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Eventi di S. BIANCHI del 16/10/2015 09:24:41
Umberto Caligaris e Nini Varglien

 

Umberto Caligaris (1901 - 1940) Nini Varglien (1911 - 1990)

Nell’arco di pochi giorni, 16 e 19 ottobre, ricorre l’anniversario della morte di due grandi juventini, Umberto Caligaris e Giovanni Varglien. Non è la data di morte che li accomuna, visto che tra la scomparsa dei due corrono ben cinquant’anni: ne parlo insieme perché furono due dei protagonisti della mitica Juventus del quinquennio d’oro.

Umberto Caligaris, piemontese di Casale Monferrato, arriva alla Juventus dal Casale nel 1928, terzino destro già affermato e titolare in Nazionale (alla fine saranno ben cinquantanove gare, col terzo posto alle Olimpiadi del 1928 e la vittoria ai Mondiali del 1934). In otto anni di militanza bianconera costituisce col portiere Combi e l’altro terzino, Rosetta, una delle migliori linee difensive di tutti i tempi e contribuisce alla vittoria di cinque scudetti consecutivi bianconeri, dal 1931 al 1935, quelli del famoso “quinquennio d’oro”. Due anni al Brescia come allenatore-giocatore, un anno come tecnico al Modena, quindi torna alla Juventus come guida tecnica. Il 19 ottobre del 1940, in campo con i vecchi compagni di reparto per una partita tra vecchie glorie, muore per la rottura di un aneurisma. Nel 2011 la Juventus gli ha dedicato una delle cinquanta stelle nella Walk of Fame dello Juventus Stadium.

Giovanni Varglien, fiumano, dieci anni più giovane di Berto Caligaris, era detto Nini ma era conosciuto come Varglien II, per distinguerlo dal fratello maggiore Mario, nei lunghi anni di militanza comune con la maglia bianconera. In Nazionale ebbe meno spazio, solo tre gare, in compenso, oltre ai cinque scudetti del quinquennio, nel suo palmares brillano anche le Coppe Italia del 1938 e del 1942. Giocatore dal gran fisico, col suo metro e ottantatré, era un jolly utilizzabile in tutti i ruoli del controcampo, ma rendeva al meglio se schierato da mediano. Resta a Torino anche durante la seconda Guerra Mondiale, così da giocare il campionato di guerra del 1944; lascia la Juventus nel 1947, dopo 389 gare ufficiali e quarantatré reti segnate.

Come inizia questo magico ciclo di cinque anni? Nell’estate del 1030 il presidente Edoardo Agnelli e il fidato Barone Mazzonis danno gli ultimi ritocchi a quella che è già una buona squadra. Da un’intervista proprio a Varglien II, ecco il segreto di quella squadra. “C’era una commissione tecnica che faceva la cernita dei migliori giocatori del campionato, poi i dirigenti e l’allenatore sceglievano i nomi. La spesa veniva ripartita in sedicesimi tra gli Agnelli, le famiglie Mazzonis, Levi, Tapparone ed altri ancora. Costruirono una Juventus fortissima in difesa, che è stata poi la caratteristica di sempre, l’ambiente societario garantiva a noi tutti sicurezza anche finanziaria”.

Per il campionato 1930/31, proveniente dall’Alessandria, si mette sotto contratto l’allenatore Carlo Carcano che, come avviene anche adesso, si porta dietro uno dei numeri dieci più forti di tutti i tempi, Giovanni Ferrari. Arrivano anche il centravanti Giovanni Vecchina e Varglien II. La Juventus vince il terzo campionato della sua storia con cinquantacinque punti, quattro più della Roma: la formazione scesa in campo più volte è formata da Combi, Rosetta, Caligaris; Barale III, Varglien I, Rier; Munerati, Cesarini, Vecchina, Ferrari, Orsi.
La stagione seguente arrivano Luisito Monti e Luigi Bertolini: il nuovo scudetto arriva a cinquantaquattro punti, a più quattro dal Bologna e la formazione titolare è la seguente: Combi, Rosetta, Caligaris (Ferrero); Varglien I, Monti, Bertolini, Munerati, Cesarini, Vecchina, Ferrari, Orsi.

Per il campionato 1932/33 la Juve si assicura l’ala Pietro Sernagiotto e per il centro dell’attacco è scelta una scoperta “locale” del Barone Mazzonis, il diciassettenne Felice Placido Borel, detto Farfallino ma nei tabellini nominato Borel II, le cui ventinove segnature contribuiscono non poco alla vittoria finale ed anche al titolo di capocannoniere del torneo. Sono ancora cinquantaquattro punti ma stavolta il vantaggio sull’Ambrosiana-Inter è di otto lunghezze. La formazione tipo è la seguente: Combi, Rosetta Caligaris; Varglien I, Monti, Bertolini; Sernagiotto, Cesarini (Varglien II), Borel II, Ferrari, Orsi.

La stagione seguente vede l’inaugurazione dello Stadio Comunale (ma allora si chiamava Benito Mussolini) e la Juventus che si conferma primatista con cinquantatré punti, con L’Ambrosiana-Inter ancora a quattro lunghezze e Borel ancora capocannoniere con trentadue reti. La formazione è la stessa dell’anno precedente con Cesarini che stavolta somma un numero maggiore di presenze. La supremazia bianconera in campionato porta ben nove dei suoi uomini in Nazionale (la “Nazio-Juve”) a conquistare la Coppa Rimet.

L’annata 1934/35, col campionato a sedici squadre, vede i nostri eroi un po’ logori e stanchi. Combi ha lasciato e per il terzino Alfredo Foni che arriva, prima del termine del campionato tornano in Argentina sia Orsi che Cesarini, mentre a febbraio Carcano, per mai provate voci di omosessualità, comunque intollerabili per il Regime, è sostituito in panchina da un Dirigente, l’Ingegner Gola. Stavolta la lotta è più ardua, ma arriva il quinto scudetto consecutivo con quarantaquattro punti, solo due più della solita Ambrosiana-Inter. Quest’ultima impresa è firmata da Valinasso, Rosetta, Foni; Varglien I, Monti, Bertolini; Varglien II Cesarini, Borel II, Ferrari Orsi. Il ciclo è proprio finito e ciò viene definitivamente sancito dalla morte del presidente Edoardo Agnelli in un incidente aereo. E’ il 14 luglio 1935

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