana!
Ossantocielo, non ci capisco più nulla!
O forse comincio a capirci qualcosa proprio ora…
Se non siete ancora stati sbattuti giù tutti dal toro meccanico, se qualcuno fosse ancora appeso alle corna o alla coda, continuiamo.
Moggi era il capo della Cupola, questo mostro che solo la penna di Lovecraft avrebbe saputo creare. E vi ricordate, nei primi giorni di Farsopoli, chi fu tra i primi a lamentarsi e a richiedere di essere risarcito dei danni subìti dalla propria squadra ad opera dei malaffari bianconeri? Bravi! Proprio quel tale che è presidente di una squadra di calcio, importante politico e – guarda caso – punto di riferimento del giornale di Feltri.
Detta in linguaggio terra-terra: come se uno mi insidiasse la moglie e io lo assumessi nella mia ditta.
Ma che siamo matti?
No, siamo perfettamente sani. Questo è il grave.
Così come tutti erano sani quando sono uscite “telefonate piccanti”, che riguardavano politici sia di destra che di sinistra.
Così come tutti erano sani (meno lui) quando l’erede di una grande famiglia è stato trovato imbottito di coca dai paparazzi prima ancora che dall’ambulanza.
Così come tutti erano sani quando i “buoni” e i “cattivi” hanno sottoscritto insieme contratti miliardari per sponsorizzazioni o per obiettivi comuni.
Così come tutti erano sani, infine, quando tutti i “buoni” hanno eletto uno dei “cattivi” a loro rappresentanza.
E’ come quelle grandi giostre dove salivamo da bambini: sul cavallo ci sentivamo un po’ Zorro. Poco importava se alle nostre spalle non ci fosse stato il Sergente Garcia, ma piuttosto una bimba che si illudeva di essere Cenerentola.
E intanto, sugli altri cavalli intorno a noi, c’erano bambini che immaginavano di essere Billy the Kid, Toro Seduto, D’Artagnan. Ognuno immaginava una propria realtà illusoria e vedeva negli altri quello che voleva vedere. Ma in realtà eravamo soltanto su una grande giostra che girava, girava, girava, pur restando sempre al proprio posto.
Su questa nostra enorme giostra, in un angolo, c’è un asinello, che come nelle comiche continua ad andare avanti, inseguendo vanamente una grossa carota appesa sulla propria testa. Questo – ahimè – è il nostro paese, e noi continuiamo a camminare senza accorgerci del trucco, ingannati quotidianamente dai miraggi della disinformazione.
Ce ne accorgeremo mai?
Forse sì.
Ma purtroppo avverrà solo quando la carota sarà finita – dolorosamente – in un altro posto…

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