Depetrini è un vercellese classe 1913, dal nome incerto e dal talento precoce che, dopo gli inizi nella Veloces, gioca due campionati con le “Bianche Casacche” che erano state di Rosetta, Piola e Ferraris. Nel 1933 passa alla Juventus, e nel 1949 al ricostruendo Torino, dove termina la carriera.
Per presentarvi subito la persona e spiegarvi del nome, ecco un pezzo d’intervista rilasciata a Vladimiro Caminiti.
“Mi sono sempre chiamato Baldo, questa di Teobaldo è inventata, mi sono sempre chiamato Baldo. De poi Petrini, unito, sono stato sempre unito io, ho sempre corso per quattro, dovevo aiutarmi da solo. La Juventus mi aveva preso dalla Pro Vercelli, ero cresciuto nella stessa squadra dove si erano formati Piola e Ferraris II°, cioè la Veloces. Cominciai a giocare proprio piccolo, a dodici anni ero qualcuno. I miei lavoravano sul riso, anche mio nonno. Vercelli vive comunque sul riso. Avevo giocato in A con la Pro Vercelli i campionati dal 1931 al 1933. Mi facevano marcare Orsi ed io gli rendevo la vita difficile. Non mi incantava, quello. Non abboccavo alle sue finte, restavo immobile e lui finiva con l’innervosirsi” (Da: “I più grandi”, Vladimiro Caminiti, Fratelli Fabbri 1991). Giova ricordare, per i più giovani, che “Mumo” Orsi era una delle armi letali di quella Juventus, ala sinistra dal dribbling ubriacante, un uomo da ottantotto reti in centonovantaquattro gare.
Detto del nome e del carattere, chi è Baldo Depetrini calciatore? Un uomo ben piantato, nonostante i centosettantuno centimetri di altezza, tenacissimo, uno che era convinto di aver perso solo se la sua squadra aveva fatto una rete meno dell’avversario, ma solo dopo il fischio finale. Per la sua versatilità e la presenza di Luigi Bertolini, per due stagioni è utilizzato in vari ruoli, a iniziare dal suo esordio, il 21 gennaio 1934 in Juventus-Alessandria. Carcano lo schiera all’ala destra, a sostituire Sernagiotto, e Baldo, al settantaduesimo di una gran partita, segna anche il terzo gol dei bianconeri. Dopo il trasferimento del pluriscudettato campione del mondo Bertolini, il suo numero di maglia si stabilizza e il ruolo di mediano destro è definitivamente suo. Per altre tredici stagioni, da questa posizione dà l’anima alla squadra, correndo per novanta minuti senza un attimo di pausa, aiutando tutti, senza perdere in lucidità. Un mediano all’Antonio Conte, che avrebbe fatto felice un allenatore come Antonio Conte.
Nei suoi anni bianconeri, tranciati a metà dalla Seconda Guerra Mondiale, scende in campo trecentottantotto volte: trecentocinquantanove in campionato (304 in Serie A, con otto reti; 23 nel Campionato Alta Italia del 1944, con una rete; 32 nella Divisione Nazionale 1945/46, con un’altra rete), ventitré in Coppa Italia e sei nella Coppa dell’Europa Centrale. Lega il suo nome agli ultimi due scudetti del quinquennio d’oro (1934 e 1935), quando era “senza ruolo”, e anche alle Coppe Italia del 1938 e del 1942. Le sue presenze in Nazionale sono dodici, tutte mentre indossa i colori bianconeri.
Terminata l’attività agonistica, si trasforma in allenatore, e nel 1957, mentre divide il suo tempo tra la panchina dei dilettanti torinesi del Cenisia e la propria attività commerciale, riceve la chiamata di Umberto Agnelli. Alla ventottesima giornata, dopo l’ennesima sconfitta della Juve, stavolta a Bologna, il giovane presidente lo chiama a sostituire Sandro Puppo. La Juventus termina quell’annata tribolata al nono posto, non granché, ma molto meglio di quel che sembrava un destino ormai segnato: la retrocessione in serie B. L’anno dopo, completamente rinnovata come guida tecnica e giocatori, la Juventus trionfa in campionato. Purtroppo, a novembre della stagione seguente, complice un disastro in Coppa dei Campioni e una lingua non sempre tenuta a freno, l’allenatore Ljubisa Brocic viene “degradato” a osservatore, e per una nuova sostituzione-ponte, è richiamato Baldo Depetrini. Vero uomo-Juve, si rimette al lavoro: per vincere lo scudetto è tardi (la Juventus arriva quarta), ma la sua Juventus, con Sivori, Boniperti e Charles, salva la stagione aggiudicandosi la Coppa Italia 1958/59.
Parlare d’irruenza, tenacia, e coraggio, forse non rende pienamente l’idea, nel caso di Baldo Depetrini; per dire che tipo era, sentite questa. E’ il 17 ottobre, quinta giornata del campionato 1948/49, e la Juventus è sotto di due a Bergamo, per le reti dell’ex Korestelev e di Cecconi. Depetrini resta in campo col setto nasale fratturato per un calcione in viso, ma non per facciata nel finto ruolo d’ala destra, come avveniva in tempi in cui le sostituzioni non erano ammesse. Pare una mummia per via di tutte le bende, non si sa come faccia a vederci, ma continua proprio a giocare. Sul tabellino finale, il risultato recita quattro a due per la Juventus, grazie alla tripletta di Boniperti e alla rete di Muccinelli, ma il vero artefice di quella vittoria è il vercellese d’acciaio.
Racconta il compagno di squadra Locatelli (Alberto Fasano, Hurrà Juventus, febbraio 1982):
“Avete mai visto Depetrini cadere in terra? Quasi mai! Il giocatore che cade rimane estromesso dall’azione, tagliato fuori dal gioco. Questo a Depetrini non succedeva mai: era sempre in piedi, magari superato, ma ugualmente in grado di recuperare, di essere d’aiuto ai compagni, con quella sua chiarissima visione di gioco, con quell’intuito che lo portava ad anticipare le mosse dell’avversario, con quella sua potenza e rudezza che, in fase difensiva, lo rendevano praticamente insuperabile!”. Questo eroe bianconero di scuola Pro Vercelli, tutta irruenza e semplicità di schemi, per cui il calcio era lotta, fatica, sacrificio, ma anche disciplina tattica al servizio del collettivo, è mancato vent’anni orsono, ottantaduenne, l’otto gennaio 1996. Non è tra le cinquanta Stelle bianconere dello Stadium: un grave errore!
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