Se n'è andato così, discreto e silenzioso, come ha sempre vissuto, l'ultimo Grande Vecchio dello sport italiano. Un Ferragosto di 26 anni fa ci lasciava Enzo Ferrari, il Grande Vecchio dell'automobilismo; il primo giorno d'inverno del 2010 ci lasciava "il Vecio" del calcio azzurro, Enzo Bearzot. Ieri sera ci ha lasciati Alfredo Martini, 93 anni vissuti a schiena dritta, storico, leggendario CT dell'Italia del ciclismo professionistico.
In gioventù fu un discreto professionista, vincitore di una tappa al Giro d'Italia, del quale indossò anche la Maglia Rosa, ma la sua esperienza, la sua umanità, le sue doti di grande aggregatore di uomini le elevò altissime quando, dal 1975 e fino al 1997, divenne Commissario Tecnico della Nazionale. Sotto la sua paterna e sapiente guida, tecnica e morale, divennero campioni del mondo Moser, Saronni, Argentin, Fondriest, Bugno per ben due volte e consecutivamente. Dal 1998, fino a ieri sera, è stato supervisore di tutte le squadre nazionali di ciclismo e Presidente Onorario della Federazione Ciclistica Italiana, ruolo che gli ha consentito di essere grande ed ascoltato consigliere di tutti i CT che a lui si sono susseguiti in questi anni.
La figura di Martini si staglia altissima nell'Olimpo dello sport italico; è la figura di un padre, poi di un nonno, di un uomo che ha saputo coniugare i valori dello sport, che sono poi i valori della vita, con la necessità di ottenere risultati tipica dell'agonismo professionale. E' la figura di un uomo che ha saputo essere aggregatore e non accentratore, che ha saputo dirigere e non comandare, che ha saputo scegliere, valorizzare e poi tenersi stretti i collaboratori migliori, i suoi uomini, che sono divenuti suoi amici, suoi "figli", come Davide Cassani, col quale, mano nella mano, ormai prossimo alla fine, si è goduto il trionfo di Vincenzo Nibali al Tour de France, l'ultimo grande regalo fattogli da uno dei "suoi ragazzi".
Se ne va, quindi, un esempio di vita, un uomo che ha saputo vivere a testa alta fra una guerra mondiale e il difficile dopo guerra, in mezzo ai campionissimi del ciclismo ed a capo di un intero movimento. Un uomo antico e per questo moderno, perchè nulla ha a che vedere con l'era "social" dei "mi piace" che si appongono anche e soprattutto per odiare, per distinguersi, per offendere il prossimo, un controsenso surreale. Un uomo che ha amato il ciclismo e i ciclisti, lo sport e la vita, bella, dura, ma da vivere e gustare fino in fondo, come una scalata in bici al Pordoi.
La nostra pagina facebook
La nostra pagina twitter
Commentate con coi sul nostro forum!