Se c’è un episodio che nell’immaginario collettivo può riassumere calciopoli è certamente il famigerato stanzino di Reggio Calabria, quello in cui, dicerie farsopolare, hanno fatto credere che fosse stato rinchiuso l’arbitro Paparesta da Moggi. Leggere che ancora oggi, mediaticamente, viene usato come leva per rimarcare la colpevolezza dell’ex dirigente juventino, sinceramente fa quasi tenerezza.
Sebastiano Vernazza scrive su Sportweek del 04.04.2015:
“Se lo mettano in testa gli scherani di Moggi sui social network e i negazionisti in genere: Calciopoli è esistita e lo dimostra proprio quanto accaduto in quello stanzino. Moggi condizionava, eccome se condizionava.” Secondo il ragionamento di Vernazza, in questo caso Moggi dovrebbe rispondere di una presunta omissione di Paparesta. Ancora una volta si parte dalla colpevolezza per risalire all'interpretazione dei fatti secondo un collaudato metodo che gli stessi pm hanno esasperato durante il processo.
Non da “negazionisti”, ma da conoscenti dello scandalo, che seguono in ogni risvolto dal 2006, possiamo affermare che di omesse denunce ce ne sarebbero molte da elencare ed il perché i colpevolisti della prima ora non lo evidenziano con la stessa veemenza, ci sembra fin troppo chiaro. Ricordiamo come esempio quella più eclatante: l’Inter con i suoi dirigenti non hanno mai denunciato alla giustizia sportiva le bizzarre accuse di Nucini, allora arbitro in attività, coltivando una collaborazione che ha portato gli stessi dirigenti ad interessarsi per trovargli un posto di lavoro. Episodi che ricordiamo, lo stesso Nucini, ha ammesso davanti al giudice Casoria durante il processo di primo grado di calciopoli (
Link).
E’ limitativo riassumere lo scandalo in poche righe con l’intento solo di rimarcare, attraverso i cavalli di battaglia esaltati da anni di chiacchiere da bar, il solo aspetto colpevolista. Calciopoli, e quanto emerso dopo anni di processi, è ben altro. La debolezza delle accuse è proprio evidente in queste forzature mediatiche.
Prendiamo atto che c’è ancora bisogno di travisare la realtà o raccontarla solo in parte per timore evidente di analizzarla nella sua interezza.
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