Il 22 ottobre 1915, nella Prima Guerra Mondiale, durante la terza battaglia dell’Isonzo, moriva da eroe il Tenente di fanteria Enrico Canfari. A cento anni esatti dalla sua morte, ci piace ricordare questa figura di uomo e sportivo, tra i fondatori della nostra Juventus e secondo Presidente della Società. Forse vale la pena fare un piccolo preambolo.
Primo novembre 1897, quattro del pomeriggio, suona la campanella di fine lezione al Liceo-Ginnasio Massimo D’Azeglio: i ragazzi si distribuiscono nelle varie direzioni, ma un gruppetto ha un appuntamento preciso alla panchina vicina all’incrocio tra Corso Re Umberto e Corso Vittorio Emanuele. Oggi è il giorno di una decisione importante: bisogna decidere come si chiamerà la squadra di calcio che si riunisce quasi tutti i giorni in Piazza d’Armi e fa i pali delle porte con i libri ammonticchiati.
La discussione è dura, tra l’igienistico “Forza e salute”, il piemontese “Via fort”, l’ovvio “Massimo D’Azeglio”, finché lo spirito latino vince: “Juventus”, gioventù! Una sede alla buona è disponibile nel retrobottega dell’officina di biciclette del padre dei fratelli Canfari, in Corso Re Umberto 42. Per alcuni di quei ragazzi, non ancora diciottenni, le prime difficoltà compaiono alla prima riunione per l’approvazione dello statuto, quando è richiesta una lira al mese d’iscrizione. Due o tre di quei ragazzi sono costretti ad abbandonare sul nascere quella squadra dal nome latineggiante, ancora senza colori sociali ma che di lì a poco avrebbe adottato il rosa per motivi economici e a seguire il bianconero per motivi fortuiti.
Vale la pena di ricordare i nomi di quegli adolescenti che non sapevano di essere i padri di quella che diventerà una delle più famose squadre di calcio del mondo: firmano lo statuto al termine di quella riunione Armano, Botto, Enrico ed Eugenio Canfari, Chapiron, Cibezzi, Botto, Donna, Ferrero, Malvano, i fratelli Nicola e alcuni altri. Trovati i fondi, con un trasloco fatto con carretti tirati a braccia, la sede è spostata alla Crocetta, in un cortile in via Piazzi 4, allora in piena periferia.
Dopo quello della quota associativa, un secondo problema si presenta quando la già collaudata Torinese Football Club sfida i nostri eroi in una partita da tenersi al Velodromo Umberto I: mancano le maglie! Il problema è risolto con l’acquisto di camicie di percalle, un tessuto di cotone per biancheria da letto, abiti da donna e, appunto, camicie. Il tessuto è ovviamente il più economico presente sul mercato, ed ecco la prima maglia della Juventus, dall’inconsueto colore rosa. Com’era ovvio avvenisse, i più esperti calciatori dell’FC Torinese si aggiudicarono l’incontro, ma questo è l’inizio della nostra storia: la Juventus è iniziata così.
Dopo un anno di presidenza del fratello Eugenio, la carica passa a Enrico, che non si limita alle necessità amministrative: la sua passione è il calcio giocato, e nei due anni della sua Presidenza, e anche quando, nel 1901 lascia la carica a Carlo Favale, continuerà a giocare: undici partite ufficiali, segnando una rete.
Durante la sua Presidenza, la squadra cambia nome da Sport-Club Juventus a Foot-Ball Club Juventus e disputa la prima gara ufficiale nelle eliminatorie regionali del Campionato Federale: è l’11 marzo 1900 e i nostri perdono uno a zero dall’F.C. Torinese. Le cose vanno un po’ meglio nel 1901: nel Torneo Federale a cinque squadre, eliminata la Ginnastica Torino con un perentorio cinque a zero, in semifinale perdiamo tre a due in Piazza d’armi dal Cricket e Football Club di Milano, che andrà poi a vincere il titolo.
Anche in queste prime uscite ufficiali, la Juventus continua a presentarsi in campo con la solita maglia rosa, ingentilita da un cravattino nero e da pantaloni dello stesso colore. Per venire incontro ai curiosi, che sicuramente vorrebbero sapere a chi e quando si deve l’adozione della maglia attuale, vi dico fin da ora che è una cosa avvenuta nel 1903, Giacomo Parvopassu era il presidente, e le cose non avvennero in maniera molto semplice. Ne riparleremo.
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