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Farsopoli di F. FILIPPIN del 30/07/2015 10:10:19
Campionato regolare? Condanniamo comunque!

 

L'esame delle motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione, su cui pare nessuno abbia nulla da dire (a parte la Gazzetta del Sport che, come al solito, è partita con i suoi consueti strali farsopoleschi), ci ha lasciati parecchio perplessi.

Tralasciando le questioni strettamente giuridiche (ricordiamo che la Corte di Cassazione, essendo giudice di diritto non entra nel merito dei singoli fatti), è evidente come il castello accusatorio iniziale si sia ulteriormente sgretolato, come già accaduto nei primi gradi di giudizio e forse ancora di più.

Cosa è rimasto della Cupola Juventina che faceva il bello e il cattivo tempo, scegliendo arbitri condizionati e guidati a proprio piacimento, da un lungo elenco di prezzolati e sodali, che chiedeva ed otteneva favori e ammonizioni preventive, che sequestrava persone negli spogliatoi, che alterava le singole partite e i campionati (in realtà si è sempre parlato di uno solo, ma nell'immaginario collettivo il discorso sarebbe stato uguale anche per gli altri) a danno degli ignari ed onesti avversari? Praticamente nulla.
Peccato che quel lungo elenco di accuse nel 2006 avesse giustificato il linciaggio pubblico (travestito da ridicolo processo sportivo) di una squadra e della sua dirigenza, ad uso e consumo di altri.

In cosa è consistito in concreto il comportamento delittuoso di Giraudo, che ha giustificato la sua condanna nei primi gradi di giudizio, fino alla prescrizione davanti alla suprema Corte?
Ci vieni detto chiaramente a pagina 19: “conversazioni telefoniche che vedono protagonista il Giraudo”, “incontri nient'affatto conviviali”, “partecipazione alla cerimonia della predisposizione delle c.d. griglie arbitrali”.
“Altre condotte più sintomatiche quali l'alterazione dei sorteggi arbitrali ovvero l'anomalia nelle conduzioni arbitrali di determinate partite sono rimaste del tutto indimostrate”.

In pratica sorteggi regolari, partite regolari, campionato falsato? No, perchè, con una abile ed acrobatica dissertazione sulla peculiarità del reato associativo e di frode sportiva ci viene spiegato che non è neppure necessaria l'alterazione del campionato, in quanto si tratterebbe di un “reato di attentato al bene tutelato della lealtà e correttezza sportive”, qualificato come delitto a consumazione anticipata, la cui fattispecie si considera “perfetta già in presenza del fatto diretto a realizzare l'obiettivo preso di mira, senza che ne sia necessario l'effettivo conseguimento”, purchè caratterizzato dal requisito della “idoneità ed univocità degli atti”.
Tali atti sarebbero stati individuati “nell'intesa tra il presidente di una società ed il designatore arbitrale per la formazione delle griglie degli arbitri destinati a dirigere le singole partite” e “nell'atto attraverso il quale un presidente esprima al designatore le proprie preferenze in modo da inserire nelle cd. terne un arbitro piuttosto che un altro”.

Tutte queste sarebbero attività potenzialmente prodromiche al conseguimento dell'obiettivo criminale.
In quest'ottica non sarebbe condivisibile la tesi difensiva secondo cui l'idoneità di tali comportamenti al perseguimento dello scopo sarebbe “smentita dalla piena regolarità dell'operazione dei sorteggi ed ancor più dalla condotta regolare dei singoli arbitri incaricati di dirigere le varie gare, comprovata dalla loro assoluzione per i delitti-scopo”.

In pratica, dalla presunta ingerenza nella formazione delle griglie deriverebbe tout court la condanna di Giraudo, nonostante i sorteggi si siano svolti in maniera regolare, le partite siano state arbitrate correttamente dagli arbitri sorteggiati di volta in volta e l'esito del campionato conseguentemente non falsato.

Non ultimo quel riferimento a fine pagina 20: “Il sistema di predisposizione delle griglie arbitrali era piuttosto diffuso ed in proposito sono state evidenziate alcune intercettazioni intervenute tra il designatore arbitrale Bergamo e il dirigente dell'Inter Facchetti e sempre tra il detto designatore ed il dirigente del Milan Meani, i cui sviluppi non sono stati approfonditi dalle indagini di P.G.”

Parlare con i designatori era consentito e tutti lo facevano, lo sappiamo benissimo, solo che per alcuni detto comportamento è stato ritenuto non interessante, per altri addirittura penalmente rilevante.


Cassazione: motivazioni calciopoli

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