Cari amici iuventini, a questo punto in molti tifosi prevalgono l’amarezza, lo sconforto; peggio ancora, la rassegnazione. Su quest’ultima punta l’esercito di giornalisti e opinionisti che prima hanno linciato la Juve e che adesso dichiarano che la pena inflitta è troppo severa. Fandonie, vogliono solo indurci a dimenticare e a convincerci ad ascoltarli quando parlano del campionato più falsato del mondo.
Se non vogliamo che al danno si aggiunga la beffa, dobbiamo semplicemente ricordare ciò che abbiamo pensato, detto e scritto in questi tre mesi. E non dobbiamo farci abbindolare da dichiarazioni come quelle di Totti, che in parole povere ha detto che secondo lui, oltre alla Juve, anche la Lazio meritava la B. La retrocessione è prevista per la violazione dell’art. 6: la Juve non lo ha violato, mentre, per via dei passaporti falsi, lo ha violato l’Inter e lo ha violato la Roma donatrice di Rolex agli arbitri.
Stiamo per varare quel Comitato di probiviri di cui si è detto. Nell’attesa (pensando di continuare ad essere in piena sintonia con i tifosi), alcuni di noi hanno pensato di fare subito sapere quali sarebbero a nostro avviso le cose da non fare e quali le cose da fare. Partiamo dalle cose più semplici, quelle proposte in migliaia di messaggi a Tuttosport, quelle che probabilmente già non si facevano prima. E invitiamo chi è d’accordo a suggerire a tutti i tifosi e simpatizzanti iuventini di fare altrettanto
1) Non leggere i giornali sportivi che hanno messo la Juve alla gogna.
2) Non guardare le trasmissioni calcistiche di Mediaset; tanto parlano quasi solo della falsatissima A che non ci interessa ( e che invece interessa, eccome, in senso stretto, agli amici dei falsari). Non guardare neanche quelle della Rai, le cui redazioni sportive sono state ancora più forcaiole (molto abilmente, con notevole professionalità). Per vedere goal e partite della Juve altri modi si trovano.
3) Sarebbe opportuno – ma su questo devono soprattutto riflettere i club dei tifosi – non andare neppure alle partite della Juve fuori casa (con l’eccezione di Emilia e Romagna). Una minoranza di iuventini non potrebbe certo sovrastare la maggioranza dei tifosi locali. Anzi, questi ultimi, senza i “nemici” lì vicino (che non sono tanto i giocatori quanto i tifosi avversari), forse sarebbero persino meno battaglieri. Meglio non andarci: oltre al ministro Amato e ai Carabinieri, faremmo contente le mogli e le fidanzate e risparmieremmo per andare invece a vedere le partite della Juve in casa. C’è da augurarsi che non mettano al lunedì le partite casalinghe della Juve: sarebbe un invito alla sommossa popolare
4) Allo stadio abbiamo il diritto di andarci con sciarpe, berretti e bandiere con su scritto 29: tanti sono gli scudetti vinti e tanti dobbiamo dichiararne.
5) Insultare squadra e tifosi avversari non serve a niente. Serve invece sostenere la nostra squadra, con canti, cori, slogan e quant’altro. All’inglese, incitandola e incoraggiandola sempre, anche ( forse soprattutto) quando la partita sta andando male. E’ giusto criticare i dirigenti (se sbagliano); magari anche l’allenatore; ma i giocatori bisogna incitarli, non insultarli.
6) Allo stadio si va a vedere la Juve, non a fare i guerriglieri del week-end. Teniamo presente che, con l’aria che tira, le sportivissime autorità del calcio non aspettano che il minimo incidente per penalizzare ulteriormente la nostra squadra. Sapendo questo, chi va alla partita a fare il guerrigliero non è un tifoso che sostiene la Juve, ma un idiota che la danneggia.
7) Se la cosa è fattibile (e tenendo conto dell’argomento di Uckmar, De Benedetti e, implicitamente, di Christian Rocca) prepariamoci a diventare la prima squadra italiana – prima anche in questo – a darsi la forma societaria dell’azionariato popolare. E’ una cosa che all’attuale società non dovrebbe dispiacere affatto. Dopo gli ultimi avvenimenti, credo che davvero non dovrebbe proprio dispiacere.
Vi mando i più cordiali saluti da parte di noi tutti. Paolo Bertinetti
P.S. A proposito del dovere di ricordare. Non dimentichiamo che l’unica colpa grave della Juve è stata quella di non essere una squadra né di Roma, né di Milano. Altrimenti non solo non sarebbe finita così: non sarebbe neppure incominciata. |