Oggi, 17 giugno, sono quindici anni dalla morte di Vittore Catella, uomo poliedrico e certamente interessante per una vita vissuta sempre intensamente. Laureato in ingegneria, ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale come ufficiale pilota e doveva essere piuttosto bravo, visto il gran numero di decorazioni che ha ottenuto: due medaglie d'argento, tre di bronzo e cinque croci al merito. Terminata la guerra, ha messo a frutto il titolo di studio e la passione per il volo partecipando alla progettazione e collaudando il primo aereo a reazione italiano, il Fiat G 80. La passione politica lo portò per ben tre legislature (la IV, la V e la VI) alla Camera dei Deputati, eletto nelle liste del Partito Liberale Italiano.
Classico “Uomo Fiat”, quella Juventus che è nel suo cuore entra a piedi uniti nella sua vita nel 1961: convocato dall’Avvocato e da suo fratello Umberto, glie ne offrono la Presidenza, carica fino allora ricoperta dal Dottore. I due fratelli vogliono prendere le distanze dal costoso gioco di famiglia in previsione delle lotte dei metalmeccanici: il nuovo presidente, con un budget più “austero”, dovrebbe far fronte alla parabola discendente bianconera dopo i fasti Umbertiani e la contemporanea ascesa dell’Inter di Moratti.
Catella, sentito il parere di Vittorio Valletta, l’eminenza grigia della Famiglia Agnelli, iniziava nel 1962 la sua carriera quasi decennale di presidente bianconero “senza portafoglio”. Nonostante le premesse economiche imposte dai fratelli Agnelli, Catella riesce a disputare due finali di Coppa delle Fiere (1965 e 1971) e ad arricchire il palmares bianconero della Coppa Italia del 1965 e dello Scudetto del 1967.
Ottiene tali risultati mettendo alla guida della squadra Heriberto Herrera, un paraguaiano teorico del “movimiento” che plasma la squadra a sua immagine e somiglianza: squadra “operaia”, allenamenti estenuanti, massima disciplina sia in campo che fuori e controllo quasi poliziesco della vita privata dei suoi uomini. Un vero castigamatti per i calciatori, che senza farsene accorgere lo chiamano “Ginnasiarca”, mentre i giornalisti lo chiamano HH2 per distinguerlo da Helenio Herrera, l’allenatore interista. Se è vero che Catella, come presidente ha avallato l’allontanamento del poco disciplinato Sivori, imposto dal tecnico, è pur vero che durante la sua gestione sono stati acquistati Pietro Anastasi, Romeo Benetti, Franco Causio, Helmut Haller e Sandro Salvadore, giocatori sui quali il successore, Giampiero Boniperti, costruirà un nuovo ciclo vincente bianconero.
Ottemperato il mandato ricevuto dei fratelli Agnelli oltre le attese, quell’incarico che Valletta gli aveva pronosticato come una “vera rogna”, nel luglio 1971 lascia le redini societarie a Giampiero Boniperti, ma non rinuncia al piacere di veder giocare la “sua” Juventus, di cui non perde una gara casalinga fino al compimento degli ottantasette anni, tre prima della morte, avvenuta due giorni dopo il suo novantesimo compleanno.
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