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Farsopoli di G. FIORITO del 02/08/2014 10:19:30
Gli amanuensi di calciopoli

 

Dal video di Coverciano al computer di Tavaroli
Non c’era solo il video scomparso di Coverciano tra le anomalie inoltrate con un’istanza al pm di Roma Albamonte dall’avvocato Gallinelli (Link). C’erano una richiesta di accertamenti sulla selezione arbitraria delle intercettazioni utilizzate dai pm e quelle che il legale di De Santis identificò come “le stesse radici di calciopoli”.

Il 6 giugno 2012 Giuliano Tavaroli accusò durante la deposizione resa al processo Telecom Massimo Moratti di essere il mandante dello spionaggio illegale dell’Inter svolto in collaborazione con Facchetti. Una settimana dopo spiegò che fu la Polis d’Istinto di Cipriani a realizzare i dossier su Moggi, pagati dalla Pirelli alla società estera WCS Ltd affinché la prestazione rimanesse riservata. Il 27 settembre 2012 anche Cipriani testimoniò a Milano che fra il 2002 e il 2003 l'Inter aveva commissionato indagini illegali su Luciano Moggi e Antonio Giraudo, Massimo De Santis, la Gea World di Alessandro figlio di Luciano Moggi, il presidente della Reggina, Pasquale Foti.

Il 10 ottobre, durante il controinterrogatorio delle difese, il titolare della Polis d’Istinto puntualizzò che il dossier “Operazione Ladroni” era un dossier di livello 1, cioè della massima rilevanza, e come tale era stato informatizzato, cioè registrato su hard disk da Tavaroli. Il 12 giugno 2012 Vaciago rivelò su Tuttosport che un computer di Tavaroli sequestrato il 3 maggio 2005 era stato fatto pervenire a Roma con decreto del 9 maggio del pm Napoleone che indagava sullo scandalo Telecom, in via In Selci, presso la sede dei “Magnifici 12”, per essere ispezionato.

Gallinelli, intervistato da Vaciago, disse che il computer venne arbitrariamente ispezionato a Roma il 15 giugno, come si evince dagli atti del processo Telecom, ma che il verbale dell’ispezione non esisterebbe. Ispezionare il materiale informatico sequestrato nell’ambito dell’inchiesta Telecom era competenza della polizia postale di Milano, non del nucleo investigativo romano.

Il computer di Tavaroli e il materiale informatico relativo alle indagini sullo scandalo Telecom furono sequestrati dai carabinieri di Milano, agli ordini del maggiore Chittaro, su delega dei pm Napoleone, Civardi e Piacente.

Il 29 settembre 2006 Tavaroli dichiarò agli inquirenti milanesi che aveva consigliato ai dirigenti interisti di rivolgersi alle autorità presentando un esposto in procura e di collaborare con il maggiore Chittaro. Secondo Gallinelli, nell’incidente probatorio Tronchetti Provera aveva detto che fu Moratti a rivolgersi alla signora Boccassini, la quale dopo un colloquio con Nucini ammesso dallo stesso a Napoli, archiviò il caso per manifesta infondatezza della notizia di reato.

L’accusa di calciopoli è rimasta ancorata alle risultanze dell’indagine sulle sim straniere, «presumibilmente attribuite» agli imputati sulla base dell'interpretazione dei tabulati telefonici, ma non è mai stato chiarito del tutto, come è scritto nella sentenza Casoria, nella quale si argomenta esplicitamente di «zone d’ombra», come siano stati assunti dalle compagnie telefoniche.

Il 2 novembre 2011 Caterina Plateo, segretaria dal 2000 al 2004 di Adamo Bove, funzionario Telecom morto dopo essere volato da un cavalcavia a Napoli nell’estate del 2006, aveva già dichiarato che la Telecom spiava i telefoni della FC Juventus, della GEA, della Football Management di Alessandro Moggi, di Ceniccola e della FIGC. La signora aveva spiegato quale era il ruolo che le era stato affidato: tecnicamente entrava nel sistema Radar, vedeva i contatti telefonici sul monitor del computer, prendeva appunti a mano per evitare di essere rintracciata e li consegnava direttamente ai superiori senza stamparli per preservarne il carattere di riservatezza.

Il maresciallo Di Laroni ha deposto a Napoli sotto giuramento che il lavoro di ricostruzione e collocazione temporale delle intercettazioni esaminate per le indagini di calciopoli fu eseguito con “olio di gomito”, senza fare ricorso a specifici software, i "certificati forensi", bensì copiando a mano.

L’avvocato Gallinelli aveva chiesto al pm Albamonte che si mettessero a confronto l’archiviazione informatica contenuta nel computer di Tavaroli con la documentazione cartacea che risulta incompleta negli atti del processo Telecom di Milano e i tabulati telefonici prodotti dall’accusa a Napoli.

Perché il metodo del maresciallo Di Laroni è molto meno professionale di quello informatizzato di Tavaroli, che si basava anche sui raffronti con i risultati delle investigazioni e dei pedinamenti della Polis d’Istinto e assomiglia molto di più all’attività di amanuense svolta dalla signora Plateo al fine di non lasciare tracce? Che fine ha fatto il computer di Tavaroli?

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