Nel giorno dell’anniversario della tragedia dell’Heysel, abbiamo intervistato Domenico Laudadio, tifoso Juventino e creatore della ‘’Sala della Memoria Heysel’’ il museo virtuale e multimediale sulla tragedia del 29 maggio 1985.
Domenico, in questi giorni si fa più vivo il ricordo della tragedia. Vivo eppure sembra poco nitido, avendo molti dimenticato - i più giovani non lo hanno mai saputo - cosa sia realmente successo all'Heysel e il perché. Come si dissipa la foschia che col tempo si posa su un ricordo consapevole ? Questa foschia è pregna di una componente predominante sulle altre: l’ignoranza, nel senso etimologico del termine, quindi, la non conoscenza dell’evento e delle sue implicazioni con la storia del calcio e della società del tempo. Ad essa si è unita la malafede di quanti hanno usato la cortina fumogena dell’oblio per ottenebrare la verità e la memoria dei fatti storici. Devo dire che è stato fatto niente nei primi vent’anni, molto poco fino al 25°. L’avvento di Andrea Agnelli alla presidenza della Juventus ha rischiarato in più di una occasione con ampio merito queste lugubri tenebre, ma in generale fa ancora paura la luce… Quella pura dei martiri innocenti e di chi ancora li piange, così sfolgorante che qualcuno potrebbe restarne accecato… Non c’è memoria senza verità e senza verità non c’è giustizia. La rotta è semplice, ma ci si incaglia nel proprio tornaconto personale a vari livelli. In questi giorni l’Heysel è sulla bocca di tutti, ma qualcuno farebbe bene prima a sciacquarsela. Per il trentennale sto leggendo un mucchio di belle parole, qualche volta figlie di morali spicciole, poi trascorsa la ricorrenza tornerà tutto nella soffitta del dimenticatoio come fosse l’Albero di Natale.
È appurato che i maggiori responsabili del dramma occorso a Bruxelles furono gli organizzatori dell'evento e della pubblica sicurezza. Ci furono altri responsabili, secondo te ? Beh, molti ignorano il fenomeno incontrollato del bagarinaggio effettuato a scopo di lucro da molti privati e dalle agenzie turistiche italiane che hanno comprato e rivenduto i biglietti del famigerato settore Z destinati ad un pubblico neutrale, ai tifosi della Juventus. Il dio denaro ha chiesto sull’ara in sacrificio 39 vittime e circa 600 feriti. Anche il vertice della politica nazionale belga ha completamente ignorato i pericoli insiti nell’evento, salvo poi schierare i carri armati intorno allo stadio durante la partita di calcio. Nessuno di loro ha pagato per questo…
Si è parlato molto spesso dell'opportunità di disputare quella partita e dei festeggiamenti successivi. Cosa ne pensi? Lo svolgimento della partita ha evitato molto probabilmente una guerra senza quartiere dentro e fuori lo stadio, ma certamente l’Uefa ha voluto in questo modo offrire in mondovisione una parvenza di regolarità alla sua manifestazione, pur non essendo ancora direttamente responsabile della organizzazione di nessun evento calcistico. Sarà quella storica sentenza del tribunale di Bruxelles che “ha fatto giurisprudenza”, grazie alla caparbia volontà di Otello Lorentini, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime dell’Heysel”, di citare l’Uefa in giudizio, ad inaugurare una nuova era per il calcio europeo. Quei festeggiamenti oggi a rivederli sembrano puerili. A metà fra l’incoscienza e l’auto rimozione. Alcuni giocatori hanno chiesto scusa. I caroselli delle auto dei tifosi, invece, mi fanno ancora molto schifo.
Il ricordo a volte si è scontrato con la sovraesposizione delle immagini di quella sera. A tuo avviso qual è il punto oltre il quale non si deve andare? Al di là dei media, a me danno molto fastidio i privati che usano le foto più dure, in particolare quelle con i cadaveri in primo piano e con molta naturalezza. Il dolore umano non è uno zoo ! Facebook e altri social spettacolarizzano senza ritegno e controllo quanto sarebbe straziante per chiunque dei loro familiari o assolutamente non adatto per soggetti facilmente impressionabili. Mio figlio ha dieci anni, non ha mai visto quelle foto. C’è un tempo, un luogo e una età per ogni cosa.
Qualche mese fa hai scritto che il sangue versato per quella coppa non appartiene a nessuno se non ai parenti di chi in Belgio ha perso i propri cari. C'è o c'è stata un'appropriazione del dolore che ti dà o ti ha dato particolarmente fastidio? Quella frase infelice del Presidente della Juventus nel 1985, Giampiero Boniperti, che rivendicava quasi la proprietà delle vittime dell’Heysel per difendere il valore sportivo di quella coppa ha fatto male a molti familiari dei caduti. Alcune delle vittime erano anche tifosi di altre squadre o semplici turisti… Il rischio è comunque altrettanto latente per chiunque si accosti all’argomento. Quando l’Heysel si trasforma in una pedana su cui elevarsi in una ribalta squallida al fine di celebrare prima di tutto se stessi con il pretesto della memoria ci si impadronisce di quel sangue… Io stesso ho sfiorato talvolta gli scalini di quel palcoscenico, soprattutto nel fervore dei primi anni d’impegno, ma sono riuscito sempre a rimanere con i piedi per terra.
Credi che la Juve avrebbe dovuto restituire la coppa, come qualcuno le chiese di fare ? Non l’avrei restituita, perché non l’avrei proprio ritirata quella sera stessa. Fu consegnata in una cassa di legno da un addetto Uefa negli spogliatoi, poi prevalse l’aspetto ludico e fu portata sotto la curva da Platini. Si potevano incidere almeno i nomi delle vittime, listarla a lutto… Niente di tutto questo. Marcarne la differenza in qualche modo, perché non può essere un trofeo come tutti gli altri, resterà sempre un problema per la società e la maggior parte dei tifosi bianconeri. Fino a quando il rispetto e la memoria non intaccano il valore di quella competizione va tutto bene, in caso contrario meglio la smemoratezza…
In questi giorni dopo mille "problemi" va in scena il monologo sulla tragedia di cui sei uno degli autori. Davvero parlare e rendere note le colpe di UEFA e istituzioni, crea problemi ? Colpe che tra l'altro appaiono storicamente intangibili. Questa rappresentazione è la semplice lettura di un testo tratto, per gentile concessione di Novantico editrice, da un libro di Beppe Franzo sulla storia del tifo organizzato juventino negli anni 80. L’autore sono soltanto io. Il monologo a cui fai riferimento che avevo composto con l’attore teatrale Omar Rottoli fu completamente “rivisitato” e stravolto nella forma e nel contenuto da un gruppo di lavoro della Juventus al quale non ho voluto partecipare. Pur essendo di indiscutibile qualità artistica, il nuovo copione non è stato accettato all’unanimità dall’Associazione dei Familiari delle Vittime dell’Heysel. La distanza fra le parti è proprio in quello che mi stai domandando: la denuncia delle verità storiche e processuali. Sono banalmente alla portata di tutti, ma evidentemente creano pruriti ancora a qualcuno. Un vero peccato per tutti, ma non credo vi siano ulteriori commenti da fare, ognuno ha la sua coscienza. Evidentemente trent’anni non sono bastati a condividere una sola Memoria. Vediamo quanti ne passeranno ancora…
Nei mesi scorsi per merito di Andrea Lorentini, che in quella serata perse il padre Roberto, è rinata l'Associazione del Familiari delle vittime dell'Heysel. Il nonno di Andrea, Otello, ha concretamente fatto tanto affinché non cadesse l'oblio su quella tragedia. A volte (sempre) abbiamo l'impressione che insieme alla Sala della Memoria siate le uniche sentinelle del rispetto. Voi come vi sentite, soli ? Fortunatamente ci sono anche altre persone che onorano nell’anonimato o solennemente questa memoria, vedi su tutti il generoso Comitato “Per non dimenticare Heysel” di Reggio Emilia. Un grazie va rivolto alla tifoseria organizzata. Qualche volta, però, è più di una sensazione. Proprio in questi giorni ci è capitato di rischiare di non avere un luogo fisico a Torino dove celebrare la nostra commemorazione solenne nonostante le promesse del Comune. Fortunatamente ci ha pensato la Regione Piemonte… Evidentemente è nel dna di questa Associazione, ma chi le sbarra la strada sappia che abbiamo ereditato nello spirito il piglio indomabile di Otello Lorentini…
Cosa provi quando durante una partita si infama troppo facilmente la memoria delle trentanove vittime dell'Heysel? Quello che io posso provare è nulla rispetto a quello di un familiare, ma non è meno di quando l’offesa gratuita e infame verso altri innocenti morti a causa della violenza nel calcio o per incidenti.
In questi anni, abbiamo assistito a ripetute offese alla memoria delle 39 vittime dell'Heysel. Pensi che sarebbe giusto perseguire penalmente gli artefici di queste nefandezze? Se sì, hai mai pensato di intervenire, per segnalarli alle autorità? L’indignazione è trabocchevole… Poi mi calmo e penso che la vita prima o poi restituisce sempre al male il male. Chi inquina la sua fonte muore avvelenato. Andrà così.
A trent'anni dall'Heysel, leggiamo cronache di partite che sembrano bollettini di guerra: contusi, feriti, talvolta morti. Da dove dovrebbe partire il cambiamento? Dalle istituzioni del calcio, spesso in mano a certi loschi figuri con troppi poteri che bonariamente definiamo “personaggi”… Dallo Stato che non è in grado di affrontare la problematica confrontandosi con i tifosi stessi e di riscrivere regole ferree, ma non ipocrite, facendo applicare in tribunale semplicemente il codice penale. Dalle società di calcio che dialogano a corrente alternata con la tifoseria organizzata non riuscendo ad essere leali, autorevoli e credibili nei comportamenti e usandoli per puri fini commerciali al punto di riuscire persino a farsi ricattare. Ma il male supremo su tutti è nella assenza di etica sportiva dei padri che inculcano il primato della superiorità ad ogni costo ai figli che si accostano al “gioco” del calcio nei campetti di periferia. Il cancro è questo.
Domenico Laudadio
Sala della memoria dell’Heysel