E’ stata la settimana della
Nazionale, con il doppio impegno che ha proiettato gli azzurri verso il mondiale in Sud Africa.
La trasferta in Georgia e il match nel giardino di casa Lippi hanno fruttato 6 punti che significano qualificazione garantita al di là di ogni ragionevole dubbio: il gruppo che in gran parte ha vinto il mondiale a Berlino raddoppia e proverà a difendere il titolo.
Già, proprio per ricordare la scomparsa di
Mike Bongiorno, autentico monumento del costume italico, Lippi ha accostato la sua Nazionale ad una delle trasmissioni che hanno fatto la storia della tv nazionalpopolare: “
Lascia o raddoppia”.
L’accostamento di Lippi, oltre che rendere omaggio a Mike , seguito e amato tanto quanto la nazionale di calcio, fornisce anche una precisa indicazione: il suo gruppo, gli eroi di Berlino, non lasciano. Troppa simbiosi, riconoscenza, affidabilità dal punto di vista umano e morale.
Queste sono le sensazioni di Lippi, questo il suo credo: senza un gruppi solido non si vince. E il mister lo ha ripetuto anche dopo la convincente vittoria contro la Bulgaria: «Questi giocatori hanno qualità tecniche eccellenti quando la condizione fisica è buona ma, in primis e sempre, hanno le qualità che voglio io».
Il gruppo è quello, qualche accorgimento, alcuni giovani innesti. Piaccia o no, condivisibile o meno, questo è Lippi e non si smentisce.
L’esordio nelle dichiarazione del pre-partita con la Georgia lo conferma ulteriormente: «Della Nazionale non frega niente a nessuno». Non è stato un grido di dolore, ma, conoscendo il marpione di Viareggio, un tentativo di creare quel pathos polemico che
motiva un gruppo in un momento cruciale delle qualificazioni.
E’ proprio anche questa l’abilità di Lippi a renderlo un grande allenatore: un uomo che capisce, con scaltrezza, opportunismo e furbizia quelle che sono le “vitamine” necessarie a creare e cementare una squadra, la squadra.
Ed ha capito, Lippi, quanto sia fondamentale, per essere competitivi (o ambire ad esserlo), la presenza di un blocco di giocatori proveniente da un’unica squadra di club. Nasce così l’
ItalJuve, che non è poi questa grande novità storica e neppure una grande sorpresa per chi di noi ha supportato questa teoria.
D’altronde, che si chiami ItalJuve o Juverciano, la differenza non è poi molta: bastava aggiungere ai vari
Buffon, Chiellini, Camoranesi e Iaquinta, anche
Cannavaro e Grosso, che rischiavano di essere dimenticati dai propri ex club, relegati in panchina o costretti a migrare verso campionati o squadre poco competitive.
I due probabili desaparecidos, divenuti attori (speriamo protagonisti) nella rosa della Juventus, sono innegabilmente due colpi di “mercato” anche e specialmente per la Nazionale, con Lippi grande direttore sportivo, in attesa di diventare direttore generale. La distanza tra teorie e tesi mai è stata cosi sottile,
Dicevamo Italjuve: se ci aggiungiamo la maturazione di
Marchisio, che merita il posto da titolare anche in azzurro, ed il passaporto di
Amauri, l’affermazione è più che legittima, ma, per cortesia, lasciamo fuori
Del Piero per il bene suo e della Juve.
E’ certo che anche il caso (o la programmazione?) ci ha messo il suo zampino: il sipario sull’ItalJuve è stato ufficialmente aperto a Torino con tanto di presentazione mediatica ad effetto nei giorni precedenti. L’incontro con la Bulgaria è stato quindi corredato dalle dichiarazioni dei protagonisti, che variano dal «più siamo, meglio è» dei calciatori targati Juve all’orgoglio (ad essere sinceri un po’ fasullo, visto che molti interpreti hanno origini bianconere antecedenti il nuovo corso) della dirigenza e proprietà bianconera; su tutti, il posto di rilievo è per il pavoneggiante
John Elkann , con il suo proclama a fine partita: «La Juve nazionale è veramente forte».
A prescindere da qualsiasi interpretazione si voglia appoggiare, disporre di un blocco di giocatori in Nazionale può riservare anche aspetti positivi per lo stesso club bianconero: non a caso, il rischio infortuni per gli impegni può essere bilanciato dalla consapevolezza di forza che i protagonisti possono ulteriormente acquisire, basti vedere, per credere, le prestazioni di Marchisio.
Qualche malumore, all’interno della Nazionale, potrebbe anche nascere con la chiamata di Amauri, che, come già scritto, potrebbe far parte del gruppo poco prima dell’inizio dei Mondiali: Gilardino ha candidamente ammesso che il numero 9 appartiene a lui, quasi a voler scacciare il fantasma ingombrante del brasiliano naturalizzando italiano, mentre gli juventini lo acclamano a gran voce.
Le tensioni potrebbero ulteriormente alimentarsi (e mai ce lo auguriamo) in caso di prestazioni poco convincenti del blocco Juve in campionato: passare dal “grazie Juve” e “Italjuve ok” a titoli catastrofici sarebbe tanto facile quanto scontato, proprio perché la parola Juve non nutre mai particolari simpatie da parte di chi non tifa bianconero, e noi ne sappiamo qualcosa!
Giancarlo Abete ha sottolineato in questi giorni che prima bisogna qualificarsi e poi pensare ad una Nazionale che diverta. Dichiarazione legittima, che sarebbe ancor più realistica se il commissario tecnico, dopo aver cementato il gruppo, formato il blocco, mettesse una ciliegina sulla torta che porterà in Sud Africa: l’imprevedibilità ed il genio di
Cassano sarebbero auspicabili, con la speranza che il gruppo sia intenzionato a digerire questo essenziale ingrediente.
Per il momento, il divertimento lo avvertiamo nelle telecronache a due voci
Civoli-Bagni: ascoltare
Civoli che sospira «Camoranesi non ha il piede di Pirlo» (forse convinto che la canzone “Una vita da mediano” del giurato del festival del cinema di Venezia fosse dedicata a Mauro German…) o Bagni che, a proposito di un calciatore bulgaro, rivela candidamente «pensavo fosse un attaccante, invece è un centrocampista», o ancora Civoli che parla di «due gol mondiali», riferendosi agli autori delle due reti contro la Bulgaria, al quale risponde Bagni «sì, sì, due gol spettacolari», pensando che mondiale sia sinonimo di spettacolare… beh, ascoltare 90 minuti grotteschi, non ha prezzo. O meglio, lo ha: il canone.
Allegria!!!