Oggi, 26 luglio, ricorre il trentacinquesimo anniversario della morte di
Federico Munerati, fedelissimo juventino, alla corte bianconera per undici stagioni dal 1922 e un’appendice di due anni nel 1940. Non era famoso soltanto per la folta, nera, capigliatura, che a giusto diritto gli valse il soprannome di “
Ricciolo”: era una grand’ala destra, una delle più forti ad aver indossato la maglia bianconera, dotata di fiuto del gol, potenza, scatto e velocità.
Negli undici anni in bianconero disputa duecentocinquantacinque partite, segnando la bellezza di centotredici reti: niente male per un attaccante esterno. Se alle sue personali sommiamo quelle che nel tabellino delle gare sono assegnate agli altri due attaccanti, questa macchina da cross che risponde al nome di Munerati è responsabile di tantissime delle reti fatte dalla Juventus nel periodo in cui ha indossato la maglia bianconera.
Molto abile tecnicamente e alto di statura per i canoni dell’epoca, appena arrivato, visto che al “suo” posto, all’ala, gioca (bene) Grabbi, Munerati è dirottato a centrocampo nella posizione d’interno destro. Solo in seguito, l’allenatore Karoly, spostando Hirzer a interno, libera tutta la classe di Munerati all’ala destra. In quegli anni, tutte e due le ali giocano alte, e il loro compito è far traversoni per il centravanti o l’altra ala che attacca il secondo palo. Munerati sa far bene entrambe le cose, oltre a saper andare in rete anche per proprio conto.
Con lui in formazione, la società bianconera conquista lo
scudetto nel 1926, il secondo della Juventus, quello vinto allo spareggio col Bologna pochi giorni dopo la morte di Jeno Karoly. La sua carriera agonistica, costellata dalle vittorie della Juventus, è contemporanea dei grandi cambiamenti che avvengono nel calcio in quel periodo: ad esempio, nel 1927/28 nasce la Coppa dell’Europa Centrale, la futura Coppa dei Campioni. Questa non ha ancora l’appeal della Champions League, probabilmente nemmeno a livello di premi partita, tant’è che nella stagione 1928/29 i nostri vi partecipano di malavoglia, poiché siamo d’estate e avrebbero voluto andare in vacanza. Risultato: eliminati nei quarti dallo Slavia Praga.
Nel 1929/30, nasce in Italia il Campionato a Girone Unico, mentre in Uruguay si disputa la prima Coppa Rimet, cui l’Italia non partecipa. Nella stagione seguente, il 1930/31, il grande lavoro del giovane Presidente Edoardo Agnelli raggiunge lo scopo prefissato: con la continua aggiunta alla squadra di giocatori di eccellente livello (solo quest’anno arrivano Giovanni Ferrari, Varglien II e Vecchina), la Juventus è ormai uno squadrone. Con Carlo
Carcano in panchina vince il suo terzo campionato, il primo della serie di cinque stabilendo, oltre all’ineguagliato record di scudetti consecutivi, la stabile e prolungata supremazia della Juventus sul campionato italiano.
Nell’anno del terzo scudetto, la Juventus arriva ai quarti di finale della Coppa dell’Europa Centrale, mentre le due stagioni successive, oltre a vincere gli scudetti numero quattro e cinque della sua storia, arriva entrambe le volte in semifinale della coppa europea.
La stagione 1932/33 è l’ultima di quest’ala potente e dal gran tiro l’anno seguente, a trentatré anni, è sostituito dal minuscolo ma velocissimo
Sernagiotto.
La storia di Federico Munerati alla Juventus ha un’appendice della durata di due stagioni, dal 1940 al 1942 quando, con qualche ricciolo in meno, è chiamato dal Presidente Emilio de la Forest de Divonne a far da allenatore alla squadra cui tanto ha dato. Non grandi risultati in campionato, ma il secondo anno regala alla Società la
vittoria in Coppa Italia, la seconda, nella bacheca della Juventus.
“Ricciolo” è tra i più apprezzati campioni dello squadrone che conquista cinque scudetti consecutivi ed è una delle ali più forti che abbia mai giocato nella Juventus: volitivo, volenteroso, altruista, era un valore aggiunto per la squadra anche per la versatilità e per l’allegria in campo e fuori. Proprio lui è il primo tassello di quell’attacco fenomenale che fa della Juventus una macchina quasi invincibile, e comunque tra i più apprezzati protagonisti dello squadrone del quinquennio d'oro. Sentite quel pittore senza pennello di
Vladimiro Caminiti come lo dipinge: «
Munerati, di nome Federico, un altone, con una bella faccia ariosa, che si aiutava a essere bello, con una capigliatura frenetica, tutti quei capelli neri a riccioli. Proprio per questo era soprannominato “Ricciolo”».
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