Vent’anni fa, il 20 ottobre 1995, moriva Riccardo Carapellese, un grande ed estroso attaccante che, conscio del proprio valore, ha frequentemente cambiato squadra alla ricerca del giusto palcoscenico ove poter avere il desiderato risalto professionale.
Attaccante esterno di “piccole dimensioni” come usa ai tempi (è alto un metro e sessantotto), guizzante, dal dribbling imprevedibile e con un controllo di palla proverbiale, è anche un buon goleador, ma solo da distanza ravvicinata, non essendo dotato di un tiro potente. Gli scatti improvvisi, le doti funamboliche e le sue serpentine ubriacanti fanno innamorare il pubblico e “Carappa”, questo è il suo soprannome, è anche un assiduo frequentatore della maglia Azzurra, uno dei pochi schierati in campo nel blocco di dieci giocatori del Grande Torino.
Il suo frequente cambiare casacca, ha forse alla base un miscuglio tra la sua volontà di protagonismo, il fatto che talvolta dimentichi che il calcio è un gioco di squadra e un certo dongiovannismo che ne incrementa sensibilmente le conquiste muliebri ma riduce la sua efficienza agonistica. Cresce nelle giovanili del Torino, ma diventa professionista nel 1942 a Spezia, in Serie B, poi gioca a Casale, Vigevano, Como e Novara. Ancora chiuso dai mostri sacri in maglia granata, esordisce in Serie A col Milan, dove resta tre anni, tornando a Torino solo per la rifondazione di quella squadra dopo la tragedia di Superga. Tre anni di Toro e nel 1952/53 arriva finalmente alla Juventus, ma come in un film già visto, ci resta una sola stagione.
In bianconero fa la riserva di altri mostri sacri come le ali Muccinelli e Praest, talvolta sostituisce il centravanti Vivolo. Alla Juventus, pur non essendo una prima scelta dell’allenatore Sarozi, colleziona comunque diciassette presenze e segna nove reti, contribuendo al secondo posto finale in campionato. Dai bianconeri passa ai rossoblù genoani per quattro stagioni, poi scende in Serie B, due stagioni al Catania, prima di iniziare la carriera di allenatore. Dopo due anni di guida tecnica sulle panchine del Finale Ligure e della Sammargheritese va quindi alla Ternana, con la quale torna in campo, disputando le ultime tre gare della sua carriera nomade.
La Juventus che Carapellese incontra è una signora squadra reduce dal suo nono scudetto, piena di grandi campioni: Viola, Corradi, Mari, Parola, Muccinelli, John Hansen, Boniperti e Praest. Anche se il giocare con loro lo esalta, tanto da essere spesso tra i migliori in campo, il fatto di non trovare tutto lo spazio che vorrebbe lo fa lamentare spesso con i giornalisti. A Torino, però, allora come oggi, le notizie “interne” che escono sulla stampa non sono gradite, e questo è un fatto che certamente favorisce il passaggio di Riccardo Carapellese al Genoa dopo una sola stagione. Per inciso, quella Juventus che si classifica “solo” seconda a due punti dall’Inter, è una Juve che con settantatré reti ha il miglior attacco del torneo e che, con l’otto a zero di Juventus-Fiorentina, scrive un altro record nel suo libro dei primati: due delle reti sono proprio di Riccardo Carapellese.
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