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Farsopoli di P. CICCONOFRI del 27/03/2015 13:55:47
Attilio Auricchio e la sua impresa da celebrare

 

La recente sentenza della Cassazione su calciopoli ha concesso a molti l’occasione per utilizzare la spinta mediatica del momento per confondere nuovamente le acque nel solito tentativo di far prevalere le chiacchiere ai fatti.

Il Mattino di Napoli del 28 marzo 2015, torna a dare parola al capo di gabinetto del Sindaco De Magistriis, Attilio Auricchio, il comandante della seconda sezione del nucleo operativo della legione dei carabinieri di Roma che condusse le indagini su calciopoli. Nell’intervista afferma sull’Inter: Facchetti non ha mai posto in atto nulla di illecito. In nessuna delle telefonate in nostro possesso c’erano contenuti rilevanti per la giustizia ordinaria e quella sportiva”. In realtà, quelle telefonate, accuratamente scartate nonostante i baffi rossi nella sua inchiesta penale, dalla giustizia sportiva sono state giudicate come passibili di illecito sportivo ma prescritte.

Mosso dalla brama di affermare la bontà delle proprie indagini, Auricchio si spinge anche laddove non gli compete: “Il sistema era malato, giusto togliere quei due scudetti”. A che titolo Auricchio dà giudizi sulla fondatezza di provvedimenti della giustizia sportiva? Il nostro termina la sua intervista parlando di Guido Rossi: “che, per intenderci, non era interista”. Un tentativo di legittimare il lavoro del giurista come commissario straordinario della FIGC? Chiunque provi a fare una semplice ricerca può trovare conferma sulla fede sportiva di Guido Rossi.

L’inchiesta di Auricchio è stata completamente ribaltata dai processi. Ricordiamo che è caduta l’accusa sull’esclusività dei rapporti fra Moggi e i designatori; quella sui sorteggi truccati, le ammonizioni preventive e l’attestazione della regolarità del campionato 2004/2005. Senza contare i molti buchi nelle indagini emersi durante il dibattimento processuale, come la sparizione del video, quelle schede svizzere mute nonostante fossero intercettabili, la rogatoria mai ottenuta e quei testimoni ritenuti credibili ma degni di “chiacchiere da bar” e senza la necessità che provassero le loro accuse.

Per un professionista consapevole sarebbe un fallimento. Per Attilio Auricchio un’impresa da celebrare.

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