Nel bel mezzo del ritorno al clima forcaiolo del 2006, cerchiamo di mantenere l’attenzione sui fatti. Riprendiamo le parole dell’Avv. Prioreschi subito dopo la sentenza della Cassazione:
«… questo processo è partito con 41 tra arbitri e assistenti di linea prima indagati e poi imputati e praticamente è rimasta un'associazione con soli due arbitri, Racalbuto e De Santis, e solo tre frodi sportive sulle 21 contestate all'inizio nelle quali sono state condannate due arbitri: Racalbuto per Cagliari-Juve e Roma-Juve e De Santis per Fiorentina-Bologna. Mi sembra veramente poca cosa rispetto a quello che era stato ipotizzato dai pubblici ministeri all'inizio». La classe arbitrale italiana, oggi rappresentata da Nicchi, è stata massacrata e coinvolta in uno scandalo infamante nel tentativo di voler ad ogni costo provare l’esistenza di una fantomatica cupola che oggi è ridotta ad un unico sodale.
L’AIA non ha mai pensato di difendere l’immagine delle giacchette nere, messe alla porta dopo il primo sospetto e lasciate nell’imbarazzo di doversi difendere da sole. Carriere spezzate e vita macchiata da accuse che alla fine si sono dimostrate infondate.
Ci chiediamo perché, anche oggi, all’indomani delle assoluzioni, l’AIA non chieda conto a chi ha rovinato 40 su 41 loro tesserati (tra arbitri e assistenti).
Non una parola pubblica da parte di Nicchi è stata riservata a questo aspetto, però, ogni giorno lamenta la mancanza di fondi contestando i tagli della Figc all’AIA. Un aspetto sicuramente più nobile da tutelare piuttosto che l’immagine dei tesserati che rappresenta.
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